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il punto
Dai Fratelli “coltelli” a Forza Italia una e trina e il rebus progressista: il chi vota chi alle Europee
Tra una settimana anche la Sicilia al voto per eleggere i suoi rappresentanti a Strasburgo: cosa succede nei partiti
Esattamente fra una settimana le chiacchiere staranno a zero. E, all’alba del 10 giugno, anche in Sicilia si conosceranno, numeri alla mano, vincitori e vinti di queste Europee. Per la caccia al singolo consenso gli ultimi giorni saranno decisivi. Così come gli equilibri all’interno dei singoli partiti che, al netto del significativo voto d’opinione tipico di questo tipo di consultazione, decideranno gli otto scranni isolani a Bruxelles. Ecco la mappa aggiornata. Fra accordi, giochi delle coppie (e delle terzine, considerando che appena il 13% dei siciliani nel 2019 ha espresso tutte le preferenze), più varie ed eventuali.
Giorgia e i suoi Fratelli (coltelli)
Partiamo da Fratelli d’Italia. Il partito che traina il centrodestra di governo ha un preciso ordine di scuderia: la prima preferenza va a Giorgia Meloni, tutto il resto viene dopo. La leader è l’unico capo di governo in lizza alle Europee, da capolista in tutte le circoscrizioni. E l’obiettivo, pur non troppo sbandierato, è insidiare il record di Silvio Berlusconi (2 milioni e 700mila voti nel 2009) e di superare il risultato centrato da Matteo Salvini cinque anni fa (oltre 2 milioni e 200mila), quando la Lega incassò il 34%. Sulla seconda e sulla terza preferenza, considerando che oltre un terzo di elettori di FdI alle ultime Regionali votarono soltanto il simbolo, si gioca la sfida dei siciliani. In palio ci sono due seggi, anche se c’è chi sostiene che, cavalcando l’onda meloniana e con oltre il 20% nelle Isole, c’è un’ipotesi per il terzo.I più accreditati sono Giuseppe Milazzo, Ruggero Razza e Massimiliano Giammusso. I primi due, come ha ammesso l’eurodeputato uscente in un’intervista al nostro giornale, fanno asse fra Palermo e Catania. Così, ad esempio, sotto il Vulcano, si registra l’impegno del ministro Nello Musumeci (per indole, tutt’altro che un catalizzatore quando non è lui in campo in prima persona), ma soprattutto il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno (assieme alla corte etnea di Ignazio La Russa, a partire dal deputato nazionale Francesco Ciancitto) e il deputato regionale Giuseppe Zitelli. Circostanza che, in una recente riunione del coordinamento provinciale del partito, ha fatto emergere la protesta di chi non digerisce che «figure istituzionali catanesi appoggino un candidato palermitano». Più neutrale la posizione del sindaco Enrico Trantino (che, anche per tradizione familiare, non sposta pacchetti di consensi), avvistato a eventi di Razza e di Giammusso. E anche Manlio Messina, vicecapogruppo alla Camera, si tiene fuori dalla mischia: sui social ha postato un facsimile con la sola indicazione di Meloni e le foto di tutti gli altri candidati, magari coltivando qualche simpatia in più per l’assessora al Turismo, Elvira Amata, con in mezzo un uomo a rotazione, pur senza spostare vagonate di voti. Del resto pare che lo stesso Francesco Lollobrigida non sia entusiasta delle cordate fra i siciliani. Più chiara la situazione a Palermo: con un unico candidato locale, FdI fa blocco su Milazzo: da Carolina Varchi a Raoul Russo e Giampiero Cannella. E in molti, con Meloni prima scelta, inseriscono l’ex assessore alla Salute come terzo nome nei “santini”. Il più attivo è il deputato regionale Fabrizio Ferrara, mentre l’assessore Alessandro Aricò, ex DiventeràBellissima, appare meno orientato. Piuttosto una parte di ex musumeciani, non soltanto a Palermo, sono più ben disposti per Giusi Savarino. Che spesso e volentieri, non soltanto ad Agrigento, si trova nella “terna” con Meloni e Milazzo. In compenso Razza pesca a Enna con la deputata Eliana Longi, ma anche a Messina e Siracusa, dove viene alternato a Milazzo come terzo dopo Meloni e le candidate locali (Pino Galluzzo con Amata; Luca Cannata e Carlo Auteri si contano su Alessia Scorpo), con qualche spazio anche per Giammusso.Il sindaco di Gravina, invece, ha come big sponsor il senatore Salvo Pogliese, fra i pochi meloniani “specialisti” in campagne elettorali. C’è l’apporto netto del deputato regionale etneo Dario Daidone (che ha fatto pace con il candidato, reo di non averlo sostenuto all’Ars) e anche quello dei colleghi Giorgio Assenza (che però fa votare anche Razza), Giuseppe Catania e Giuseppe Bica (entrambi orientati su Milazzo come terzo), del senatore ibleo Salvo Sallemi. Con Giammusso, pur senza troppi eccessi, gli amici acesi del ministro Adolfo Urso, oltre a quelli dell’ex parlamentare Basilio Catanoso.
