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Enna, la gazzella-Mirello e i tre leoni: referendum su 30 anni di storia

Enna, la gazzella-Mirello e i tre leoni: referendum su 30 anni di storia

Di Mario Barresi |

ENNA – Se fosse smilzo e con i pantaloni penzolanti – e Mirello Crisafulli non lo è – potrebbe starci anche bene, nella parte di Johnny Stecchino mentre dice che qui il vero problema è il tttraffico. Si, perché se ti capita di percorrere via Roma, dalla Torre federiciana al Castello di Lombardia, nell’ora di punta puoi anche impiegarci una buona mezz’ora. «Colpa della Panoramica, crollata nel 2009, che non s’è più ricostruita», dicono sia a Enna bassa sia a Enna alta. Unite dalla stessa pensata: in questa città qualsiasi cosa si faccia o non si faccia dipende da lui. Dal «senatore». Che, a 65 anni, torna a candidarsi alle elezioni comunali in prima persona. Come quell’ultima volta, da consigliere comunista eletto, nel 1985.

Se fosse leggiadro e veloce come una gazzella – e Mirello Crisafulli non lo è, anche se nella metempiscosi da Lombroso a Darwin lo sta diventando – avrebbe capito che ogni mattina, a Enna, come sorge il sole, lui si sveglia e sa già che deve correre più dei leoni, benché in apparenza sdentati, se non vuole essere ucciso. Perché questa non è una corsa come tutte le altre. Non sono elezioni amministrative, ma un referendum: sì o no. Un esame di storia, quella degli ultimi trent’anni nella roccaforte del barone rosso, attraversata dalle bandiere del Pci, del Pds, dei Ds e infine del Pd. Che, Renzi imperante, in questa tornata diventa una specie di extraterrestre chiamato “Ed” (Enna democratica) mantenendo i colori e lo stile del simbolo, in un compromesso all’ennese. Perché ora l’incandidabile s’è candidato, con un voto unanime della segreteria del partito e con il 73,7% delle primarie contro Dario Cardaci di Ncd, avversario perfetto per la legittimazione (di sé stesso, ma soprattutto di Crisafulli), e infine fedele alleato assieme a Sicilia Democratica della leanziana ed ex cuffariana Luisa Lantieri, deputato regionale, detta “Mirella” per i modi schietti e il pragmatismo politico. La stessa casereccia genuinità di Giancarlo Catalano, imbianchino ex leader dei club “Forza Silvio”, oggi candidato in consiglio al grido di “Forza Mirello”, che lascia 20 caffè pagati al bar per ingraziarsi gli elettori e, alle rimostranze degli scandalizzati a 5 Stelle, aggiunge anche due camomille, «accussì si calmano».  

Perché ora l’impresentabile s’è presentato, mettendoci il suo faccione col doppio mento e i capelli dalla tintura corvina. Crisafulli, d’altronde, è come la fotografia della vecchia patente; quella che quando la guardi ti vergogni un po’, ma in fondo ci sei affezionato perché comunque ti rappresenta e poi hai paura di perderla, comunque ti scoccia rifare quella nuova e magari sai già che non ti piacerà. E tutto ciò lo sanno, nel Pd, pure quelli con la puzza sotto il naso. Per questo – gridano a Enna, sussurrano a Palermo – stavolta non ci sarà nessuno, renziano o crocettiano che sia, a mettersi contro Mirello. Anche perché dopo queste Amministrative – gridano a Palermo, sussurrano a Roma – partirà la cavalcata verso le Regionali prossime venture e nessuno vuole rinunciare ai voti di Crisafulli, tanto più se sarà sindaco.  

