CATANIA. Rosario Crocetta è arrivato in redazione «per mangiare il panettone con il direttore» e per fare gli auguri ai siciliani attraverso il nostro giornale. Il presidente della Regione soddisfatto di avere chiuso un «bilancio serio» e di aver impostato «per il prossimo futuro l’economia siciliana al meglio possibile. Nessun presidente prima di me aveva avuto un’eredità così pesante».
E la bocciatura del Dpef? Malafarina non è un amico, non è del Megafono?
«E’ stato un infortunio, nessuno pensava, nemmeno Malafarina, che tanti deputati della maggioranza fossero assenti. E’ una questione che non avrà conseguenze serie, nonostante la canea suscitata. Certo dispiace perché è segno che non puoi stare mai tranquillo per lavorare in pace».
Gli altri ci giudicano ancora brutti sporchi e cattivi, fino ad arrivare all’invettiva di Roberto Vecchioni «Sicilia di merda». E non basta fare il bagno a Tusa per ripulirci l’immagine.
«Se Vecchioni avesse detto: “La politica siciliana è merda” mi sarebbe stato pure bene, invece ha detto “Sicilia di merda” e questo non può permetterselo, anche perché procura danno. Renzi ad esempio voleva fare una riunione comunitaria a Palermo e un commissario europeo disse: “Ma a Palermo non sparano? ”. E così non se ne fece niente? Poi io ho sempre fatto il bagno a dicembre, è una mia abitudine, non l’ho fatto per rispondere a Vecchioni del quale non mi interessa nulla. La risposta a quell’invettiva la stanno dando i siciliani onesti, gli imprenditori coraggiosi che resistono nonostante tutto, la risposta la stanno dando i numeri, con il Pil finalmente con il segno più. I prossimi anni saranno sereni».
MALAFARINA: MEGLIO UN FORUNCOLO ORA CHE LE FERITE DOPO
A parte la disoccupazione, c’è un rischio fortissimo: il crac della Tecnis, che aveva ha quasi tutti gli appalti pubblici in Sicilia, e molti anche altrove, potrebbe paralizzare la Sicilia per almeno dieci anni. Basti pensare alla Agrigento-Caltanissetta, alla metropolitana di Catania, al progetto della Catania-Ragusa.
«Ci vuole una legge che disciplini meglio certe situazioni aggrovigliate. E bisogna farla in fretta prima che la situazione si incancrenisca, non possiamo permettere che la Sicilia resti cloroformizzata da una questione in cui hanno colpa soltanto poche persone».
C’è un problema anche per quanto riguarda la raffineria di Gela, che va verso la chiusura.
«Purtroppo è il destino di Gela, ma colpisce anche Priolo, Augusta, Milazzo. Non si può continuare a bruciare il pet coke che danneggia la salute della gente. Questo significa che c’è un maggiore costo di 150 milioni l’anno, e nessuna impresa può partire con un peso così pesante. Il futuro di Gela è la “green economy”, già è tutto impostato, bisogna solo un po’ di tempo per l’avvio. Ma il futuro è questo e non si può cambiare, migliorerà il clima e la salute delle persone».
C’è un problema che riguarda i trasporti e la nostra marginalità geografica.
«E’ questa la prossima battaglia che farò. Le imprese siciliane hanno diritto ad essere competitive alla pari delle imprese delle altre regioni d’Italia. Se devi spedire un carico a Milano, l’azienda di Ravenna spenderà molto meno di un’impresa di Canicattì. E allora lo Stato ci deve mettere sullo stesso piano studiando un meccanismo che eviti la penalizzazione delle imprese siciliane».
Però non ha mai sostenuto la battaglia del nostro giornale per il Ponte di Messina.
«Il Ponte va benissimo, è nell’agenda di governo, ma ci vogliono almeno otto anni, e io non mi posso appassionare ad un’opera che si fa in otto anni. La Sicilia ha bisogno di risposte immediate, subito tangibili, cioè un aiuto concreto alle esportazioni, soprattutto in questa fase in cui non possiamo andare in Nordafrica, dove saremmo noi ad essere avvantaggiati. Se potessi andare in Libia troverei porte aperte per le aziende siciliane, ma se ci andassi oggi mi sequestrerebbero, e non sarebbe un’avventura piacevole».
Il calo della benzina sta facendo guadagnare molto le compagnie aeree, ma se un siciliano prende un volo per Roma o per Milano senza prenotare per tempo deve pagare oltre 400 euro. E questo penalizza i siciliani, ma anche il turismo.
«Abbiamo bisogno di una compagnia aerea. Ce l’ha Malta, perché non possiamo tentare di averla anche noi? Avevo cercato di mettere in moto l’Ast, l’azienda siciliana trasporti, che ha un settore per il trasporto aereo, poi il fermo del commissario all’Ast ha dato uno stop. Ero intervenuto anche per salvare Wind Jet, ma l’Unione europea non solo non dà finanziamenti, ma vieta anche a noi di darli perché sarebbero “aiuti di Stato”. Quando la Germania aiuta la Volkswagen Bruxelles non dice nulla, se vogliamo salvare una compagnia aerea siciliana, fallita per colpa dell’Alitalia, allora ci bloccano. Questa situazione del trasporto aereo dobbiamo cercare di sistemarla, o parlando con l’Alitalia o cominciando a fare con l’Ast qualche volo di assaggio a prezzi competitivi in modo da entrare a poco a poco nel mercato. I siciliani non sono vacche da mungere né per l’Alitalia e né per Ryanair. I 20 milioni dati dal governo per la continuità territoriale, tenuto conto che i passeggeri dei voli in Sicilia sono 13-14 milioni, toccherebbero a ciascuno un euro e un ventino. Quei soldi al massimo servono per i collegamenti con le isole minori, che sono una Sicilia dentro un’altra Sicilia. Oltre a questo dobbiamo vigilare a che le Ferrovie facciano il loro dovere in Sicilia, invece di tagliare i treni natalizi per chi vuole venire ad abbracciare i parenti».
Siamo a Natale. C’è un messaggio per i siciliani?
«Il mio messaggio è un ringraziamento per tutti coloro che sono riusciti a resistere in una lunga fase negativa dell’economia. Mi sto battendo per portare più investimenti e più lavoro in Sicilia. Dico solo di avere fiducia nel futuro che certamente non sarà peggiore del passato».