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Effetto assoluzione, il ritorno sulla scena di Lombardo da “allenatore non giocatore”

Improbabile un suo ritorno diretto in politica, l’ex governatore al centro delle grandi manovre per le Regionali: mani libere da Palermo a Roma per riaffermare il valore dell’autonomismo nella stagione del Pnrr

Di Mario Barresi |

«E adesso che vuoi fare?». Gliel’hanno chiesto in molti, a Raffaele Lombardo, nella raffica di telefonate post assoluzione. La risposta del leader autonomista è stata una sola parola: «Niente». Una negazione che afferma, per chi lo conosce bene. 

Ancora è troppo presto per comprendere l’effetto di una riabilitazione giudiziaria che è eminentemente anche politica. Lombardo prende tempo, consapevole che, dopo 12 anni di purgatorio, qualche giorno in più di riflessione non sposta nulla. Cerca risposte a «una domanda senza punto interrogativo» e con lui la nidiata di autonomisti allevata in contemporanea alla scalata al potere, quasi tutti andati via al momento della discesa.

«Certo, a mente fredda la riflessione più amara – ammette Antonio Scavone – è che la vicenda giudiziaria ha condizionato la classe dirigente di un movimento che in quel momento era all’apice del consenso e della tensione programmatica. Questi lunghi anni non ce li ridarà più nessuno, ma è chiaro che, all’epoca del Pnrr e di un governo spesso insensibile alle istanze del Sud e della Sicilia, una riflessione sull’attualità dell’autonomismo va fatta e rilanciata».

L’orgoglio dei lombardiani si spinge, con inerme amarezza, a intrecciare una serie di sliding doors della politica siciliana negli ultimi due lustri: se non ci fosse stata l’inchiesta non ci sarebbero state le dimissioni, se non ci fossero state le dimissioni non ci sarebbe stato Crocetta, se non ci fosse stato Crocetta oggi forse non ci sarebbe Musumeci. La storia non si fa con i se e con i ma, anche se anche il capitolo della politica giudiziaria – prima o poi – andrebbe affrontato, con serenità non revanscista ma neanche senza far finta di non capire il chi-come-quando-cosa-perché di alcune vicende. Ma ci sarà tempo anche per questo. Al netto del più che probabile ricorso in Cassazione da parte della Procura generale contro la sentenza.

Così come, d’altro canto, andrebbe aperta – così come è stato per Totò Cuffaro condannato – una riflessione sulla stagione del lombardismo, scagionato dalla Corte d’appello di Catania, ma con alcune ombre nel merito e nel metodo di fare politica e di amministrare la Sicilia. Giusto per non passare dalla demonizzazione alla beatificazione con in mezzo soltanto la lettura della sentenza.

Adesso, però, la curiosità della politica regionale è tutta concentrata sulle prossime mosse dell’assolto eccellente. Travolto da una melassa ipocrita di affettuose congratulazioni trasversali dopo la notizia appresa durante il funerale di un amico, il 90% delle quali da parte di chi avrebbe voluto cancellare ogni traccia di passati contatti se invece ci fosse stata la condanna. Lombardo torna al centro della politica, con un’iniezione di entusiasmo per il Mna, evoluzione del vecchio Mpa. «Non ci siamo mai fermati, ma essendo Raffaele un leader carismatico, il movimento ha risentito della sua assenza in prima linea», ammette Roberto Di Mauro, che negli ultimi anni ha svolto il ruolo di supplente. «Alla rabbia di questi anni bisogna far prevalere – aggiunge il vicepresidente dell’Ars – la lucidità e l’orgoglio per ciò che faremo da qui in poi. Dieci anni fa eravamo in tanti, molti sono scappati subito dopo la conferma dell’inchiesta, ma questo fa parte delle cose umane. Lombardo ritrova una classe dirigente all’altezza, pronta a una stagione che affronteremo con più serenità e con più consapevolezza del nostro ruolo».

