Catania, il puzzle dei candidati sindaci ancora nel caos: ecco chi lancia chi

Di Mario Barresi / 14 Gennaio 2023
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Certo, Raffaele Lombardo resta il centro di gravità permanente della politica catanese. E se, col canone “baffocentrico”, provassimo a declinare la corsa per Palazzo degli Elefanti che di fatto s’è già aperta, verrebbe fuori un quadro pressapoco come questo: dopo aver rinunciato alla “pazza idea” (ma fino a un certo punto) di candidarsi in prima persona a sindaco di Catania, il leader autonomista nel centrodestra fa ritenere l’appoggio a Razza decisivo affinché il delfino musumeciano vinca dapprima il derby in Fdi contro Parisi (il nome preferito di Pogliese, nemico giurato dell’ex governatore) e poi la sfida finale contro Sudano, fortissimamente voluta dal vicepresidente leghista della Regione, Sammartino, altro arcinemico giurato; ma c’è anche Bianco, che non ha ancora sciolto la riserva sul grande ritorno, convinto, dopo un intimo faccia a faccia, che Lombardo possa sostenere la sua battaglia civica con almeno una super lista se non addirittura con l’eventuale impegno in giunta; anche Abramo, leader di Sant’Egidio – che potrebbe essere il collante per un fronte progressista con Pd, M5S e sinistra – continua a confidare nel potente sponsor autonomista, sempre più in contatto costante con Calenda: «Senza l’appoggio di Raffaele, io non mi candido»; per non dire di Cancelleri, pronto a scendere in campo senza il simbolo negatogli dal M5S, che nel «progetto aperto a tutti, senza preclusioni» gradirebbe anche l’ex presidente della Regione più volte evocato come alleato prima che il fronte giallorosso delle Regionali si frantumasse.

Raccontata così, ci sarebbe bisogno – oltre che di “uno bravo” – della versione più aggiornata di Google Maps per non perdersi nei meandri di Catania, la più grande città italiana alle urne nel 2023, uno dei 129 comuni siciliani al voto in primavera. Tardissima, visto che alla Regione si vocifera dell’11 giugno come data probabile. Ma ripartiamo da una narrazione non in versione “Pov” lombardiano. Nel centrodestra la tregua armata sotto l’Etna sta per finire. E fra qualche giorno si farà davvero sul serio. Matteo Salvini, in un hotel palermitano, giovedì sera ha dato la benedizione ufficiale alla deputata Valeria Sudano. «Abbiamo rinunciato a Palermo e Regione, per Catania abbiamo la proposta migliore», sostiene il leader nazionale della Lega. Preparato dai suoi alla controffensiva patriota: FdI, dopo la giostra fra Salvo Pogliese e i commissariamenti, vuole riprendersi a tutti i costi quello che diventerebbe il più grande comune amministrato dal partito della premier. Il nome di Pogliese resta Sergio Parisi. Che nel frattempo si muove bene fra salotti in riva al mare e ultras. Magari sognando l’endorsement del patron del Catania Ssd, Ross Pelligra, adorato dai tifosi e con molti progetti (non solo calcistici) in serbo per la città. Eppure, oltre a Pippo Arcidiacono, esperto amministratore, FdI ha altre carte da giocare. «Ma il candidato sarà un politico e non un esponente della società civile», l’ultimo orientamento che taglierebbe fuori uno stuolo di accademici e professionisti d’area. Non è dato sapere, però, se è ancora praticabile il progetto, concepito nelle stanze dei bottoni di Via della Scrofa, di lanciare a Catania il deputato Manlio Messina per poi proporlo come governatore nel 2027. Di certo c’è che l’ex assessore Ruggero Razza non disdegnerebbe di giocarsi la partita, magari con un’uscita allo scoperto last minute, confidando nella stima di Lombardo e nella lealtà di Marco Falcone, leader etneo forzista, che però ultimamente parla molto anche con Sammartino. Quest’ultimo, per Sudano, può contare sull’appoggio della Forza italia ufficiale, o di ciò che ne resta, di Gianfranco Miccichè e sullo storico legame con Totò Cuffaro, oltre che sulla disinteressata simpatia di Raffaele Stancanelli

Oggi a Catania rompe il ghiaccio il M5S. Il coordinatore regionale Nuccio Di Paola lancia la proposta di «un fronte alternativo al centrodestra che ha governato la città», senza chiudere la porta al Pd, ma con uno scambio di amorosi sensi (in corso ormai da mesi) con la sinistra.

