Politica
Disperati, malpancisti, imprenditori e uomini di cultura: chi e cosa c’è dietro il “cappotto” grillino
Qual è l’origine del massiccio consenso grillino in Sicilia? Qual è l’identikit dell’elettore tipo? E, soprattutto, perché la metà delle persone che ci circondano – al semaforo, in ufficio, in palestra, fra le mamme che aspettano i figli all’uscita di scuola, al campo di calcetto, in pizzeria – hanno votato M5S?
E allora, rottamato una volta per tutte il luogo comune di “Sicilia laboratorio politico”, è più corretto di parlare di un’Isola che amplifica le tendenze. Trasformando i sussurri in grida, ma anche enfatizzando alcune tendenze in corso. A partire dall’ingresso del Movimento 5stelle nel salotto di un elettorato non attivista né militante. Ma curioso. Pietro Agen – una vita da capo di Confcommercio in Sicilia, ora potentissimo presidente della Camera di Commercio del sud-est – è stato avvistato all’ultima convention di Luigi Di Maio a Catania. «Sono andato da loro così come da altri. Mancavo all’evento del centrodestra per un imprevisto, ma ho mandato il mio vicepresidente…». Eppure confessa di avere «simpatia per i grillini, ma soprattutto per i loro sentimenti, dei quali mi riservo di verificare l’autenticità». Nel mondo delle imprese e dei commercianti «hanno preso un sacco di voti», ammette Agen. Le ragioni? Merito del M5S che «ha saputo dare risposte positive a un malessere che gli altri non percepiscono». Ma anche per gli errori degli avversari. «Uno di marketing, perché se si dice fino alla nausea che i 5stelle sono pericolosi si fa loro una grande pubblicità. E l’altro politico, «perché all’onestà si risponde dimostrando di essere più onesti e non esprimendo fastidio per chi grida “onestà, onestà”».
Un altro pezzo di imprenditoria sotto il Vulcano sembra felice dall’esito elettorale. È «una vittoria contro il clientelismo» per Giuseppe Ursino, imprenditore 2.0 e facilitatore del Tavolo per la Sicilia, una specie di anti-Confindustria illuminata. «Finalmente l’Isola non è più dominata dai notabili che ci hanno condannato alla mediocrità e al sottosviluppo. E il merito di questa svolta è del M5S». Ma Ursino sottolinea anche «alcune cose di estrema importanza non ci convincono affatto» dei grillini, fra cui «l’antieuropeismo, la decrescita felice, la visione di sinistra radicale in economia». Eppure, ammette, «per ora ci godiamo un voto di opinione libero di esprimersi e di imporre la sua volontà». Con un monito: «Il dopo Tangentopoli ci insegna che i sussulti di cambiamento delle persone possono durare poco e rivelarsi vittorie di Pirro. Si vedrà quel che succederà nei prossimi mesi».
Quando Cancelleri dice che con la sconfitta alle Regionali «abbiamo salito un gradino della scala che ci ha portato davanti ad una porta ben più importante, quella del governo dell’Italia» forse si riferisce anche a un’altra strada. Quella aperta nel mondo imprenditoriale siciliano. Decine di incontri, di visite in azienda, con orecchie spalancate e mani tese. Nel Ragusano, ad esempio, una delle eccellenze visitate nel tour elettorale grillino fu la Agromonte di Chiaramonte. Sul web girano le foto di quel giorno. Con il capostipite, Carmelo Arestia, assieme alla moglie e ai quattro figli. Uno di loro, Marco, responsabile del marketing, smentisce con rabbia una chiave di lettura: «Dicono che “noi del Sud” abbiamo votato 5stelle perché promette soldi senza lavorare». Elenca una serie di errori dei vecchi politici e di meriti del M5S (fra cui la “trazzera” sulla Palermo-Catania) e poi sintetizza: «Di sicuro “noi del Sud” non abbiamo votato per il reddito di cittadinanza, li abbiamo votati semplicemente perché ne abbiamo le palle piene».
