«Ho letto l’ultimo sondaggio Demopolis sul vostro giornale: se fossi innamorato di me stesso sarei ancor più tentato, visti i dati che mi riguardano, di candidarmi a sindaco».
E invece, Giancarlo Cancelleri?
«E invece bisogna far prevalere la lungimiranza e la maturità. C’è soltanto un modo per non riconsegnare Catania alla destra, che in questi ultimi cinque anni l’ha sfregiata».
Quale?
«Fare tutti un passo indietro».
Tutti chi?
«Chiunque si riconosca in un fronte, unito e soprattutto vincente, contro le destre. Ne ho già discusso con molti interlocutori, in questi giorni in cui tutti parlano con tutti. E mi sa che è arrivato il momento per lanciare un appello».
Lo sospettavamo. Faccia pure…
«Non è vero che col centrodestra unito non c’è partita. Tutto dipende dalla proposta alternativa che si lancia alla città: facciamo tutti un passo indietro, e mi riferisco ai tanti candidati, civici ed espressione delle forze politiche, che in queste settimane si sono fatti avanti. Azzeriamo tutto e mettiamoci tutti assieme. Un’unione a trazione civica, con dentro i partiti nazionali, ma soprattutto le energie fresche della città».
Tutti chi? A chi è rivolto il suo appello?
«A tutte le forze alternative alla destra: il fronte progressista, composto da Pd, M5S e sinistra, ma anche i candidati civici già in campo, a partire da Bianco e Zappalà con cui ho discusso della proposta. E naturalmente le forze moderate».
Per forze moderate cosa intende? Il terzo polo di Calenda e Renzi, con cui dicono lei stia flirtando? Lombardo?
«Non c’è dubbio, anche loro. Io intendo tutti quelli che non vogliono che Catania venga definitivamente affossata. Tutti, nessuno escluso. Compreso Cateno De Luca, che resta un interlocutore importante con il suo movimento».
Ma sta parlando da esponente grillino? Perché, se fosse così, corre l’obbligo di informarla che il M5S è seduto al tavolo progressista in cui quasi tutti gli interlocutori di cui parla sono visti come l’aglio per Dracula…
«Io a quel tavolo non mi sono nemmeno seduto. In queste settimane ho preferito parlare con tanta gente, cittadini e realtà associative. E l’idea che monta è completamente diversa dall’approccio che si sta avendo nel cosiddetto tavolo progressista: non si vince escludendo, ma aprendo. Non si può sempre usare il segno meno, perché quello mi sta antipatico o perché quando eravamo alle elementari mi ha rubato la fidanzatina. Il movimento e il Pd sbagliano, se assecondano la strategia dell’isolamento in cui specchiarsi per dire che “magari perdiamo, ma noi siamo i migliori: sono i catanesi che non ci capiscono”. Questo sistema ha già una destinazione scontata: la sconfitta».
Ricorda la favola della volpe e l’uva?
«Certo, ma che c’entra?».
Magari parla così perché ha capito che i suoi amici grillini e il Pd non la candideranno mai. E dunque cerca una via d’uscita personale…
«Niente di più lontano dalla verità. Guardi, Conte non concederà mai la deroga sul terzo mandato: né a me, ne ad altre. Io potrei candidarmi col movimento in consiglio comunale, ma quasi sicuramente lo farò in una lista civica. Farò la campagna elettorale per il candidato sindaco più degno. La mia priorità non è la mia carriera politica, ma il bene della città in cui ho scelto di vivere, di costruire una famiglia».
Per riassumere, se non abbiamo capito male: rinuncia alla corsa da primo cittadino, esce dal M5S e si candida in una lista civica. Ma con quale candidato sindaco «più degno»?
«Le ripeto: non stiamo parlando di me, ma del futuro della città, di chi metterà le mani su Pnrr e aeroporto, di chi proverà a migliorare la qualità dei servizi essenziali, di chi può avere una visione di questa città».
Ecco, appunto: chi?
«Delle chiare indicazioni arrivano anche dal sondaggio pubblicato dal suo giornale: bisogna che sia un candidato conosciuto, competitivo e capace. E che magari abbia già avuto modo di dimostrare di saperlo fare, il sindaco».
Per caso sta parlando di Bianco?
«Bianco ha tutte le caratteristiche di notorietà, credibilità e competenza per rispondere a questo identikit. Ma se oggi dicessi di candidare lui mi contraddirei. Il senso della mia proposta è di fermarci tutti. Facciamo un passo indietro e poi ripartiamo. Senza l’ipocrisia di dire che il nome viene dopo: la scelta del candidato è decisiva, se si vuole vincere. Così come la squadra che gli si costruisce attorno. A meno che qualcuno, in nome di una presunta superiorità morale, non ammetta di godere delle sconfitte».
Ritiene che Abramo sia un candidato perdente?
«Emiliano è un’ottima risorsa. Ma non capisco perché stia accettando di andare contro il destino di candidato perdente, espresso da un fronte chiuso, dove prevalgono veti e rancori. Io sono convinto che anche lui si vedrebbe molto meglio in uno schema più inclusivo. E, soprattutto, con reali possibilità di vincere».
E l’ex ministra Catalfo?
«Lo ripeto: Conte non darà mai deroghe. Il movimento farà un nome di bandiera per poi accettare quello del Pd».
Cancelleri, sa come andrà a finire?
«Come ?».
Che, dopo aver letto quest’intervista, diranno che lei è il solito inciucista che sta cercando di garantirsi uno strapuntino. E il tavolo progressista rispedirà il suo appello al mittente.
«Spero che non sarà così. Se lo fosse, sarebbe la condanna alla sconfitta. Ma io percepisco che in molti, anche dentro Pd e M5S, non vogliono arrendersi. È così, mi creda. C’è ancora speranza, bisogna soltanto avere il coraggio di uscire dagli schemi e dagli orticelli».
E in caso contrario lei che farà?
«Darò il mio contributo a un progetto di matrice civica. Guardi che l’idea che le ho raccontato è molto più condivisa di quanto immagini. L’ideale è un fronte unico anti-destra. Altrimenti, andremo avanti con chi ci sta».
«Andremo» chi? Ha già dei compagni di viaggio?
«Questo glielo dico la prossima volta. Siamo già in tanti, comunque…».
Twitter: @MarioBarresi