Così Caltagirone è diventata un “modello”: ecco i segreti del trionfo giallorosso

Di Mario Barresi / 12 Ottobre 2021
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Termini Imerese, dopo un anno di onorata carriera, può già andare in pensione. Perché adesso l’ultima tendenza giallorossa è il “modello Caltagirone”. Vince – anzi: stravince – Fabio Roccuzzo nell’unica sfida in cui i due schieramenti erano compatti. 

Vince contro un centrodestra compatto, seppur last minute, nella città amministrata negli ultimi cinque anni da una delle persone in assoluto più vicine a Nello Musumeci, e cioè Gino Ioppolo, che è pure il coordinatore regionale di DiventeràBellissima.

Vince bruciando sul tempo il centrodestra (che s’è ricompattato, ma soltanto a fine agosto, a 10 giorni dalla presentazione delle liste), lanciando con mesi d’anticipo un candidato credibile e radicato in città, ma di fatto senza etichette di partito; Roccuzzo, vicinissimo al segretario regionale dem Anthony Barbagallo, non ha la tessera del Pd e incassa il valore aggiunto di un voto d’opinione che lo premia molto di più (circa il 10%) dell’insieme delle liste che lo sostengono.

Vince grazie anche al passo indietro del M5S, che ha rinunciato a una corsa di certo solitaria e forse perdente, in nome dell’unità di una coalizione non solo unita nella forma, ma anche compatta nella sostanza,

E infine vince – dettaglio da non trascurare – con l’apporto di una sinistra che qui non è spettatrice, ma protagonista: Roccuzzo viene da quella storia e lo ostenta con orgoglio, la novità è che i partiti e le liste civiche non ci mettono soltanto l’entusiasmo e i valori, ma anche i voti.

 

 

I numeri. Già nel tardo pomeriggio Roccuzzo consolida un 54% che non lascia spazio al rivale, Sergio Gruttadauria, che sfiora il 42%. Il neo-sindaco esulta: «Questa è la vittoria di tutta Caltagirone, di chi ha scelto il cambiamento e che non si s’è piegato a un destino che sembrava già scritto e perfino a qualche ricatto. Ma questa è anche la vittoria della nostra coalizione che lavora da mesi in modo unitario e determinato attorno a un progetto di futuro». Ma è anche una vittoria con dedica, in lacrime, «a mio padre, che ho perso 41 anni fa, e che oggi sarebbe fiero di me».

 

 

Una rondine calatina non fa primavera, ma i big giallorossi, sbarcati in massa nella città di Sturzo, attribuiscono al risultato un valore regionale. Barbagallo, che presidia il comitato elettorale di “Caltagirone che verrà” già dalla chiusura dei seggi, parla di «un vento, forte e chiarissimo, che dalle grandi città d’Italia dove s’è votato la scorsa settimana è arrivato nei comuni siciliani» e adesso «bisogna alimentare questo vento con le scelte giuste per arrivare alle prossime Regionali». In serata si materializza anche Giancarlo Cancelleri. Più esplicito, nell’annunciare «l’avviso di sfratto a Musumeci e alle destre che governano la Regione», sottolineando anche i risultati negli altri principali comuni siciliani, ma con uno zoom  su Caltagirone. «Ci hanno detto sempre che se loro, quelli del centrodestra, si presentano compatti, noi siamo spacciati. Ma qui – esulta il sottosegretario grillino –  erano uniti  e noi li abbiamo surclassati. I calatini, così come tutti i siciliani, hanno deciso di cambiare suonata».

In effetti la vittoria di Roccuzzo ha anche l’effetto collaterale di rafforzare l’asse Barbagallo-Cancelleri, i quali (anche pagando il prezzo di qualche legittima gelosia nelle rispettive case) sembrano più simbiotici che mai. Almeno finora, senza che però si sia ancora parlato di nomi per la candidatura a governatore. E anzi i due sono stati complici nella melina (motivata formalmente dall’assenza di un leader regionale del M5S che Giuseppe Conte sta per nominare), che ha fatto innervosire Claudio Fava, pure lui con Roccuzzo, già «a disposizione» per Palazzo d’Orléans da sei mesi.

 

 

Ma questo “modello Caltagirone” si fonda soprattutto su una pacificazione dei protagonisti locali. Ed è da questi esempi che i big giallorossi, a Roma e a Palermo, dovrebbero trarre spunto per il 2022. Prima c’è la rinuncia del M5S a una propria candidatura. «Un nostro passo indietro per farne fare uno avanti a Caltagirone», sintetizza il deputato regionale Ciccio Cappello, il cui fratello, Piergiorgio, era uno dei nomi più caldi per la candidatura. «Una prova di maturità», la definisce il parlamentare nazionale Gianluca Rizzo. I cinquestelle erano stati avversari di Pd e sinistra fino a cinque anni fa, ma alla fine s’è trovata la quadra. «Se ci siamo riusciti qui, possiamo riuscirci anche a Palermo», dice Cappello.