Forza Italia: tre partiti in uno
Il “chi sostiene chi” si fa ancora più ingarbugliato in Forza Italia. In lista, infatti, ci sono i due assessori regionali Edy Tamajo e Marco Falcone, ma anche candidati con il sostegno esterno di Mpa (Caterina Chinnici), Noi Moderati e Dc (Massimo Dell’Utri).Tamajo, recordman di preferenze alle ultime Regionali, è il nome di Renato Schifani. Con lui, pancia a terra, anche i deputati regionali Nicola D’Agostino, Gaspare Vitrano e Michele Mancuso (tornato più che mai in feeling con l’ex ministro Totò Cardinale, altro pezzo grosso che trascina molti ex di Sicilia Futura). Falcone, invece, ha dalla sua parte il capogruppo all’Ars Stefano Pellegrino (nel Trapanese Toni Scilla è invece schierato con il rivale), il deputato aretuseo Riccardo Gennuso e il “jolly” Gianfranco Miccichè, che, così come il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè e la senatrice Daniela Ternullo, lo accoppia con Chinnici in «un progetto che ha il placet di Antonio Tajani» e che di certo non fa impazzire di gioia Palazzo d’Orléans. Anche Matilde Siracusano, al netto del sostegno territorale a Bernardette Grasso, è con l’assessore all’Economia.Ma, al di fuori dei sostenitori più nettamente schierati, il “derby degli assessori” (in cui s’incunea con grande facilità Chinnici) si deciderà soprattutto sugli incastri con altri candidati. E altri partiti. Così, ad esempio, in tutte le manifestazioni di Totò Cuffaro il nome di Tamajo spunta nei facsimile accanto a Dell’Utri e Grasso. La terzina della Dc (dal capogruppo Carmelo Pace agli assessori Andrea Messina e Nuccia Albano) è questa, condivisa dalla deputata forzista-cuffariana ennese Luisa Lantieri, con qualcuno – come il deputato modicano Ignazio Abbate, che avrebbe ricevuto la promessa di un assessorato – molto più esposto su Tamajo. I voti cuffariani potrebbero essere decisivi per il titolare delle Attività produttive che nel Palermitano, soprattutto per chi non ha digerito l’accordo con Saverio Romano, è la prima scelta dei democristiani.E poi c’è Raffaele Lombardo. Che punta tutto su Chinnici con preferenza secca, laddove possibile. Ma con qualche spazio per gli altri: così nel Siracusano Giuseppe Carta (in funzione anti Gennuso) e l’assessore Roberto Di Mauro nell’Agrigentino aggiungono Tamajo per la gioia di Schifani che si accinge a fare il rimpasto; più flessibilità per Falcone, per dare un segnale a Tajani in prospettiva della federazione, sotto l’Etna (soprattutto da parte del deputato regionale Giuseppe Castiglione), oltre che nel Trapanese con Nino Papania e nel Palermitano con Totò Lentini. Più enigmatico l’orientamento di Francantonio Genovese a Messina: Chinnici, ma anche altri?A proposito di Palermo: il sindaco Roberto Lagalla, che continua a stimare Matteo Renzi, potrebbe puntare sul tandem Chinnici–Falcone per fare un piacere a Tajani e dare un dispiacere a Schifani. E poi ci sono le due deputate regionali candidate: oltre alla messinese Grasso (partita con i volantini in comune con Falcone e adesso con Tamajo), anche l’agrigentina Margherita La Rocca Ruvolo, in asse col potente Riccardo Gallo. Registrati i mal di pancia per l’intrusione del dirigente plenipotenziario della Salute, Salvatore Iacolino, fan di Tamajo, reo di «togliere il nome di La Rocca Ruvolo dove lo trova», bisognerà vedere se adesso sbucherà qualche voto per Falcone sotto la Valle dei Templi. Nella lotta all’ultima preferenza c’è anche chi, come gli appena rientrati in Fi Pino Firrarello e Giuseppe Castiglione, ostenta un salomonico tris: Tamajo–Chinnici–Falcone.