 

 

Saranno presenti anche Nunzia Catalfo, l’ex ministra che fa battere il cuore a parte della gauche catanese, e Giancarlo Cancelleri. In pochi sanno che l’ex sottosegretario, qualche tempo fa, a Roma è stato a cena, assieme a Di Paola, con Giuseppe Conte. Che, sulla deroga al limite del doppio mandato, è come al solito evasivo. «Ne riparliamo». Il leader del M5S è invece chiaro su un altro punto delicato: «Non appoggeremo nostri ex portavoce che, per raggirare le regole, ci chiedono il sostegno come candidati di liste civiche». Cancelleri, come già chiarito a Telecolor, è intenzionato ad andare avanti lo stesso «con tutti quelli che vogliono starci». E allora il M5S ufficiale lavorerebbe, con o senza di lui, a un “modello Catania”. Assieme a Pd, la sinistra, con l’ipotesi di dialogare con Azione. Senza troppa puzza sotto il naso per Emiliano Abramo, candidato dem alle Politiche, che piace a parte di sinistra, ma anche al forzista acese Nicola D’Agostino e al leader nazionale Carlo Calenda, sempre più in contatto con Lombardo.

Paradossalmente, meglio ancora se senza il patron autonomista, ci starebbe anche Giuseppe Castiglione, deputato di Azione, che il sogno di Palazzo degli Elefanti lo accarezza da tempo. Ma, se i compagni di viaggio fossero tutti questi, sinistra e M5S avrebbero qualche perplessità sul (sin troppo) trasversale Abramo. Allora, con Catalfo fuori gioco e Gianina Ciancio non disposta a “degrllinizzarsi”, l’alternativa sarebbe Niccolò Notarbartolo.

Questo fronte sottovaluta però il “fattore B”. Oltre a osteggiarlo con forza. Enzo Bianco non ha ancora annunciato il suo ritorno in campo. Ma potrebbe farlo presto, al massimo ai primi di febbraio, se i sondaggi commissionati gli confermassero il consenso che, a pelle, ritiene ancora di avere. Ma sarebbe una partita diversa, quella del sindaco della “Primavera”: da civico, magari con sponde centriste (al netto delle sirene lombardiane, c’è anche la grande stima di Calenda stesso; e Cuffaro non ha mai smentito il dialogo in corso) e con l’apporto di testimonial di livello nazionale. E il Pd? Se ci fosse anche il suo sostegno, Bianco alla fine lo rifiuterebbe; ma, visti gli ultimi scambi di veleno con Anthony Barbagallo, non sembra aria. L’ex ministro dell’Interno – oltre a coinvolgere il candidato civico già in campo, Lanfranco Zappalà e quello che sembra sfumato, Angelo Pellicanò, gradito al movimento di Antonio Fiumefreddo -, potrebbe essere in grado di chiudere un accordo, grazie ai buoni uffici degli ex assessori dem Angelo Villari e Luigi Bosco, con Cateno De Luca. «È u megghiu sinnacu di Catania», l’estemporaneo lancio di “Scateno” (politicamente multitasking quasi quanto Lombardo) in un bar di piazza Montecitorio. De Luca, di cui è supporter  l’altro civico autocandidato, Riccardo Tomasello, ex presidente del comitato dei festeggiamenti agatini, pensa a «un candidato che farà saltare il banco».

