Dalle multe non pagate ai danni erariali Ecco la lista nera dei debitori dell’Ars

Di Mario Barresi / 07 Giugno 2015

PALERMO. Dalle multe non pagate, magari perché dimenticate nel cruscotto dell’auto, fino ai pesanti danni arrecati all’Erario nel ruolo di amministratore pubblico. In cima alla lista c’è Salvatore Lo Turco. Geometra, oggi 87 anni, fu deputato del Psdi nella nona legislatura dell’Ars, eletto nel collegio di Catania con 12.447 voti. La sua esperienza palermitana fu breve, ma intensa: mai più rieletto, ma per più di due anni assessore regionale agli Enti locali. Quanto basta per fargli percepire un vitalizio lordo di 3.108,58 euro al mese.

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Poca cosa, rispetto agli altri highlander di Sala d’Ercole. Ma questa “pensioncina” rischia di essere erosa: se l’ex onorevole non salderà il suo (salato) conto con gli esattori – in tutto oltre 178mila euro, debito residuo di un carico tributi di 241mila euro – l’esattoria notificherà all’Ars il cosiddetto “atto di pignoramento crediti verso terzi”. E sarà autorizzata a trattenere, in questo caso, 1/7 del vitalizio mensile, augurando lunghissima vita all’ex deputato Lo Turco. In fondo alla lista Antonino Pino, classe 1924, originario di Giarre, ex maestro elementare e deputato del Psi per due legislature. Deve appena 2.028,20 euro ed è partita la procedura per il “pignoramento presso terzi” di 1/5 del vitalizio. Lui come tutti gli altri “contribuenti” a libro paga dell’Ars con debiti superiori a 2mila euro: in tutto 160, con un totale di 3.801.006,50 euro di “cartelle” da riscuotere a fronte di un carico tributario iniziale di 4.423.300,70 euro. Lì dentro c’è di tutto: nove attuali inquilini di Sala d’Ercole (compreso il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, con un debito residuo di 2.334,90 euro) e 87 ex deputati regionali.

IPOTECA SU LA CASA DI CUFFARO

Fra le righe del file Excel anche ex dirigenti, funzionari, assistenti e addetti stampa, oltre che alcuni dei 119 familiari che hanno ottenuto la pensione di reversibilità del caro (onorevole) estinto, fra vedove ed eredi. Anche i ricchi, se debitori, piangono. Riscossione Sicilia batte cassa e lancia l’assalto all’Ars. La società, partecipata della Regione, per statuto «incaricata di gestire la riscossione dei tributi e delle altre entrate» in Sicilia, continua la sua caccia grossa contro quelle che il presidente Antonio Fiumefreddo chiama «le sacche di privilegio, delle quali per equità sociale non possiamo più consentire l’esistenza». Ma qui non ci sono evasori che dichiarano di essere nullatenenti e vanno in giro in Porsche. Nessun commento sulla “lista nera” di cui siamo venuti in possesso («Non mi pronuncio su nomi, né su casi singoli», dice il presidente esprimendo «stupore» sulla diffusione dei dati), ma Fiumefreddo ci conferma l’avvio di una procedura ben precisa.

Ovvero: Riscossione Sicilia ha inviato alla segreteria dell’Ars un “atto di pignoramento di crediti verso terzi”, chiedendo – in caso di ulteriore morosità dei debitori – di trattenere una percentuale dell’assegno mensile. Con questa scansione: 1/10 per assegni mensili fino a 2.500 euro; 1/7 fra 2.500 e 5.000; 1/5 oltre i 5mila euro. Ma chi c’è dentro questa “black list”? Dicevamo degli otto attuali deputati. Il più indebitato con Riscossione Sicilia è Raffaele “Pippo” Nicotra, eletto con l’Udc poi con Leanza e adesso entrato nel gruppo del Pd: il carico tributario è di oltre 91mila euro. Suo compagno di avventura politica e di sventura fiscale è Paolo Ruggirello, ex Sicilia democratica e neo–dem, con 34mila euro di cartelle in sospeso. Il resto della lista è trasversale: da Michele Cimino (25mila euro) a Marco Forzese (2.528,92), passando per Giuseppe Gennuso (16mila), Dino Fiorenza (10mila) e Gino Ioppolo (4mila).

 

Il vaso di Pandora si apre spulciando la lista degli ex. Già detto del primo e dell’ultimo in ordine di indebitamento, nella lista spiccano ex presidenti della Regione come i compianti (non dal fisco) Matteo Graziano e Santi Nicita, ma ci sono anche i “gemelli diversi” Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, debitori rispettivamente per 164mila e 22mila euro e Angelo Capodicasa (7mila euro). Fra gli ex deputati con un carico tributario che supera i 100mila euro: Salvatore Caputo, Sebastiano Valastro, Benedetto Brancati, Salvatore Lombardo, Santo Catalano, Giuseppe Arena, Franco Catania e Nicola Ravidà. Ma la lista pullula di debitori Vip: l’imprenditore nel campo della sanità, Guglielmo Scammaca della Bruca (72mila euro), l’ex senatore “mortadellaro” anti–Prodi, Nino Strano (47mila), il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando (poco meno di 20mila euro) e l’ex primo cittadino di Catania, Raffaele Stancanelli (poco più di 2mila euro). E pure diversi pensionati dal doppio vitalizio.

 

«Bisogna pagare – rivendica Fiumefreddo – perché chi ha o ha avuto l’onore di rappresentare le istituzioni deve dare il buon esempio, a maggior ragione in una stagione di antipolitica e di disprezzo della classe dirigente, alle migliaia di pensionate o di disoccupati che affollano le agenzie chiedendo di rateizzare debiti minuscoli per timore di perdere assegni da 500 euro al mese». Ma allora Fiumefreddo, che s’è già meritato l’epiteto di “sceriffo di Nottingham” dopo la sua guerra ai falsi poveri con lo yacht, aspira anche a quello di “Robin Hood” dell’Ars? «Non è populismo, io non sono né ingenuo, né pazzo. Sono di umili origini, non sono un figlio di papà e vorrei lanciare un appello: sostenete questa operazione». Paura di un fuoco incrociato che partirà da Palazzo dei Normanni, con qualcuno che chiederà la sua testa a Rosario Crocetta? «C’è il pieno sostegno del presidente. Dopo i rumors sui controlli che hanno sfiorato i potenti – rivela il presidente – ho ricevuto due tipi di minacce. A quelle pubbliche ho risposto pubblicamente. A quelle in privato ho risposto andando da Lo Voi a denunciare».

 

E poi altri 63 nomi di contribuenti (né deputati, né ex) per i quali Riscossione Sicilia ha attivato analoga procedura. Con un “giallo”: il più esposto (225mila euro) porta lo stesso cognome di un attuale deputato, così come un altro omonimo della lista. Che comprende – oltre a costituzionalisti chic, burocrati e portaborse – anche due casi siculi finiti sui giornali nazionali. Giovanni Milinci, citato da Gian Antonio Stella sul Corriere per la sua pensione–lampo nel 2000: aveva «41 anni d’età e 16 d’anzianità alla Regione, più 8 di riscatti vari». Uscì con sei milioni e mezzo delle vecchie lire, oggi ha un conto in sospeso di 9mila euro con l’esattoria. O come il potente ex segretario generale dell’Assemblea, Giovanni Tomasello, baby–pensionato a 57 anni con 1,5 milioni di buonuscita e 13mila euro per 16 mensilità. Non gli peseranno quei pochi spiccioli – 3.304,87 euro – che dovrà restituire alla munifica “Mamma Ars”.

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Tag: pignoramenti