Concetto chiaro. Com’è chiaro che i grillini intercettano ormai anche altri mondi. A partire da quello del lavoro. «Nel Mezzogiorno del dramma sociale i grillini hanno dato qualche speranza», ammette Angelo Villari ex sindacalista Cgil e dirigente del Pd. «Il nostro mondo ha votato per loro, non solo per protesta ma anche perché hanno trovato un’offerta migliore alle domande alle quali noi, come politica e come sindacato, non abbiamo dato risposte». E dunque «noi, con i grillini, dobbiamo discutere». Più rigido Giacomo Rota, segretario della Cgil di Catania: «Quest’onda gialla tocca tutti i lavoratori e una richiesta di cambiamento che loro ritengono sia interpretata dai grillini. Penso che da parte del M5S ci sia populismo e poca attenzione vera ai temi del lavoro, ma non ho puzza sotto il naso nell’interloquire con chi ci guarda con sospetto».
Il tema del lavoro (che non c’è) s’incrocia con quelli della salute e dell’ambiente. Valentina Zafarana, capogruppo del M5S all’Ars parla di «un risultato epocale, abbiamo scritto un’esaltante pagina di storia». E cita un dato simbolo: il 71% di Priolo, cuore della zona industriale di Siracusa. Dove manca il lavoro e restano i tumori e gli scempi sul territorio. «Ma anche il mondo ambientalista ha votato per loro», ammette Giuseppe Patti, responsabile nazionale Legalità e contrasto alle eco-mafie dei Verdi. Lui, candidato con Insieme all’uninominale, ha preso lo 0,5%. I grillini hanno fatto il botto. «Cinque anni fa proposi di trasformare Sos Siracusa in un movimento politico, ma fui stoppato». Il deputato regionale Stefano Zito voleva candidare un conosciuto ambientalista, Carlo Grademigo, ma la base grillina s’è opposta. Ma il risultato non è cambiato: un trionfo. «Anche se a me il loro ambientalismo non convince», taglia corto Patti. Stefania Prestigiacomo, deputata siracusana di Forza Italia appena rieletta, ha tutt’altra idea: «Sta passando su molti media e nelle analisi di alcuni politici una lettura “sociologica” del voto che trovo sbagliata nella sostanza, ingiusta e anti-meridionalista nei toni. Mi riferisco a chi dice che al nord ha vinto il centrodestra per la flat tax e al sud i grillini per il reddito di cittadinanza. Chi racconta così l’esito delle elezioni di fatto omologa tutto il sud in un popolo di fannulloni che vogliono essere pagati per non lavorare».
Zafarana, nella sua esultanza, cita anche un altro dato-simbolo: il 70% dei grillini a Raffadali, patria di Totò Cuffaro, ex governatore che ha scontato il carcere per favoreggiamento alla mafia. Al di là della suggestione, ci sono altri elementi. I candidati del M5S stravincono anche nei paesi e nelle borgate della Sicilia dove una volta la mafia governava i flussi elettorali. Il dato è omogeneo: da Corleone a Castelvetrano, ai quartieri palermitani di Brancaccio e Ciaculli. Antonio Presti, mecenate illuso dalla rivoluzione crocettiana, aggiunge una riflessione a voce bassa: «Nella mia amata Librino votarono in massa Cuffaro e Berlusconi all’epoca del 61-0, alle scorse Regionali tutti per Sammartino. E ora tutti grillini…». Che significa? Che c’è un riposizionamento o che i voti che prima puzzavano oggi profumano? Presti non ha una risposta ma una proposta: «Se è stato un voto libero, allora i grillini dovrebbero mettere le periferie al centro del loro programma. Di Maio dovrebbe fare un ministero ad hoc». Ma, da intellettuale, come legge il massiccio consenso in Sicilia? «C’è molto bisogno di sognare. Il popolo ha votato per il sogno, anche se non conosceva nemmeno i candidati. Se c’è una speranza, che ben venga». E, a proposito di antimafia, Vito Lo Monaco, direttore del Centro Pio La Torre dice la sua: «Il voto sembra una dichiarazione di ripudio della vecchia casta politica senza lasciarsi distrarre dai peccati degli eletti grillini. I siciliani hanno votato senza guardare al candidato, e hanno espresso la loro rabbia e la loro disillusione, soprattutto quelli di sinistra, votando 5 stelle».
Twitter: @MarioBarresi
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