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Crisi di governo, dalla Rg-Ct alle Zes: cosa rischia la Sicilia dopo la SalvinExit

Di Mario Barresi |

Catania – Il primo appuntamento che rischia di saltare è anche il più importante: lunedì 2 settembre, al ministero dell’Economia, per discutere di finanza locale e fiscalità di sviluppo. Un tavolo decisivo per la Regione, che punta a chiudere il negoziato con lo Stato sulla revisione dell’autonomia finanziaria. Una partita che per la Sicilia vale dai due ai tre miliardi in base all’esito della trattativa con Roma. Ma non è l’unico dossier che adesso, nel pieno della crisi ferragostana di governo, potrebbe subire un rinvio o essere accantonato in un cassetto. Voto in autunno, governo di scopo fino alla primavera 2020, o nuova maggioranza? Poco importa, dal punto di vista di alcune emergenze siciliane, quale scenario ci sarà dopo la SalvinExit. In ogni caso cambieranno molte cose. E su alcuni temi si dovrà ritornare alla casella di partenza. Da Palazzo d’Orléans filtra ma una sostanziale fiducia sul futuro. Su alcuni atti resta «aperta l’interlocuzione con la burocrazia ministeriale», su altri l’imminente caduta dei «ministri del no» grillini viene considerata quasi un «sollievo», con Matteo Salvini ha persino aperto sul Ponte. Eppure c’è qualche timore su almeno tre dossier nel breve periodo.

A partire dall’autonomia finanziaria. Un negoziato gestito all’inizio con low profile da Gaetano Armao, anche grazie ai rapporti personali con il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, e poi, in tandem con Nello Musumeci, la svolta con Erika Stefani (Affari regionali), con la prospettiva di firmare un primo accordo entro il 30 settembre. Ora è un salto nel buio. E si allontanano le «soluzioni vantaggiose per la nostra Isola» evocate dallo stesso governatore, dopo l’ultimo incontro di due settimane fa. La giunta regionale approvò a maggio la bozza delle nuove norme di attuazione dello Statuto (rivisitando gli articoli 36, 37 e 38) «uniformandole anche agli orientamenti della Corte costituzionale, che ha auspicato una riconsiderazione complessiva dei rapporti finanziari tra Stato e Regione, nell’ottica di una diminuzione dei contenziosi». Fra i punti del negoziato «nuovi meccanismi di riconoscimento dell’insularità, di fiscalità di sviluppo, di vantaggi economici nei confronti di chi viene a investire o a vivere nell’Isola». E ancora: il prelievo forzoso (200 milioni) sulle ex Province e il contributo per il risanamento della finanza pubblica che pesa ogni anno sulle casse della Regione per 1,3 miliardi.

Adesso il percorso rischia di essere vanificato. Proprio come quello, già tormentato di per sé , della Ragusa-Catania. Che ne sarà dell’“autostrada del cambiamento” («pubblica e senza pedaggio») promessa da Danilo Toninelli dopo aver di stracciato la concessione ai privati che dovevano costruire e gestire l’opera? Il 5 settembre è l’altra data cerchiata in rosso . Il Cipe, come assicurato dallo stesso premier Conte a Musumeci, deve rimodulare il progetto, con risorse pubbliche prese dal Contratto di programma con Anas, la quale dovrebbe diventare il soggetto attuatore, magari con la «società di scopo» in cui potrebbe entrare il Cas (sgradito a Toninelli) dopo aver acquistato il progetto esecutivo dalla Sarc del gruppo Bonsignore. Fra investimenti statali e regionali è un’incompiuta da 900 milioni. Che rischia di restare tale.

Un ultimo dossier in bilico riguarda le Zes, le Zone economiche speciali. Il 25 settembre, secondo quanto annunciato dal ministro del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, è previsto il via libera alle agevolazioni: una prima tranche di 250 milioni in tre anni per credito d’imposta per investimenti, sgravi fiscali, agevolazioni sul lavoro, ammortamenti per le aziende. E il governo regionale, con «un lavoro particolarmente articolato e complesso» rivendicato da Musumeci, s’era fatto trovare pronto, istituendo una Zes per la Sicilia orientale e una per quella occidentale, in corrispondenza alle due Autorità portuali, in attesa della trattativa per Messina da aggregare a Reggio Calabria. Ma, anche in questo caso, tutto dipende dal risiko della crisi più pazza del mondo.

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