Politica
Delitto imperfetto al “Foti-finish”: Ars, così il M5s ha perso la verginità
Un successo – o una disfatta, dipende dai punti di vista – che arriva al “Foti-finish”. Sabato sera, a Palazzo dei Normanni. Quando il M5S ha vinto, di nuovo, la vicepresidenza dell’Ars lasciata vacante dal salto dal trampolino del viceministro Giancarlo Cancelleri. Ma i grillini siciliani sono stati sconfitti da quel genio del male di Gianfranco Miccichè – chapeau! – e, soprattutto, hanno perso – nunc et semper – la loro verginità.
I simboli visivo-sonori dell’addio dei grillini all’età dell’innocenza sono la faccia stranita di Angela Foti, eletta vicepresidente “a sua insaputa” con i voti del centrodestra, e il silenzio gelido e imbarazzato che piomba dentro Sala d’Ercole. «È la prima volta che un’elezione finisce senza un applauso», il commento del presidente dell’Ars colto dal microfono birichino.
«Cosa c’era da applaudire? Il nostro candidato non era la Foti», si sfogano i pentastellati più ortodossi e delusi. Del resto la nomination non era segreta: il successore di Cancelleri scelto dal gruppo del M5S era il calatino Ciccio Cappello. Che, nel pallottoliere finale, su 60 presenti si ferma a 28 voti. Mentre la collega acese arriva a 31. Con un’altra preferenza “firmata” che va al dem Nello Dipasquale. Visto che l’elezione è col tanto disdegnato voto segreto, il conto, per Cappello, in teoria sarebbe semplice: 20 cinquestelle, 7 del Pd (fra le due opposizioni c’era un accordo), più Edy Tamajo, unico renziano in Aula. E tutto il resto – cioè l’intera coalizione che sostiene il governo Musumeci – a votare compatto l’altra grillina Foti.
Ma i conti non tornano. Per tante ragioni. La prima è che, sin dall’immediato dopo-scrutinio, nel centrodestra si materializzano, volutamente rei confessi, almeno due franchi tiratori: gli autonomisti Carmelo Pullara e Pippo Compagnone avrebbero votato Cappello. E con loro almeno un altro, forse di Ora Sicilia. E se la matematica, pure nel mondo dell’“honestà”, non è un’opinione, ciò significa che almeno due-tre grillini si sarebbero dissociati dagli ordini di scuderia, votando Foti assieme ai nemici del centrodestra. Dunque non è un delitto perfetto, nonostante chi l’ha architettato aspirasse a non lasciare impronte digitali. Partendo da una fatwa preventiva: «Fin quando ci sono io, quello lì un piede nell’ufficio di presidenza non ce lo mette». Questa la pubblica esternazione di Miccichè, armato contro Cappello anche per una questione personale di reciproche querele per parole in libertà: ritirata con fair play dal primo, confermata dal secondo con strascichi giudiziari per il viceré forzista.Eppure sono in pochi a sapere che la designazione, nel M5S, non è avvenuta certo all’unanimità. Prima una consultazione aperta nel gruppo, con la vecchia guardia contrapposta ai deputati al primo mandato. Risultato: Cappello 12 voti, Foti 7. Fuori dal ballottaggio, entrambi a quota 6, Luigi Sunseri (qualcuno per lui riteneva «un regalo troppo prematuro» la vicepresidenza) ed Elena Pagana, magari penalizzata da un ingiusto pregiudizio un po’ sessista di condizionamenti per la relazione, ormai pubblica, con il musumecianissimo Ruggero Razza. Si arriva alla finalissima: su 19 votanti (Cancelleri già a Roma, la neo-deputata Ketty Damante non ancora insediata) finisce 10-9 per Cappello su Foti. Con la consapevolezza che il vincitore sia «uno incazzoso, talvolta tracotante e dall’irruenza dialettica». Eppure con la semi-consolazione che nemmeno la sconfitta «sarebbe stata una che le mandava a dire». In ogni caso, con una decisione non condivisa da tutti, scatta una sorta di strategia low profile, «come se all’Ars dovessimo evitare per qualche settimana di fare i “monelli” – sussurrano i contestatori – per far digerire il nome