(Cronaca delle puntate precedenti: Matteo Renzi, dimenticando di essere stato premier, rispolvera il progetto per ragioni politico-editoriali; in contemporanea Dario Franceschini, capo delegazione del Pd nel governo, annuncia che l’alta velocità arriverà in Sicilia, ammettendo implicitamente che ci vuole qualcosa in mezzo allo Stretto per far correre i treni; le opposizioni sono d’accordo e incalzano il governo, Forza Italia rivendica lo ius primae noctis del progetto e persino Matteo Salvini dice che l’opera «si deve fare»; il governatore Nello Musumeci sfida Roma: «Niente comunicati, ma fatti e atti. Commissario nazionale, si usi il modello Genova»).
E poi arriva lei, Giancarlo Cancelleri, che è viceministro alle Infrastrutture, e dice: «Parlarne oggi è l’ennesima burla, prima c’è altro da fare». Insomma, il Ponte lo vuole o non lo vuole?
«Arrivo io e non dico che il Ponte non si debba fare o che non si farà. Ripeto ciò che ho sempre detto: ci sono altre priorità. Bisogna concentrarsi sulle opere per cui possono subito partire i cantieri. Lo ripeto: tornare a parlare di Ponte rischia di diventare l’ennesima beffa per il Sud e per l’Italia intera».
La Sicilia, in tema di infrastrutture, è campione mondiale di burle subite. Ma perché rilanciare oggi il progetto del Ponte è una beffa?
«Perché ci sono cento miliardi dei contratti di programma di Anas e Rfi pronti a essere spesi per per opere impantanate nei meandri degli uffici. Il Sud ha il primato per le infrastrutture più obsolete, pensiamo subito a mettere in sicurezza ponti, gallerie, strade esistenti e a realizzare le opere già finanziate, ma bloccate dalla farraginosa burocrazia. Sblocchiamo questi soldi, rimettiamo in moto l’Italia e poi, velo prometto, pure io comincerò a discutere del Ponte sullo Stretto».
«Prima c’è ben altro da fare». Questa frase s’è sentita tante volte. Ma non è che il “benaltrismo” è l’alibi per non realizzare l’opera?
«Questo lo dice anche Musumeci rispondendo fra le righe alla mia nota. Ma non è assolutamente così. In questo momento preferisco concentrarmi sulle cose che possono dare immediate risposte al Paese e alla Sicilia. Non voglio farmi distrarre da temi che, magari affascinanti e suggestivi, soprattutto in questo momento storico, rischiano di sembrare utopistici o, nella peggiore delle ipotesi, delle prese per i fondelli…».
Eppure dopo il revival letterario di Renzi e l’apertura del ministro Franceschini il tema è sul tavolo del governo. Anche se s’è notato il silenzio di Conte e della ministra De Micheli…
«Può anche essere un tema di cui si discuta nel governo. Una discussione approfondita per una scelta che dovrà comunque essere collegiale. Ma è inutile, oggi, fare a gara a chi fa promesse più faraoniche o a chi crea illusioni più grandi. Il Ponte, come opera singola, non fa parte delle priorità. Certo, è chiaro che se arrivano dall’Ue 30 miliardi per portare l’alta velocità in Calabria e poi fino a Palermo e Catania il discorso entra in un altro contesto».
Anche perché i Freccia Rossa, pur correndo a 300 all’ora, non volano. E lo Stretto dovranno pur oltrepassarlo in qualche modo…
«Ecco, questo semmai sarà il tema. Quando i fondi per l’alta velocità ce li avremo in tasca, l’attraversamento dello Stretto diventerà un argomento concreto. E le assicuro che in quel momento anche io e il M5S saremo pronti a parlare di Ponte, così come di qualsiasi altra soluzione alternativa. Il giorno in cui l’opera sarà funzionale a un progetto più ampio, allora faremo la scelta migliore».
Ricevuto: ne riparleremo. Cambiamo argomento. Ha appena concluso un sopralluogo, con diretta social in stile “Quark”, al cantiere del viadotto Himera. Promettendo che il 31 luglio sarà lì a inaugurarlo. Non è che anche questa è una burla?
«Assolutamente no. I lavori proseguono a ritmo serrato. Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto una riunione sul varo: fra il 10 e il 15 giugno i conci del viadotto saliranno in quota con delle gru da 500 tonnellate. Il 31 luglio l’Himera sarà aperto al traffico. E io sarò lì. Non per tagliare il nastro, ma per mettere fine a una vergogna di un cantiere che ha umiliato i siciliani».
Il 31 luglio è la data fornita dall’Anas. L’assessore regionale Falcone, evidentemente scettico, ha detto che se si dovesse avverare, lui si dimetterà.
«Si sarebbe già dovuto dimettere per la mancata messa in sicurezza della montagna che è franata, l’unica causa del crollo del viadotto sulla quale la Regione continua a non fare niente, così come sulla strada provinciale 24 per Caltavuturo. Anche qui il 31 luglio è una data storica: quel giorno nel 2015 s’inaugurò la “trazzera grillina”, con i soldi delle nostre restituzioni , dell’Ars, percorsa ancora dai cittadini abbandonati dalla Regione».
In molti sono convinti che Falcone vincerà la sua scommessa…
«È una stupida scommessa al contrario, un candelotto di dinamite sul cantiere. Il 31 luglio io sarò sul viadotto a riaprire un’opera che ha avuto dei ritardi scandalosi e poi una corsia preferenziale dal mio insediamento al Mit. Ma chiederò scusa ai siciliani, per conto dello Stato. Anche altri dovrebbero farlo, per la Regione. E quel giorno non sarò io a invocare le dimissioni di Falcone: saprà cosa fare. Sarà lui a doversi assumere le responsabilità per non aver fatto gioco di squadra».
Altro che gioco di squadra. Regione e Anas ormai sono al «ci vediamo in tribunale»…
«Da viceministro non voglio entrare nel merito tecnico della questione. Ma una cosa, sull’aspetto politico, voglio dirla: Musumeci e Falcone montano il teatrino mediatico subito dopo gli arresti dei loro dirigenti per le mazzette nella sanità. Siamo alle solite: un’arma di distrazione di massa per parlare di Anas e far dimenticare le pesanti colpe, loro e di Razza, sulle nomine di personaggi colti con le mani nella marmellata. Ma è l’ennesima, inutile, foglia di fico: i siciliani li hanno già sgamati da tempo…».
Twitter: @MarioBarresi