A proposito di ruolo. Quale rivestirà, adesso, Lombardo? Qualcuno, fra il serio e il faceto gli ha già proposto persino di candidarsi a governatore anche cavalcando la forza suggestiva dell’assoluzione dopo il gioco dell’oca processuale. Ma l’ex governatore, a meno di colpi di scena, terrà fede al giuramento che ha fatto a se stesso, alla sua famiglia e agli avvocati: «Mai più cariche elettive». Qualcuno stenta a crederci, ma il domani (che è già oggi) politico del leader autonomista dovrebbe essere quello di allenatore non giocatore. Con una totale legittimazione a sedersi ai tavoli politici. A Palermo così come a Roma. Non che sia stato sempre accovacciato in tribuna Vip, in questi anni. Lombardo, con discrezione (e soprattutto in deroga al diktat dei suoi legali) non ha smesso per un solo giorno di far politica. Di recente ha incontrato anche Matteo Salvini – lo ribadiamo, nonostante la (debole) smentita di un retroscena del nostro giornale – per fare un tagliando alla federazione fra Lega e Autonomisti. Una frizione tutt’altro che sopita, nonostante gli ottimi rapporti con il segretario regionale del Carroccio, Nino Minardo, che continua a considerare Lombardo «un punto di riferimento».

C’è stato anche un certo ammiccamento con DiventeràBellissima, soprattutto dopo la campagna acquisti salviniana della scorsa estate, con Scavone (di certo più ben disposto di Di Mauro) ad discutere con Nello Musumeci e Ruggero Razza su un «super movimento siciliano per discutere a testa alta con i partiti di Roma». L’imminente accordo del governatore con Giorgia Meloni sembrerebbe far tramontare questa ipotesi. Ma la recente frenata del presidente («c’è solo un dialogo aperto») fa riflettere.

Di certo, comunque, c’è che il vecchio-nuovo leader autonomista nell’ultimo anno ha recuperato un rapporto forte con un suo ex «contatto stretto»: Raffaele Stancanelli. Ed è proprio l’eurodeputato di FdI il silenzioso facilitatore di alcune ricuciture lombardiane di strappi vecchi e nuovi: da Gianfranco Miccichè a Luca Sammartino, passando per Cateno De Luca. Ed è in questo contesto che in molti si chiedono da che parte starà Lombardo nella diaspora sulla ricandidatura di Musumeci, che prima dell’ultima udienza gli ha lanciato in un’intervista un messaggio molto preciso: «Non credo sia stato protagonista di rapporti con la mafia». Un messaggio gradito, ma che non colma quattro anni di rapporti altalenanti fra i due. «Io con te non mi sono mai sottratto al dialogo», è stata la risposta del governatore, qualche mese fa, a un richiamo di Lombardo. Che potrebbe dare forza ai No-Nello, magari per una candidatura proprio di Minardo, oppure rilanciare, adesso con più forza, il mai tramontato sogno di far scendere in campo il magistrato Massimo Russo come nemesi finale nel conto con la giustizia. Invece, pista da non trascurare, Lombardo potrebbe far pendere la bilancia sul Musumeci-bis. In modo decisivo. Definitivo.

Ma l’ex governatore ha sempre adorato rimescolare le carte, anche di più mazzi. E nelle ultime settimane, ben prima dell’assoluzione, a Palermo monta la suggestione di un discorso col centrosinistra. Soprattutto se la candidata governatrice dovesse essere Caterina Chinnici (che fu assessora di Lombardo), l’appoggio degli Autonomisti non sarebbe un tabù.

Del resto Lombardo dovrebbe interloquire con un suo ex adepto autonomista, l’attuale segretario dem Anthony Barbagallo. E anche nel M5S, caduta la questione morale, c’è chi potrebbe dare ascolto alla realpolitik di Giancarlo Cancelleri (l’unico grillino a felicitarsi via agenzia dopo l’assoluzione), da sempre incuriosito da un big mai conosciuto e che non è detto che non incontrerà a breve. Certo, in questo contesto giallorosso-autonomista sarebbe difficile quasi impossibile ritrovare Claudio Fava. Ma è ancora tutto da vedere.

Twitter: @MarioBarresi

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