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Ex Province, il centrodestra all’Ars affossa le elezioni: niente voto il 15 dicembre

Nuovo rinvio delle consultazioni con un emendamento inserito nel ddl urbanistica

Di Redazione |

Come volevasi dimostrare. In un’Ars indaffarata e operativa come non mai, in cui i ddl si incrociano e si sovrappongono fra commissioni e aula a ritmi insolitamente frenetici, il centrodestra fa slittare il voto delle Province, prorogando i commissari. Il blitz si materializza – e il nostro giornale era stato facile profeta – mentre a Sala d’Ercole si stava votando su tutt’altra: la legge urbanistica. Così, con un emendamento (approvato con 28 favorevoli e 22 contrari) la maggioranza affossa le elezioni di secondo grado nelle Città metropolitane e nei Liberi consorzi, già fissate per il prossimo 15 dicembre anche in base a un diktat del Viminale, sollecitato dalla netta pronuncia della Corte costituzionale, che aveva bocciato sonoramente l’ennesima proroga dei commissari negli enti.

E così, mentre a Sala d’Ercole risuona qualche «vergogna!», la seduta di ieri va in archivio con la metafora dei dem Antonello Cracolici e Nello Dipasquale, che evocano «i poveri sindaci e consiglieri comunali del centrodestra, che, in attesa del voto del 15 dicembre, s’erano fatti il vestito buono» da sfoggiare per i nuovi ruoli provinciali, magari «un investimento» che sarebbe tornato utile alle prossime Regionali per insidiare gli scranni degli attuali deputati di maggioranza.

E dire che il ddl di riforma delle Province, firmato da tutti i capigruppo del centrodestra, con l’indicazione del voto diretto dei cittadini e l’indizione delle elezioni a giugno 2025, in mattinata viene approvato dalla commissione Affari istituzionali dell’Ars, pronto ad andare alla Bilancio e poi in aula. Ma non c’è tempo e forse nemmeno troppa voglia per forzare: le elezioni già indette vanno rinviate entro il 3 novembre. E dunque scatta il piano B: inserire l’emendamento per prorogare i commissari nella prima norma utile. Non il ddl sulle variazioni di bilancio (in aula soltanto la prossima settimana), ma quello sull’urbanistica. E così è stato, con la maggioranza compatta e qualche assente di troppo nelle opposizioni. Che però insorgono. Il capogruppo del M5S, Antonio De Luca, parla di «ennesima farsa che va in scena all’Ars», per Michele Catanzaro (Pd) «le elezioni nelle ex Province sono diventate ormai la tela di Penelope del centrodestra: di giorno le indicono, di notte le rinviano».

Incostituzionalità

Tra l’altro per il Servizio studi dell’Ars le norme del disegno di legge per la reintroduzione del voto diretto nelle ex Province «presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto riproduce sostanzialmente quella già a suo tempo approvata con la legge regionale 11 agosto 2017, n. 17, impugnata dal governo statale e poi dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 2018 in quanto contrastante con i principi recati dalla legge cosiddetta Delrio.

La legge Delrio, osservano i tecnici dell’Ars, «impedisce al legislatore regionale di disciplinare la materia degli enti di area vasta in senso difforme dai principi recati dalla legge in questione, fatta salva la possibilità di intervenire per rimuovere la disparità tra città metropolitane e liberi consorzi riscontrata dalla Consulta e fatta oggetto di specifico monito nelle predette sentenze della Corte».

«Anche in tal caso, però, il legislatore regionale potrebbe muoversi entro i limiti dei principi tracciati dalla legge n. 56 del 2014 – aggiungono i tecnici dell’Ars – ossia prevedendo anche per i sindaci metropolitani l’elezione di secondo grado, in luogo della coincidenza automatica tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano, al pari di quanto già previsto per i presidenti dei liberi consorzi dalla legge Delrio e dalle corrispondenti norme della legge regionale n. 15 del 2015».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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