Nella Lega la conta di Sammartino
Molto più chiaro il quadro nella Lega. Luca Sammartino, davanti a Salvini sul palco, s’è pubblicamente ribellato agli «alleati che dicono che non ci scatta il seggio». In pole position c’è proprio il candidato su cui punta l’ex vicepresidente della Regione: Raffaele Stancanelli. Sull’eurodeputato uscente, ex di FdI, si misura tutta la potente macchina elettorale di Sammartino e della deputata nazionale Valeria Sudano. Con l’ex sindaco di Catania ci sono i deputati regionali Pippo Laccoto (che a Messina sostiene anche Nino Germanà) e Vincenzo Figuccia (che a Palermo accoppia la centrista Ester Bonafede) e Salvo Geraci, oltre all’ex aretuseo dell’Ars Giovanni Cafeo. Ma Stancanelli porta una sua dote dalla della destra sociale siciliana, non solo a Catania.Tre i rebus della lista leghista. Il primo è capire il peso di Roberto Vannacci in Sicilia. Alcuni sondaggi interni del Carroccio danno il generale primo «quasi ovunque», ma bisogna vedere quanto entrerà nelle Isole. La seconda curiosità riguarda, sopratutto per gli equilibri siciliani del partito, l’esito della sfida a distanza fra il parlamentare nazionale Germanà (molto stimato dal commissario regionale Claudio Durigon) e l’assessore regionale Mimmo Turano. Entrambi in ottimi rapporti con Sammartino (che, essendosi caricato la responsabilità politica della lista siciliana con Via Bellerio, in parte li aiuterà, mettendo magari fra loro e Stancanelli altre candidate: oltre a Bonafede anche la messinese Francesca Reitano e la sarda Michelina Lunesu), pescano nel proprio territorio e altrove. L’ultimo quesito è la forza dell’uscente Annalisa Tardino, che ieri ha ufficializzato la denuncia contro ignoti per i disegni volgari e le scritte sessiste che hanno ricoperto i suoi manifesti. «Sono orgogliosa di essere donna – afferma – in un mondo politico che qualcuno vorrebbe solo per gli uomini». Tardino, sostenuta con forza dalla capogruppo all’Ars Marianna Caronia, ha la piena fiducia di Salvini, che a molti interlocutori siciliani chiede di confermarle il consenso. Quanti lo ascolteranno? Il deputato etneo Anastasio Carrà di sicuro. Tardino, comunque, pesca anche nell’acquario centrista. L’Udc è schierata con Bonafede, ma c’è chi – a partire dalla deputata Serafina Marchetta, moglie del segretario regionale Decio Terrana – potrebbe appoggiare pure l’eurodeputata licatese, mettendo in mezzo la preferenza maschile per Germanà o Turano. Così farà ad esempio l’ex leader regionale Nino Minardo, che fa il tifo anche per il senatore messinese. Non l’unico, nel Ragusano, visto che, se Germanà andasse a Bruxelles, il seggio a Palazzo Madama andrebbe all’ex deputato regionale Orazio Ragusa.
