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VERSO LE REGIONALI

Ecco il piano “sicilianista” dei No-Nello tra sondaggi, idee estreme e ticket «a cui nessuno potrà dire di no»

Il centrodestra cerca un nome di sintesi modello Lagalla. L'asse Lega-Fi, l'input di Lombardo, la rottura di Romano. E il ruolo decisivo di Cateno De Luca

Di Mario Barresi |

Il liberi tutti scatterà già nella nottata di lunedì 13 giugno. «Quando tutti i maccarruni saranno dentro la pignata», profetizza un disinibito leader-ombra del centrodestra regionale tendenza No-Nello. Ma già da oggi, archiviata la pratica della presentazione delle liste nei comuni, la macchina delle Regionali, «quella vera», si metterà in moto. A fari spenti, perché «l’impegno reciproco che ci siamo assunti è quello di non interferire sulla campagna elettorale delle amministrative».

Il blitz di Giorgia Meloni al vertice di Arcore per ottenere la ricandidatura di Nello Musumeci è fallito. Con la piccata reazione della Lega (che anche  con Matteo Salvini ripete il refrain: «Sulle Regionali si decide in Sicilia»), ma soprattutto con «sorpresa e irritazione» in Forza Italia per la nota di Fdi, che fonti meloniane assicurano concepita da Ignazio La Russa, in cui si attribuisce a Silvio Berlusconi una posizione pro-Musumeci. Il racconto dei presenti arrivato in Sicilia è univoco: prima, nel colloquio a tre, lo scontro Meloni-Salvini sul caso Sicilia, con lei che incalza lui sulle ragioni del no. «I miei non sono d’accordo. E non solo i miei», la gelida risposta. Poi, dopo che il leader della Lega si congeda, l’ultimo assalto di La Russa. Che  incassa l’ammissione di «grande stima personale» nei confronti di Musumeci, ma col giallo finale di un comunicato che, secondo il senatore di FdI, il Cavaliere avrebbe dovuto lanciare per esprimere il suo gradimento.

Quella nota, però, non c’è stata. E anzi: fonti forziste, nelle ultime ore, parlano di un Berlusconi «in linea con Salvini» sulla “sicilianizzazione” della faccenda. Il che vuol dire: fiducia in Gianfranco Miccichè, oggi più che mai pappa&ciccia con la plenipotenziaria filo-leghista Licia Ronzulli. E ora, dopo l’input di Raffaele Lombardo (negli scorsi giorni ha riunito i suoi a Catania: nessun accordo con il centrosinistra e no al Musumeci-bis), arriva  la rottura di Saverio Romano. «Insoddisfacenti le risposte che abbiamo avuto, che marcano la distanza dalla sua linea politica», la brusca sintesi dei vertici regionali di Noi con l’Italia dopo l’incontro di ieri col governatore. I più maliziosi pensano che in ballo ci sia il rifiuto di un assessore da piazzare al posto di Roberto Lagalla, ma il dato politico è che il fronte ostile al secondo mandato dell’uscente adesso s’allarga: oltre a Lega, mezza Forza Italia e Autonomisti, ci sono anche i centristi. «Compreso Totò Cuffaro», assicurano i beninformati.

E poi i sondaggi. Quello di Swg sul gradimento dei governatori con Musumeci terzultimo in Italia (il 31% dei siciliani ritiene il suo operato «molto-abbastanza efficace», a fronte del 72% di Zaia in Veneto o del 55% di De Luca in Campania), l’ha sfoderato Nino Minardo: «I dubbi su Musumeci non sono di Salvini o della Lega, ma semmai della netta maggioranza dei siciliani». Al segretario leghista replica piccata la portavoce di DiventeràBellissima, Giusi Savarino, ricordandogli che «forse spinto da personali desiderata delusi», ha «individuato un unico sondaggio di gradimento meno positivo per Musumeci», a fronte degli «innumerevoli» che lo «incoronano vincente, contro chiunque e con qualunque formula politica e nonostante il continuo fuoco amico».

A proposito di sondaggi. In quello di Arcore, rivelato da La Russa, il governatore è «mezzo punto indietro alla sinistra». Ma fonti forziste parlano di una precedente rilevazione, sempre curata da Ghisleri, in cui l’uscente perderebbe, anche da candidato unico della coalizione, in un’ipotetica sfida con Caterina Chinnici, col decisivo boom di Cateno De Luca. Pure la Lega ha altri numeri in tasca:  Musumeci vincente al fotofinish, ma «con un dato molto inferiore alla somma dei partiti del centrodestra». 

Ed è su questo scenario, tutt’altro che scontato, che il fronte ostile al governatore muove i suoi passi felpati. «In questi giorni s’è fatto molto lavoro», ammette un big in prima linea. L’obiettivo è arrivare compatti al 13 giugno. Una data non soltanto simbolica. Quel giorno, infatti, nel centrodestra siciliano sono tutti convinti che arriverà una schiacciante vittoria di Lagalla a Palermo, con proiezioni verso il 60% per la coalizione. Il nesso con le Regionali? «Sarà una dimostrazione chiara per il tavolo nazionale: quando i dirigenti siciliani trovano la quadra su un candidato di sintesi non ce n’è per nessuno. E Musumeci – sibilano i rivali – non è un candidato di sintesi». Con la convinzione (tutta da dimostrare) di essere vincenti anche in caso di uno strappo di Meloni sulle elezioni d’autunno.

 Ma lo spoglio del 13 darà contezza di un altro fattore decisivo nella corsa a Palazzo d’Orléans: il peso di De Luca. Se l’ex sindaco dovesse vincere a Messina al primo turno con Federico Basile (o quanto meno distanziare di molto gli avversari), si avrebbe un’ulteriore conferma: senza “Scateno” si perde. E allora il pallino passerebbe a Salvini, che ha rivisto l’aspirante «sindaco dei siciliani», in gran segreto, giovedì scorso a Roma. «Sì, è vero: ma non posso rivelare cosa ci siamo detti», taglia corto De Luca. Che a Messina ha già incassato l’appoggio della Lega a Basile e  magari potrebbe ricevere dal Capitano, a nome anche degli altri alleati, l’offerta di diventare lui, definito «la vera opposizione a Musumeci», il candidato di tutto il centrodestra.

L’idea, però, è considerata «troppo estrema» da alcune eminenze grigie. E allora a De Luca potrebbe arrivare un’altra proposta: un ticket da vice di «un candidato gradito» e soprattutto con l’impegno solenne di un quinquennio di «transizione» in attesa di correre in prima persona da candidato presidente nel 2027. L’identikit, per stessa ammissione di De Luca, porta dritto a Raffaele Stancanelli. Ma l’eurodeputato di FdI s’è sempre tirato fuori, scansando la trappola delle «autocandidature» e anteponendo, anche a un’eventuale disponibilità, «la volontà del mio partito».

Se non dovesse (o non potesse) essere lui, con o senza De Luca, si arriva al punto debole: manca una vera alternativa a Musumeci. Anche perché lo stesso Minardo  sembra molto meno interessato. A  Palermo solo suggestioni rosa di matrice miccicheiana: dall’eterna Barbara Cittadini alla meravigliosa ossessione per Patrizia Monterosso fino alla new entry Daniela Faraoni, manager dell’Asp. Ma magari non sarà nessuna delle tre. Perché, ragionano nel quartier generale dei No-Nello, «alla fine il nome da trovare non è uno, ma saranno due: un tandem vincente, a cui nessuno potrà dire di no». Soltanto fantapolitica di primavera?

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