Motori caldi anche a Siracusa. Dove, considerandolo un «dovere morale», si ricandida l’uscente Francesco Italia. Rivendicando di aver rifiutato un posto romano al sole, l’esponente calendiano ci riprova. Stavolta senza il “gemello diverso” renziano, l’ex sindaco Giancarlo Garozzo, con cui ha rotto in modo tanto burrascoso da farlo riavvicinare a un altro ex amico, l’ormai leghista Giovanni Cafeo. Ma, al di là delle questioni personali, i riflettori sono adesso puntati sul centrodestra che vuole riprendersi la città dopo un digiuno che dura ormai dieci anni. Il nome nel cilindro è quello di un altro vecchio inquilino del Vermexio: Titti Bufardeci. L’ex forzista è spinto da FdI: dopo l’incarico al Cga regionale, Bufardeci ha ripreso l’attività di avvocato ed è consulente giuridico del Comune di Avola, feudo meloniano dei Cannatas. Ma potrebbe essere finalmente arrivato il momento di Enzo Vinciullo. L’ex deputato regionale, sempre più insofferente dentro la maglietta della Lega sammartiniana, ha sempre un forte seguito in città e almeno due liste civiche già pronte. In Forza Italia, se nessuno pensasse a Stefania Prestigiacomo come candidata unitaria di prestigio (magari senza impallinarla com’è successo per Palazzo d’Orléans), l’unico spendibile resterebbe l’ex assessore regionale Edy Bandiera.

 

 

Più ingarbugliato il quadro dall’altra parte. Il Pd, che ha dichiarato guerra al segretario regionale Barbagallo, sembra spiazzato dall’evidente flirt in corso fra il M5S e la sinistra civica e ambientalista. In assenza di candidature suggestive (l’avvocato-scrittore Valerio Vancheri avrebbe rifiutato) e in cerca di qualcuna di prestigio (l’ex deputata Sofia Amoddio), potrebbe convergere nel fronte progressista a trazione grillina. Qui lo storico leader Stefano Zito ha lo stesso tabù di Cancelleri e Catalfo a Catania: il limite dei due mandati. E allora, se non un civico, potrebbe venire fuori l’ex deputato Paolo Ficara, che a Roma s’è fermato al primo giro. «Sarebbe un gran bel nome», chiosa il coordinatore regionale Di Paola.

Anche a Ragusa l’uscente si ricandida. Ma stavolta, precisa Peppe Cassì, «senza simboli di partito». Cinque anni fa l’unico a suo sostegno era quello di FdI. E dunque «l’assurdo ostracismo» di cui parla Giorgio Assenza, capogruppo meloniano all’Ars, è la risposta alla “tiro da tre” solitario dell’ex campione di basket. Che ora prepara il cartello delle sue liste civiche del quale il centrodestra non vuole fare parte. Il segretario regionale della Lega, Nino Minardo, e il deputato di FdI Salvo Sallemi hanno siglato un patto di ferro. Ma ora arriva la parte più difficile: chi lanciare come alternativa a Cassì? Il patriota più attivo in città è Alessandro Sittinieri, ma c’è chi pensa sia meglio riproporre l’imprenditore Maurizio Tumino, già in campo nel 2018, o il segretario leghista Salvo Mallia. Ma sul nome più accreditato, quello in cima soprattutto alla playlist meloniana, c’è soltanto l’identikit: un «avvocato vicino al nostro mondo». Oppure, nel mood del “tutti parlano con tutt”, il centrodestra ibleo potrebbe ritrovarsi su un altro civico già di fatto in lizza: l’avvocato Riccardo Schininà. Che, col suo movimento GenerAzione, dialoga senza barriere. E piace anche al Pd. «Lavoriamo a una coalizione aperta, dialogando con tanti movimenti e anche con i grillini», certifica il deputato regionale Nello Dipasquale. Schininà? «Un bel nome, ma non certo l’unico possibile». Magari alla fine il fronte progressista potrebbe unirsi sull’«idea di candidare una donna in gamba» esternata da Stefania Campo, deputata del M5S all’Ars.

 

 

Più definito, infine, il quadro a Trapani. L’uscente dem Giacomo Tranchida punta dritto alla rielezione. Per ostacolare il cammino il centrodestra potrebbe schierare Maurizio Miceli, con la primogenitura di FdI e l’appoggio degli Autonomisti, in attesa che finisca la faida forzista. L’altra sfidante sarebbe Francesca Trapani del M5S, battagliera oppositrice di Tranchida in questi ultimi cinque anni.

Twitter: @MarioBarresi     

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Pubblicato da:
Carmela Marino
Tag: amministrative cancelleri candidati catania elezioni enzo bianco lombardo palazzo degli elefanti parisi pogliese ragusa salvini siracusa sudano trapani