CATANIA – «Non mi fido di Renzi». E questo, Dino Giarrusso, lo va sostenendo da tempi non sospetti. «È come un giocatore di poker che non più ha nulla da perdere», riflette con La Sicilia l’eurodeputato catanese nelle ore decisive delle consultazioni di Roberto Fico. «Auspico un nuovo governo Conte dove la presenza di Matteo Renzi sia numericamente determinante. Insomma, non vorrei mai più averlo come interlocutore decisivo, chiarisce Giarrusso. Che si fa una domanda dalla risposta scontata: «Posso dire di essere contrario a un nuovo patto con l’inaffidabile Renzi e restare comunque orgogliosamente nel movimento?».
Inghiottire l’ennesima polpetta avvelenata pur di restare al governo con Conte premier o sterilizzare per sempre il senatore di Rignano puntando sul rafforzamento, fino a ieri complicato, del gruppo dei volenterosi? Il M5S si spacca. E le ali estreme sono gli iper-governisti a tutti i costi e gli integralisti dell’antirenzismo. Quella di Giarrusso, recordman di preferenze alle Europee, sembra la voce della maggioranza silenziosa degli attivisti grillini.
«Lasciare senza governo l’Italia in questo terribile momento avrebbe conseguenze semplicemente catastrofiche, e lo dico a maggior ragione da eurodeputato». Questo, però, è lo stesso punto di partenza di chi, dallo stesso Giuseppe Conte ai vertici pentastellati, ha deciso di ricominciare a trattare con l’ex premier. «Credo che se loro hanno accettato di valutare l’ipotesi di sedersi di nuovo a un tavolo con Renzi è perché al momento – sostiene Giarrusso – la ritengono la cosa più utile da fare per il bene del Paese: è dura da mandare giù, per me in primis, ma proprio perché è un momento duro bisogna tenere i nervi saldi».
Ma nell’all-in del leader di Italia Viva è proprio il M5S che rischia di perdere la posta maggiore: «Renzi da sempre cerca di spaccare il movimento, dividerlo, distruggerlo. Se iniziamo ad abbandonare, come qualcuno di voi oggi mi ha scritto deluso, la diamo vinta a Renzi: è questo che vogliamo?».
Per questo motivo, pur ritenendo «la scelta più sensata» una consultazione su Rousseau, «così com’è stato per il Conte 1 e per il Conte 2», l’europarlamentare catanese sembra disposto a un confronto meno a muso duro di quello invocato da altri big come Barbara Lezzi o Nicola Morra. E Giarrusso si smarca anche dall’«arrivederci e grazie» minacciato in caso di remake renziano da Alessandro Di Battista. «Non so come andranno dunque le cose, ma so che se anche andassero come io non voglio che vadano, io non lascerò la forza politica che ritengo l’unica possibile arma dei cittadini contro i soliti poteri, vecchi e squallidi», scandisce l’ex “Iena” tv. Certo che «comunque vada, qualunque scelta venga presa a Roma, oggi il movimento deve restare unito», perché «oggi più che mai abbiamo il dovere di non abbandonare la nave, abbiamo il dovere di combattere con coraggio la nostra battaglia dall’interno».
Giarrusso non risparmia una critica, anzi un’autocritica: «Se tutti i portavoce e i volti del movimento fossero stati sempre sui territori e avessero valorizzato di più gli attivisti, forse oggi saremmo meno deboli, più uniti e forti» e magari Renzi «avrebbe meno potere di condizionarci e tentare di spaccarci come sta facendo, insinuandosi nel burro delle insoddisfazioni di molti di noi».
Ma la carte sono ormai sul tavolo. E lo scenario che anche Giarrusso prova a esorcizzare è «un governo senza Conte premier», che «sarebbe indigeribile anche per chi ha uno stomaco di ferro». Così come lo spettro del voto anticipato, con la tremenda possibilità che Berlusconi venga eletto presidente della Repubblica», va scongiurato «con tutte le nostre forze». E allora l’ultima chance è «una discussione aperta e leale che coinvolga la base degli attivisti». Per argomentare le regioni dei No-Matteo. Forse persino disposti a inghiottire la pillola amara, «ma senza scappare urlando e lasciare campo libero ai peggiori».