Cappello agli altri…». Ma è qui che il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Come potevano sapere, quei mattacchioni del centrodestra, che il loro voto di “sfregio” andasse proprio all’aspirante grillina sconfitta sul filo di lana? Le cronache non ufficiali di Sala d’Ercole narrano l’iperattivismo, fra i banchi, proprio di Razza. E un altro aneddoto: a un certo punto, l’assessore-pretoriano Toto Cordaro si sarebbe rivolto ad alcuni del M5S: «La vicepresidenza è vostra, ma dateci un altro nome che non sia Cappello e noi ve lo votiamo». Un’offerta che arriva nonostante nessuno dei pentastellati avesse mai ufficialmente parlato col centrodestra, come da prassi d’aula più che da manuale d’inciucio, per comunicare il candidato prescelto. E il mistero s’infittisce per un’altra circostanza: non tutti i deputati del M5S sarebbero stati messi a conoscenza della proposta della controparte. Perché? Qualcuno ha giocato sporco?Ed è qui che si scatena la lettura non buonista dentro i 5stelle siculi. Ammesso e non concesso che ci siano dei franchi tiratori, c’è anche un’ammiccante malafede dietro al finale a sorpresa dell’elezione di Foti? I sospetti non mancano.. «Può essere davvero che Angela abbia votato per se stessa?». Sono in molti a giurare che non sia così, anche se qualcuno commenta: «Da lei ci saremmo aspettati qualche parola, se non d’imbarazzo, almeno di correttezza subito dopo il voto. Magari, anziché qual comunicato in cui fa finta che sia stata un’elezione normale, poteva dire: “Non ero io la candidata del mio gruppo, mi dispiace per il collega che non ce l’ha fatta”». Ma non è stato così.Anzi, Foti ha rigraziato «i deputati» per «la fiducia che mi hanno espresso». E già ieri, nella chat grillina dell’Ars – oltre a un plateale e reciproco invio a quel paese fra un furioso Cappello e un turbato Cancelleri, non ancora uscito dal gruppo (social) – c’è una richiesta alla neo-eletta: «Angela, dovresti dimetterti da vicpresidente!». E giovedì 2 gennaio c’è la prima resa dei conti a Palermo. Mentre nei contatti privati fra i singoli, visto che è periodo di giochi da tavolo, si scatena una specie di “Cluedo”: chi è il colpevole, chi ha tradito? Gli accusatori non lo ammetteranno neanche sotto tortura, ma nella caccia alle streghe, di smartphone in smartphone, i nomi sono gli stessi: le “fotiane” potrebbero essere Roberta Schillaci e Valentina Palmeri. Con qualche illazione pure sui colleghi meno barricaderi: più Sergio Tancredi che Matteo Mangiacavallo o Salvo Siragusa.Non è stato il maggiordomo. Ma il giallo, fra i gialli ex duri&puri, è irrisolto.Altri due dubbi. Il pasticciaccio del “Foti-Gate” sarebbe accaduto pure se all’Ars ci fosse ancora il capo carismatico Cancelleri? Prima risposta maliziosa: «Sì, perché Giancarlo non era un leader ma un solista e grande comunicatore. Spesso – rivela una gola profonda – mentre lui faceva le dirette per annunciare la posizione su un tema, noi eravamo riuniti al gruppo e la decisione finale era l’opposto di ciò che aveva appena detto lui su Facebook».E, infine, la trombatura di Cappello può essere derubricata al combinato disposto fra un capriccio di Miccichè e una (legittima) tattica del centrodestra per destabilizzare la principale forza d’opposizione? Seconda risposta maliziosa: «Forse non è così. Perché unire 31 deputati, magari compreso qualcuno dei nostri, sul nome di Angela è stata un’operazione troppo forte e complicata per essere fatta solo per spaccarci. Magari c’è dell’altro, sul piatto. Ma ce ne accorgeremo presto, dai primi atti all’Ars del 2020…». Ed è in questo clima che (quasi) nessuno, fra i grillini, ha voglia di festeggiare il Capodanno. Anche perché lo spumante sa davvero di tappo.Twitter: @MarioBarresi COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA