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Bronte: lo scettro del Regno del Pistacchio, una diaspora fra i “nipotini” di Pino

Bronte: lo scettro del Regno del Pistacchio, una diaspora fra i “nipotini” di Pino

Di Mario Barresi - Nost |

BRONTE – Se fosse davvero uno scettro da cedere per via dinastica, quello del Regno dell’Oro Verde, allora sì che l’erede sarebbe già pronto: Carlo Maria Castiglione, 20 anni, studente di Giurisprudenza a Catania. Figlio di Giuseppe, sottosegretario all’Agricoltura. E nipote prediletto di Pino Firrarello. Ras democristiano a cavallo fra gli anni 80 e ‘90, poi fiduciario di Silvio Berlusconi in Sicilia, adesso ascoltatissima eminenza grigia Ncd; ma soprattutto svariate volte sindaco di Bronte, le ultime due delle quali nell’ultimo decennio. Il limite del doppio mandato – anche qui all’ombra del Vulcano, dove non si muove foglia che ‘u zu’ Pino non voglia – impone però al primo cittadino di passare la mano. Ma il principe ereditario («gli altri, Andrea e Paolo, non ne vogliono sapere, Carlo è l’unico che vuole fare politica anche se io non ero d’accordo», dice il padre, braccio destro di Angelino Alfano) è ancora troppo giovane. Un Trota gratinato al pistacchio? Uno Squaletto in stile Toti Lombardo? «Un ragazzo in gamba, molto umile», ribattono i colleghi universitari che condivono l’impegno politico. E così il voto del dopo-Firrarello segna l’esordio del nipotino, già baby-sindaco nel 2007 da alunno della scuola media “Castiglione” durante la penultima sindacatura di nonno Pino, leader di una delle liste che sostengono l’uomo designato alla successione.  

«Sono fiero di essere il figlio di Castiglione e il nipote di Firrarello, ma io sono… io», ha rivendicato il diretto interessato nel corso della presentazione dei candidati. Tutti giovanissimi, messi assieme, uno per uno, personalmente.  

Ma Carlo non è solo. Non tanto nel senso del sostegno elettorale (che di certo non gli mancherà), quanto nel legame con la Dynasty brontese. Perché, al netto di sparutissime eccezioni, quasi tutti quelli che vogliono succedere a Firrarello sono suoi “discendenti” politici. Allevati col bastone e la carota, in un dividi et impera da manuale per mantenere il potere, ma che alla lunga crea aspettative, anche in chi non è all’altezza, difficili da soddisfare. Oggi fieri rivali, ma in un passato più o meno recente alleati, sodali, consiglieri, assessori, vicesindaci di Firrarello. O loro figli. Perché a Bronte, non soltanto in casa di Firrarello e del genero Castiglione, la politica è una questione di famiglia. Basta scorrere gli alberi genealogici delle liste, per rendersene conto.  

Il candidato della continuità è Salvo Gullotta, presidente del consiglio comunale nell’ultimo lustro. «S’era pensato di fare le primarie fra un gruppo di potenziali candidati – è la versione di Castiglione – poi però si sono messi d’accordo e hanno scelto Gullotta». Il quale, sussurrano, è anche il prediletto di Firrarello. Una sorprendente coincidenza, che concilia il gradimento dell’uscente con l’autoselezione degli aspiranti. Gli altri, per la cronaca, erano il vicesindaco Nunzio Saitta e gli assessori Biagio Petralia, Mario Bonsignore e Maria De Luca, oltre che due ex vice del passato, Gigi Saitta e Melo Salvia, pronti a tornare in campo. Ma il testimone è passato a Gullotta, stimato medico, che parte come favorito. Punta a vincere al primo turno, anche se stavolta – senza Firrarello in prima persona – il ballottaggio è uno scenario possibile. Sarebbe un salto nel buio, un referendum sull’ultimo decennio di storia brontese. Tutti devoti tutti? Così dicono, così sembra. Anche se c’è qualche mal di pancia, fra gli uscenti esclusi nella prima, parziale, lista degli assessori. Poi si vedrà; adesso tutti in giro a cercare voti.  

Seggiole, poltrone, questioni di famiglia. Con Firrarello o contro di lui. Il leit motiv è dappertutto. Anche nel più accreditato sfidante di Gullotta: Graziano Calanna, giovane avvocato, consigliere comunale da 10 anni. Nell’ultimo quinquennio è stato un fermo oppositore del sindaco uscente. Ma non è stato sempre così. Perché il padre Nunzio, già deputato regionale e consigliere provinciale, era un fedelissimo di Pino, tanto da fargli da vice nella sindacatura in cui Firrarello stava a Roma per 2-3 giorni a settimana per gli impegni da senatore. Poi il rapporto si ruppe. Perché il figlio Graziano fece altre scelte trascinando il padre, dicono. Ma qualcuno sottolinea anche la mancanza di spazio nell’entourage firrarelliano.  

E così Calanna junior oggi è il candidato di un centrosinistra ricompattato sul suo nome. C’è il Pd. Che l’ha proposto, con il deputato regionale Anthony Barbagallo come sponsor principale, con un doloroso slalom per evitare le primarie. In ballo c’era anche il segretario locale, Enza Meli, che non l’ha presa benissimo. E gli screzi nei dem sono la riedizione à della diaspora socialista, a Bronte. Perché se Firrarello è stato il Don Camillo, per decenni a lui s’è contrapposto (ma talvolta anche alleato), da Peppone, Turi Leanza, sindaco dal 2002 al 2004, che col Psi fu anche vicepresidente della Regione. Suo figlio Antonio, altro aspirante sindaco che poi ha fatto un passo indietro, è fra gli assessori designati dall’altro figlio d’arte Calanna. Che è riuscito a mettere dentro Il Megafono e Sicilia Democratica. E, in una riuscitissima réunion del centrosinistra, c’è anche l’Udc. Spezzando così, in casa Firrarello-Castiglione, il patto fra centristi e Udc che altrove ha partorito Area Popolare. Con un imbarazzato segretario regionale Giovanni Pistorio, sul palco del comizio di presentazione – assieme, tra gli altri, a Beppe Lumia – costretto a riconoscere «la statura amministrativa dell’amico Pino» per poi sorbire un gelato al bar della piazza assieme all’alleato (a Roma) Castiglione, ora avversario a Bronte.  

«Una scelta lienare – rivendica Pistorio – dettata dalla coerenza, perché i nostri consiglieri hanno fatto opposizione negli ultimi anni a Firrarello. La decisione conseguente e fisiologica era appoggiare un candidato opposto a lui». Non è proprio così, sibilano i sodali del sindaco uscente. Ricordando che l’Aventino anti-Pino scattò dopo la delusione del consigliere dell’Udc, Giuseppe Di Mulo, che aspirava a diventare assessore in un mini-rimpasto. Perché poi spesso sono le piccole questioni a condizionare le grandi scelte.   Come il tradimento (politico) che ha molto addolorato Firrarello: quello di Aldo Catania, coccolatissima macchina da voti e presidente del Consiglio firrarelliano, che decise di andare con Raffaele Lombardo. E di sfidare, consumando un rito edipico, il suo padre politico da candidato sindaco (sconfitto) nel 2010. Adesso Catania, funzionario Asl, già consigliere provinciale con l’Mpa, conosciutissimo e ben voluto in paese, ci riprova. Sotto l’egida di Forza Italia, con il sostegno dell’ex deputato regionale Franco Catania, con alcuni pezzi di autonomisti, tra i quali non c’è l’ex sindaco Mario Zappia, che «stavolta se la guarda dalla finestra», dicono. E con una mossa niente male: schierare, fra gli assessori, Pippo De Luca. Un’altra pecorella smarrita dell’ovile firrarelliano, ex sindaco di Maletto. Ma, soprattutto, fratello di Maria, assessore uscente di Firrarello designata ora anche da Gullotta. Anche qui una questione di famiglia.  

Chi prova ad affrancarsi da questa logica è Nuccio Biuso, ex consigliere dell’Udc, già da un paio d’anni in campagna elettorale all’insegna dell’inversione di rotta. Dal sindaco in carica ha ereditato ben poco: soltanto un ex assessore, Damiano Ferrara (ma a Bronte è quasi impossibile non essere stati firrarelliani).  Da un altro avversario, Catania, ha ereditato il posto nel ufficio ticket e invalidità dell’Asp, che evidentemente porta bene a chi vuol far politica.  

E poi i grillini. L’unico elemento di autentica novità. Quasi marziani atterrati nella Ducea di Nelson. Una lista di volti nuovi e di attivisti agguerriti, con un candidato sindaco vissuto negli ultimi anni a Roma. Davide Russo, esperto di progettazione e di fondi europei, promette un totale cambiamento rispetto al passato e una pioggia di risorse comunitarie. Ma a qualcuno non piace. E non solo perché non è conosciuto. Ben cinque gli episodi di intimidazione denunciati dal Movimento 5 Stelle. All’inizio due dvd di un film porno, “Anni di piombo”, che in mezzo ad amplessi vari ha un inizio e un finale con la stessa scena: un’auto che esplode. Una potenziale goliardata erotico-politica, che però ha più di un seguito.  

Prima una lettera per “scoraggiare” il movimento, che a quel punto chiama la guardia di finanza. Denuncia non passata inosservata, visto che a stretto giro di posta arriva un altro avvertimento: «Merda chi se la fa con i finazieri. Loro hanno le pistole, ma noi abbiamo i mitra». Un crescendo che arriva fino a maggio, quando a Russo viene recapitata una busta con dentro un bossolo. Ce n’è abbastanza per organizzare una manifestazione di solidarietà con lo stato maggiore nazionale e regionale dei grillini in piazza. E un comizio in cui, alla presenza del sindaco uscente fra la folla, il senatore del M5S, Mario Giarrusso parla di «collusioni con la mafia» facendo un chiaro riferimento all’establishment che non gradisce l’intrusione grillina.  

Firrarello non la prende bene. E riservandosi querele, chiede (e ottiene) dal prefetto la convocazione di un comitato per l’ordine pubblico. Ed è forse la sicurezza, il tallone d’Achille dell’amministrazione uscente.  

Se magistrati e forze dell’ordine hanno decimato i boss brontesi, i cittadini lamentano l’ingombrante presenza «di una quindicina di cani sciolti, che tutti sanno chi sono». Furti nelle campagne e nelle abitazioni i reati diffusi e non sempre denunciati. Firrarello, da parte sua, rivendica 198 milioni in 59 opere, l’ultima delle quali è la caserma dei carabinieri inaugurata con emozione ieri. Il bilancio è fra i più solidi dei Comuni siciliani, grazie anche alle royalties delle perforazioni (2,5 milioni nel 2014) garantiti da una legge promossa dal genero Castiglione quand’era assessore regionale all’Industria. Si punta sul pistacchio, in attesa del consorzio di tutela, e sulla frutticultura (pere e pesche soprattutto), con la piccola industria tessile in crisi col declino della celebre Bronte Jeans che cuciva per le marche più in voga. Ma è il turismo – con un polo fra Etna, parchi, Castello Nelson e pinacoteca del Collegio Capizzi – il progetto che resta in eredità al prossimo sindaco.  

Piero Martello, presidente della sezione Lavoro del Tribunale di Milano, uno dei figli più illustri di Bronte, legato al paese da attività benefiche e culturali («anche se qui vengo di tanto in tanto», perché la città del pistacchio va presa in dosi omeopatiche»), pensa alle nuove generazioni: «Si deve investire sulla formazione culturale dei giovani, vittime di un finto buonismo che li danneggia. Se fossi sindaco, instaurerei un dialogo continuo con i presidi, stimolandoli a fare sempre di più». Per il giudice Martello una delle priorità è «ricostruire il tessuto civile, la vita di comunità». Magari ripartendo dalla famiglia. La vera protagonista di queste elezioni. Nelle quali un po’ tutti, per un un motivo o per un altro, sono “nipotini” di Pino.

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