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La polemica

Donne, quote rosa ridotte solo al 20% nelle giunte in Sicilia? Da dove viene l’allarme Pd e le risposte

Per gli esponenti del partito democratico «si vuole tornare al medioevo». Dall'Ars fanno sapere che non c'è nessun allarme. Il testo andrà al voto il 15 ottobre

Di Redazione |

Per il Pd portare al 20% la quota di donne nelle giunte comunali in Sicilia a fronte del 40% stabilito dalla legge nazionale per gli enti locali significherebbe un ritorno al Medioevo e per evitare questo rischio i Dem annunciano un presidio davanti all’Assemblea regionale nel giorno della votazione del testo in aula, previsto il prossimo 15 ottobre. Nei giorni scorsi per spingere il Parlamento siciliano a legiferare adeguandosi al resto d’Italia sono state raccolte quasi 2 mila firme, un pressing che è servito. «Stamattina in commissione Affari istituzionali è emersa la disponibilità di tutti i partiti a recepire la norma nazionale con quota al 40%, mi meraviglia la polemica sollevata dal Pd, evidentemente sono stati informati in modo sbagliato», chiosa il presidente della I commissione dell’Ars, Ignazio Abbate (Dc).

«Un colpo di spugna, una forzatura che non possiamo accettare» tuona la capogruppo Pd alla Camera, Chiara Braga, in una conferenza stampa a Montecitorio con Antony Barbagallo, deputato e segretario regionale Pd Sicilia, Giovanna Iacono e Stefania Marino, deputate elette nell’isola, la senatrice Anna Maria Furlan e Roberta Mori, portavoce delle democratiche. Per Braga la norma siciliana del 20% «fa fare un salto indietro nel tempo», la senatrice Furlan la bolla come una norma «contro le donne». «La mobilitazione sarà intensificata alla vigilia della votazione, perché il tentativo è di riportare le lancette al medioevo – incalza Barbagallo – Alzeremo la voce anche a proposito di dati scioccanti, come il fatto che in tre province siciliane a oggi non c’è un sindaco donna».

Ma al di là della rappresentanza di genere, forti dubbi permangono sulla tenuta dell’intero impianto del disegno di legge che prevede tante altre norme, tra cui gli aumenti delle indennità per gli assessori dei Comuni fino a 50mila abitanti e gettoni più sostanziosi per i consiglieri. Proprio la commissione Affari Istituzionali oggi ha dato parere negativo all’80% degli emendamenti aggiuntivi proposti dai deputati in modo trasversale e si è aggiornata a martedì prossimo quando si riunirà in mattinata, subito dopo la commissione Bilancio che deve dare gli ultimi pareri ad alcune norme di spesa, per la valutazione finale sul testo che nel pomeriggio del 15 ottobre dovrebbe approdare nell’aula dell’Ars. Condizionale d’obbligo, secondo molti deputati. Ci sono divergenze su tante norme del ddl, anche il governo Schifani si è espresso in modo negativo su alcuni provvedimenti a fronte di una maggioranza non proprio allineata e di opposizioni con punti di vista in alcuni casi differenti. Come per l’emendamento che dà la possibilità ai sindaci di nominare un assessore in più, norma che non piace al governatore Renato Schifani e sulla quale il M5s si prepara a chiedere il voto segreto per stanare «chi rema contro chi amministra nei territori». Critiche al ddl sono arrivate anche dall’Anci Sicilia: «Non è utile agli enti locali bensì a singoli territori», mentre sul tema della rappresentanza di genere l’Associazione dei Comuni è netta: «Va recepita la norma nazionale».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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