 

 

L’altra pacificazione è a sinistra. Roccuzzo, candidandosi da solo nel 2016, era stato il “Pierino” decisivo per far vincere Ioppolo contro Franco Pignataro. Ma tutto il Pd – dallo stesso Pignataro, sul palco col candidato a Gaetano Cardiel, che ci ha messo la faccia da soldatino semplice, fino al giovane segretario Paolo Crispino, ora assessore – ha deciso di azzerare i rancori. Al comitato elettorale c’è anche, sinceramente emozionata, Marilena Samperi, sindaca per un decennio, la madrina di una classe dirigente che adesso si riprende in mano la città govenata dal 1993 al 2012.

Ma Roccuzzo, che incassa quasi il 10% in più delle sue liste, è il vero valore aggiunto. Non casuale. Lo dice bene Pierpaolo Montalto, segretario provinciale di Sinistra italiana: «Fabio è il candidato che rappresenta la storia e i valori della sinistra, che nel voto di Caltagirone è determinante per identità politica, ma anche per consensi, in una coalizione che è partita in anticipo con una scelta chiara, così come si dovrebbe fare senza perdere altro tempo per la Regione». E Angelo Villari, segretario catanese del Pd, rafforza il concetto: «L’alleanza con M5S e sinistra funziona perché viene percepita ormai come naturale, molto più delle vecchie candidature di trasformisti e padroni delle tessere estranei al nostro mondo».

 

 

Dall’altro lato si leccano le ferite. A partire dall’assessore forzista Marco Falcone, main sponsor di  Gruttadauria. «Ripartiamo da un valore: quello dell’unità comunque ritrovata, propedeutica ad altre sfide che saranno vincenti». Falcone è scettico sul valore del voto di Caltagirone: «È uno dei 42 comuni al voto, alle Regionali sarà tutt’altra partita». Nel centrodestra già sono cominciate le rese dei conti. Soprattutto sulla scelta di un candidato risultato molto più debole della coalizione, che dovrebbe incassare la maggioranza in consiglio. C’è stato il ritiro di Salvo Romeo (FdI), ma soprattutto quello del lombardiano Massimo Alparone.

Piccolo retroscena inedito: a indebolire il  presidente del consiglio uscente sul tavolo del centrodestra sarebbe stato il mancato patto fra gli Autonomisti e la Lega tendenza Luca Sammartino. Uno scambio di favori fra Caltagirone (per Alparone) e Misterbianco (per il sammartiniano Ernesto Calogero). «Ma quando Luca s’è schierato con Falcone per Gruttadauria – rivelano fonti ex Mpa – tutto è saltato». Compresa l’ipotesi di una quarta via: il manager Massimo Giaconia, ex assessore-risanatore, o l’avvocato Walter Pompeo.

 

 

E così l’onore-onere è finito a Gruttadauria. Che non ha mai fatto battere il cuore del suo predecessore Ioppolo. «Non s’è speso più di tanto», si lamentano nel comitato elettorale dello sconfitto. Qualcuno ricorda il comizio di chiusura, in cui «Musumeci ha parlato per 40 minuti per dire quant’è stato bravo il suo sindaco Ioppolo, dedicando solo una frase a Gruttadauria». Il diretto interessato, costretto a una campagna elettorale in difesa contro le accuse giallorosse all’amministrazione uscente, parla soltanto «di un deficit di comunicazione sulle cose fatte», citando una brochure distribuita «solo negli ultimi giorni». Ma si sente davvero il candidato sbagliato di una corazzata di liste molto più forti? «Bisogna aspettare i dati finali. E poi il voto disgiunto non è detto che sia di elettori nostri che votano Roccuzzo, ma potrebbe essere di elettori comunque suoi che scelgono le nostre liste. Io dico solo che siamo partiti troppo tardi, mentre loro erano già in campo da gennaio. Ringrazio comunque tutte le forze, Caltagirone purtroppo ha perso un’occasione».

 

 

Alle sette della sera Gruttadauria chiama Roccuzzo per riconoscere la sconfitta. Ma il telefono  squilla a vuoto. Poco meno di un’ora dopo, però, il vincitore si fa sentire. «Complimenti e auguri, di cuore», gli dice Gruttadauria. Assicurando, da potenziale leader dell’opposizione, che «tutte le iniziative positive che porterai in consiglio avranno il mio sostegno». Ed è forse questo l’aspetto più esemplare del presunto “modello Caltagirone”. Che riprende – dalla pacificazione giallorossa, ma anche dal fair play del centrodestra – la sua marcia da capitale sturziana della politica siciliana.

Twitter: @MarioBarresi

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Pubblicato da:
Alfredo Zermo
Tag: caltagirone elezioni amministrative fabio roccuzzo m5s mario barresi modello caltagirone pd