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Europee, tra trappole e veti sa di utopia la lista unica del centrodestra in Sicilia

Di Mario Barresi |

CATANIA – La lista unica del centrodestra siciliano alle Europee? Una boutade, nella migliore delle ipotesi. Perché c’è pure chi l’ha ribattezzata, con molto più astio, una fake news. Eppure l’idea emersa sabato alla manifestazione dei centristi di Saverio Romano e Roberto Lagalla ha una sua suggestione. Magari legata alla mitologia della «Sicilia laboratorio politico», ma con una sua logica: nell’Isola dove gli anticorpi all’avanzata della Lega sono ancora più robusti che altrove, lanciare una coalizione con la barra più al centro chiedendo a Nello Musumeci, uomo-simbolo del centrodestra vincente, di esserne il garante.

Ma che ne pensa il governatore? Davvero è disposto a fare l’allenatore non giocatore di questa squadra anti-populista? Ecco, appunto: l’accezione «anti» è stata accolta con molto fastidio nella domenica mattina di Musumeci. Che già deve mediare la spaccatura dentro DiventeràBellissima, fra chi, come l’assessore Ruggero Razza, vorrebbe un asse privilegiato con la Lega al governo e chi invece fa il tifo, più o meno apertamente, per Raffaele Stancanelli, coordinatore uscente del movimento e senatore di FdI, da mesi al lavoro nell’aggregazione di conservatori e autonomisti interessati al “2.0” del partito di Giorgia Meloni. «Ma come, Nello, già eravamo indecisi fra due strade e ora ne aggiungiamo una terza?», è il tenore delle telefonate di chi è rimasto perplesso dai titoli di siti e giornali su cui campeggiava il via libera del governatore al «se voi ci state, io ci sto pure: possiamo fare una lista competitiva contro questi populisti», pronunciato da Gianfranco Miccichè. In doppia versione: rivolgendosi a «Saverio» sul palco di Cefalù e a «Saverio, Nello» sui social. Segue plauso – ieri, via comunicato – da Michele Mancuso, ortodosso deputato regionale forzista, «fiero e fiducioso» di vedere Musumeci e Miccichè «assieme attorno alla stessa idea di rilancio della Sicilia», uniti «contro i sovranisti».

Sarebbe davvero un clamoroso – e magari edificante – lieto fine della storia di una diarchia che nel centrodestra siciliano dura da oltre sei anni, fra sconfitte e vittorie. Ma non è così. Già sabato sera c’è stato chi al presidente della Regione ha illustrato la “teoria del trappolone”. Ricordandogli che Romano (in visita giovedì scorso da Silvio Berlusconi assieme a Maurizio Lupi, anche se non si sa chi accompagnava chi) avrebbe già assicurato il posto in lista alle Europee con Forza Italia. «Non possiamo fare i portatori di secchio di una candidatura», è l’imperativo categorico vomitato addosso a Musumeci, magari mentre risuonano le parole profetiche di Stancanelli sul «progetto che ci veda comunque protagonisti non in una “cosa nera”, ma in un allargamento e arricchimento». E questo al netto di chi invece vorrebbe andare all’incasso subito, con un patto elettorale con Matteo Salvini.

E così il leader di DiventeràBellissima, pur incamerando con piacere il “tagliando” su una leadership conquistata sul campo, ha dovuto placare chi esprimeva incalzanti perplessità. Persino fra i musumeciani più lealisti, come il palermitano Alessandro Aricò (infuriato) e il ragusano Giorgio Assenza, ex forzista atterrito dalla prospettiva di ritornare dalla porta di servizio nel partito da cui era uscito a testa alta. Anche Razza s’è preso carico di dare l’interpretazione autentica del Nello-pensiero: «Quando il presidente parla di unità – è il focus con chi l’ha sentito ieri – si riferisce a un fronte che va da Meloni e Fitto ai moderati e autonomisti, passando da Forza Italia, con DiventeràBellissima fra i soci fondatori. Questo, semmai, è il progetto a cui potremmo essere interessati se non decidessimo di allearci con la Lega».

E l’accento, oltre che sul «se», sta su quel «semmai». Perché lo scenario delle Europee sembra definito. Ovunque, Isole comprese. Tre linee parallele che non si incontreranno. La prima è quella di Salvini, che balla da solo al ritmo della Cavalcata delle Valchirie: Fabio Cantarella e Igor Gelarda già in pista per Bruxelles, porte aperte (ma non spalancate) a Musumeci dal viceré leghista Stefano Candiani; attenzione di lungo periodo per Salvo Pogliese (“aglio” forzista contro il rosso sangue del Dracula “compagno Gianfranco”), non a caso fra gli «ospiti d’onore», sabato, di “Cantiere Italia”, l’ala ex An dentro la Lega di Gianni Alemanno. In caso di «derive iper moderate e filo-Pd», l’ha già detto, il sindaco di Catania non sarà più della partita col Cav.

Poi c’è il fronte vicino a Meloni. Che, dicono, ha posto il veto sui cuffariani di Romano&C., ma non sugli eredi di Raffaele Lombardo. Gli ex Mpa, con Roberto Di Mauro in prima linea, annunceranno il da farsi il 15 dicembre a Caltanissetta. La scelta scontata sembra l’adesione (con candidatura di Carmelo Pullara alle Europee) all’asse con Stancanelli, che dialoga anche con pezzi di Forza Italia. A maggior ragione dopo la ricomparsa dell’ex ministro dell’Agricoltura, che a Palermo schiaccia molti aspiranti emergenti. Il senatore resta in DiventeràBellissima e spera di convincere Musumeci che la sua è «l’unica strada praticabile». Ma intanto pensa a una «forte candidatura della società civile» sotto il Vulcano, pur consapevole che Giorgia potrebbe chiedergli la prova del fuoco di una discesa in campo in prima persona.

Infine, Forza Italia extended version. Che, grazie all’innegabile rinnovata vitalità politica di Miccichè, sembra prendere le sembianze di una super-lista. Oltre a Romano, che toglierebbe spazio a Giulio Tantillo, fra i papabili nella circoscrizione Isole il leader nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa (non a caso ieri pure Vincenzo Figuccia è costretto a plaudire alla svolta moderata del presidente dell’Ars, suo acerrimo nemico), l’assessore regionale Gaetano Armao (un po’ meno convinto negli ultimi tempi), e l’ex parlamentare acese Basilio Catanoso “socio” di Pogliese; e poi gli uscenti: Salvatore Cicu, Giovanni La Via (dopo il niet di Marco Falcone, fino a che punto Giuseppe Castiglione è disposto a lottare senza la copertura di Miccichè che l’ha appena riaccolto?) e il lombardiano Innocenzo Leontini, che ha chiesto ad Antonio Tajani la ricandidatura in Fi, avversata dal commissario siciliano. Una ressa per 9 posti in lista, di cui 4 donne e 5 uomini compreso il capolista Berlusconi. E un solo seggio in palio, sondaggi alla mano.

In tutto questo scenario, che spazio c’è per istinti unitari non elettoralistici? Solo quello dell’utopia.

Twitter: @MarioBarresi

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