Su “SeeSicily”, in pubblico, non ha pronunciato una sola sillaba. E non certo perché disinteressato dall’ennesimo caso sulla gestione dei fondi del Turismo. Stavolta, però, Renato Schifani adotta una tattica diversa. Evita di entrare a gamba tesa sull’operato di un assessorato sotto attacco, ma anche di scendere nell’agone politico. Nonostante anche ieri il M55 abbia provato a tirarlo dentro: il capogruppo Antonio De Luca gli chiede di «far ruotare le deleghe, attribuendo il Turismo, assessorato militarizzato da FdI, a un’altra forza politica o anche a un tecnico»; il vicepresidente dell’Ars, Nuccio Di Paola, lo sollecita «a prendere le distanze dal governo Musumeci».
Schifani tace. Diversamente dallo scandalo Cannes, preso di petto con parole (lo definì «un danno d’immagine per la Sicilia») e fatti (come l’input per la revoca dei 3,7 milioni alla società lussemburghese), il governatore lavora in background. Magari, nell’intimità, condivide alcuni spunti, ma non può permettersi di attestare un tema cavalcato dall’opposizione. Né gli conviene, con una plateale presa di distanza dal flop del bonus vacanze, tirare la corda dei rapporti con gli alleati meloniani.
Eppure le 35 pagine del (pesante) esito dell’Autorità di Audit, ufficio afferente a Palazzo d’Orléans, col taglio lineare del 25% della spesa «irregolare» di “SeeSicily” sulla comunicazione, sono sul tavolo di Schifani da mercoledì. E un altro audit, sui voucher ricettivi, è in arrivo, con richiesta di analoga sforbiciata. Ce n’è abbastanza un «cambio di passo». Ma senza farlo più lungo della gamba. E dunque: nessun contenzioso-bis con FdI sul Turismo. Del resto, fu il governatore, dopo aver accettato il compromesso (al ribasso) dello scambio di deleghe con Francesco Scarpinato, a chiedere a Ignazio La Russa il nome di Elvira Amata, che gode della «stima» presidenziale. Ma resta la convinzione di dover «rompere gli assi privilegiati». Non è passata inosservata, a tal proposito, la frase sibillina di Schifani durante la conferenza stampa sul Giro di Sicilia: «Per l’edizione dell’anno prossimo verificheremo l’ipotesi di altre collaborazioni», ha detto davanti all’assessora meloniana e ai vertici di Rcs Sport del gruppo Cairo.
Però una soluzione bisogna trovarla subito. Le spese sotto accusa riguardano il recente passato, ma Schifani non intende rischiare di doversi giustificare per scelte del suo governo. Anche perché, ereditata la prima parte della programmazione di Nello Musumeci, sui fondi Ue è arrivato il momento di dare la propria linea.
E così ieri, nel corso della seduta di giunta, spunta la stretta sulle spese di comunicazione e promozione di tutti gli assessorati regionali: una delibera che “centralizza” il controllo, sottoponendo la programmazione al «vaglio del governo regionale». La scelta, al netto delle perplessità di un paio di assessori (avvertite a livello di cellule maxillo-facciali), parte anche dalla considerazione che la prima idea di Schifani – un Osservatorio sulle spese sui media – è ritenuta «di difficile applicazione pratica». E dunque il governatore rompe il ghiaccio: «Sarà una responsabilità collegale». Non proprio un commissariamento del Turismo, ma un segnale di discontinuità per evitare scelte fai-da-te. «E altre porcherie», aggiunge un malizioso assessore ridacchiando.