E dire che lui non voleva esserci, stavolta. «Mi occuperò della nascita della facoltà di medicina a Enna», aveva detto. Continua ad occuparsene comunque, tant’è che in questi giorni di campagna elettorale in un’ala dell’ospedale Umberto I è spuntata una targa recante “Facoltà di Medicina e Farmacia” sotto “Dunarea Jos di Galati – Romania”. «Una patacca», l’hanno definita gli avversari. Un gemellaggio accademico con la città di Galati, 250mila abitanti, smentito dalle Università di Palermo e Agrigento. Ma anche dalla Kore: «I progetti per portare Medicina sono attivi su iniziativa di autorevoli personalità della Sicilia, che tuttavia non hanno ruoli di governo a Enna», dice il presidente Cataldo Salerno, crisafulliano doc. Riferendosi alla Fondazione Proserpina. Che, guarda caso, è un’altra creatura di Mirello…  

L’incandidabile-impresentabile diventa candidato favorito e presenza ubiqua. «Perché non piaccio a certuni? Non lo so, forse perché sono grasso», borbotta sornione Crisafulli al tavolo di quel ristorante (immortalato in una monumentale paginata di Pietrangelo Buttafuoco sul Foglio) dove i pesciolini marinati nel menu si chiamano “dalemini” in onore del fu segretario del partito che fu.  

Mangia. E fuma. Pur sapendo che deve tenersi leggero e con i polmoni liberi per correre come una gazzella. «Tutto a posto, la partita è chiusa», dicono i suoi sostenitori. Ostentando dei sondaggi faida-te che preannunciano una vittoria al primo turno con almeno il 60% dei voti. Previsioni che servono come l’aglio contro il vampiro del ballottaggio, temuto più di una calamità naturale. Un salto nel buio, un referendum all’ennesima potenza (monarchia mirelliana o repubblica post-crisafulliana), un voto che qui sarebbe come quello storico del 1948 – Dc contro Pci, Usa o Urss – anche se il diretto interessato certifica che «qui io sono Don Camillo, ma anche Peppone».  

D’altronde i suoi uomini sono dappertutto. Come i Visitors del vecchio telefilm, si riconoscono fra di loro con un cenno quando sono mischiati agli altri (pochissimi) esseri umani. Alla Kore, all’ospedale, all’autodromo, nelle associazioni, nelle imprese, nei sindacati, nei patronati, nelle parrocchie, al campo sportivo. Ovunque. È la maggioranza silenziosa che gli ha permesso di proferire lo storico «io a Enna vinco col maggioritario, col proporzionale e pure col sorteggio». Citazione spremuta come un limone, ma spruzzata anche la scorsa settimana quando s’è svolto il sorteggio per la posizione dei candidati nella scheda elettorale. «È stato estratto lui, Mirello. Visto che dice sempre la verità? », ironizza il sindaco uscente Paolo Garofalo. Per autodefinizione «crisafulliano, ma libero pensatore». Che non si ricandida. Ufficialmente perché sotto scacco per un’indagine con l’ipotesi di reato di tentata consussione e abuso d’ufficio nata da una denuncia di una dirigente dell’Avvocatura, Elvira Termine, chiamata dal primo cittadino, con modi a suo dire non proprio ortodossi a ricoprire il ruolo di dirigente della polizia municipale. Ma sul passo indietro pesa anche la zavorra di un Pd spaccato e “ballerino” in Consiglio comunale, dove il fuoco amico ha colpito più volte Garofalo. Con Mario Alloro, deputato regionale legatissimo a Mirello, dietro le quinte. Si conteranno, Garofalo e Alloro, con i loro candidati. In attesa di scontrarsi per la successione del grande capo alla segreteria provinciale del Pd.  

Già, il Pd. Un moloch monocolore, a Enna. Con i gulag attorno. Dove, spontaneamente, finiscono quelli che non vanno d’accordo con lo Zar Mirello. Basta scorrere il curriculum dei suoi due avversari (il terzo, il grillino Davide Solfato, non è mai stato nemmeno nominato nei comizi da Crisafulli: come se non esistesse) per comprendere che sono fuoriusciti dal partito secondo Mirello. Sopravvissuti e sopravviventi a Mirello. Combattenti di Mirello e reduci da Mirello. Angelo Girasole, medico, fra i fondatori del Pd ennese ed ex assessore, che adesso rifiuta i manifesti e pianta girasoli per colorare il grigiore del trentennio rosso. Con lui altri ex: Angelo Moceri, ex Pci, candidato sindaco 5 anni fa; Paolo Gargaglione, Filippo Fiammetta e Giuseppe La Porta, ex Pd. Così come l’altro aspirante sindaco, Maurizio Dipietro, avvocato ex capogruppo dei Ds in consiglio comunale, che schiera gli ex Pd Giovanni Contino e Rosalinda Campanile e che si fa forte dell’appoggio del nemico storico di Vladimiro, anch’esso un ex compagno di partito: Elio Galvagno, candidato sindaco a Centuripe, ma con l’occhio interessato e il dente avvelenato a Enna. Dipietro, che con Girasole ha condiviso anche una breve vicinanza al Megafono, ha dietro anche pezzi di quei partiti dell’altro schieramento, nascosti nelle liste civiche: con lui Ugo Grimaldi (ex deputato nazionale ed ex assessore regionale di Forza Italia), Paolo Colianni (ex assessore regionale con l’Mpa) e Dante Ferrari (consigliere uscente, ex assessore, di area ex Msi ed ex An).  

Una lunga sfilza di ex qualcosa, che stridono con il rinnovamento e il nuovismo del candidato dei 5 Stelle, il trentenne Davide Solfato. Che ha portato in città lo stato maggiore dei deputati europei, nazionali e regionali del movimento in una campagna elettorale partita con più grinta e adesso un po’ sottotono anche se con un crescente consenso fra i giovani e le donne.  

Tutti contro uno e uno contro tutti. Fin qui Crisafulli ha rifiutato tutti i confronti con gli avversari, costringendo la Confcommercio a trasformare la sfida fra i quattro in un ciclo di incontri singoli. Girasole, in un comizio al Belvedere Marconi, l’ha pure sfotticchiato, il senatore che si nega: sul palco una sagoma nera con le inconfondibili bretelle rosse, che fa scena muta all’inerrrogatorio.  

Ma Crisafulli continua a sfuggire ai confronti. Anche perché sarebbe una caccia grossa alla pachidermica gazzella. Con i fucili caricati delle stesse pallottole. Insidiose come i temi della gestione dei rifiuti (costosa e senza raccolta differenziata, con tonnellate di immondizia depositate nella discarica privata di Cozzo Vuturo) e del servizio idrico, con bollette salatissime ed erogazione carente, in mano ad AcquaEnna, ritenuta vicina a Crisafulli. Gli altri pensano di togliere questo giocattolo dalle mani del nemico, ipotizzando una gestione pubblica e qualcuno pensa addirittura a riesumare la municipalizzata Asen, in liquidazione da anni seppur non ancora liquidata. Poi la vertenza dei 100 precari dell’ex Provincia: 23 già a rischio licenziamento dal 1º giugno, a urne ancora aperte, 77 da luglio.  

E infine la mafia. Fino a qualche giorno fa il convitato di pietra di questa campagna elettorale. Poi c’è stato il senatore del M5S, Mario Giarrusso, che addita la sagoma di Crisafulli su un balcone di Agira, accanto a un arrestato per mafia. «Non ero io», la replica, confermata dalla foto e dal video sul blog di Grillo in cui l’ex senatore non c’è. E poi il sito laspia. it che tira fuori la storia, finora non smentita, di un candidato in lista con l’aspirante sindaco del Pd: Vittorio Mungiovino, figlio di Giovanni, «ex esponente di spicco della Dc e secondo numerosi pentiti massimo rappresentante a livello provinciale di Cosa Nostra, vittima (il 9 agosto del 1983) di un agguato teso da due sicari». Ma Crisafulli tace. Non sembra preoccupato. Piuttosto teme che i suoi, sentendosi già vincitori, battano la fiacca. «Non mollate: ci siamo ma non è finita», va ripetendo. Bastone e carota. In attesa di carne e salsiccia nella grigliata di venerdì, tradizionale chiusura delle sue campagne elettorali. Le ha vinte tutte, Mirello, finora. Ma questa, forse, è diversa. «Si vince tutto e subito». Perché il dopo, stavolta, gli fa un po’ paura.

twitter: @MarioBarresi

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