Il puzzle progressista
Anche nel Pd gli assetti interni condizioneranno il risultato dei singoli candidati. Anche se, sostiene chi l’elettorato dem lo conosce bene, in misura «non superiore a un terzo dei voti del partito in Sicilia». Così si capisce perché l’uscente Pietro Bartolo, orfano del sostegno di quasi tutti i capicorrente, resta sempre competitivo, anche perché uomo e facilmente accoppiabile alla segretaria-capolista Elly Schlein. Che, a differenza di Meloni, nelle Isole potrebbe avere un consenso meno “militare”.Certo che, se a decidere fosse il gruppo dell’Ars, Peppino Lupo sarebbe col biglietto quasi pronto per Strasburgo. Con l’ex segretario regionale e capogruppo, ci sono, con indicazione secca o in accoppiata ad altri, quasi tutti i dem di Sala d’Ercole. Fra i più esposti il palermitano Mario Giambona (anche per scongiurare che Lupo, in caso di mancata elezione, rifaccia un pensierino alle Regionali 2027), gli etnei Giovanni Burtone ed Ersilia Severino, l’ennese Fabio Venezia e il siracusano Tiziano Spada; più timido il capogruppo agrigentino Michele Catanzaro. Con il consigliere comunale palermitano anche l’area del partito vicina alla Cisl, che ha espresso la senatrice Annamaria Furlan, oltre che due catanesi di rango come Enzo Bianco e Giuseppe Berretta. Molti fra quelli che fanno votare Lupo hanno in testa la spallata al segretario regionale Anthony Barbagallo. Principale supporter, assieme all’ex ministro Peppe Provenzano, della corsa del senatore Antonio Nicita. Sostenuto, fra gli altri, dai deputati regionali Nello Dipasquale, Dario Safina e Calogero Leanza (che dà una mano anche alla messinese Flavia Timbro), dalle parlamentari nazionali Stefania Marino e Giovanna Iacono, oltre che dall’intramontabile Mirello Crisafulli.Fuori dagli schemi correntizi è la civica Lidia Tilotta. Che, spinta da un crescente voto d’opinione, ha dalla sua soltanto gli endorsement palermitani di Antonello Cracolici (che potrebbe non votare Lupo) e Valentina Chinnici, oltre che delle potenziali simpatie dello stesso Barbagallo (che potrebbe metterla, alternandola a Bartolo, con l’accoppiata fissa Schlein–Nicita) oltre che di tanti altri dirigenti regionali e locali del partito. A decidere la partita, con in palio un seggio sicuro e un secondo potenziale, sarà la sfida Lupo–Nicita, ma anche la consistenza effettiva di Bartolo e Tilotta.Nel M5S il tema “chi vota chi” è tabù. «Da noi non ci sono correnti», è la risposta di molte fonti. Ma è chiaro che il capolista Giuseppe Antoci, scelto direttamente da Giuseppe Conte, è il nome da votare secondo il manuale del buon grillino. E così sarà, anche per non contraddire l’ex premier che ha incoronato l’ex presidente del Parco dei Nebrodi come «il nostro campione dell’antimafia», in un movimento che, contrariamente a cinque anni fa, non ha alcun focolaio di opposizione al leader nazionale (così come quella contro Luigi Di Maio che aiutò il boom di Dino Giarrusso nel 2019) ed è abituato ad assecondare le scelte di chi comanda. Antoci, sostenuto con forza dal coordinatore regionale Nuccio Di Paola (che sogna di vederlo eletto assieme alla gelese Virginia Farruggia, sostenuta in tandem con Antoci anche dal deputato regionale Angelo Candiano e dal senatore Pietro Lorefice) e dal capogruppo all’Ars Antonio De Luca, vola sereno verso uno dei due seggi in quota 5stelle nelle Isole.Ma c’è chi al capolista preferisce altre opzioni. Come Patrizio Cinque, che all’Ars piace molto a Luigi Sunseri, Stefania Campo, Martina Ardizzone e Cristina Ciminnisi e a Roma ha i “like” della senatrice Ketty Damante e del deputato Davide Aiello. Alcuni, magari, voteranno “secco” l’ex sindaco di Bagheria, vincitore della consultazione web dalla quale sono stati esentati Antoci e la temibile sarda Cinzia Pilo. Altri, come i deputati regionali Carlo Gilistro e Jose Marano, sono orientati a votare sia Antoci sia Cinque, con una donna in mezzo: Farruggia e Pilo, ma anche Antonella Di Prima e Matilde Montaudo, molto apprezzate dagli attivisti. I quali, nel Palermitano, sono lo zoccolo duro di Toni Randazzo, battagliero capogruppo a Palazzo delle Aquile, amico del deputato regionale Adriano Varrica.Infine Avs. Dove il voto di sistema è infinitesimale, ma con la constatazione che Leoluca Orlando, oltre che dal suo elettorato palermitano, è spinto soprattutto dai Verdi, con Sinistra italiana, a partire dal segretario regionale Pierpaolo Montalto, che invece gli preferisce Ilaria Salis e Mimmo Lucano.