I numeri usciti dalle urne domenica sera non lasciano spazi a molti dubbi. Alla Camera (Sicilia 1) Noi con l’Italia-Udc si è fermata al 2,99%, e all’1,77 (Sicilia 2). Al Senato la cifra arriva al 2,2%. Non è andata meglio a Civica popolare, sorta dopo il ritiro di Angelino Alfano che al suo movimento originario (Ncd) aveva dato negli ultimi anni un’impronta fortemente di centro. Alla Camera (Sicilia 1, 0,38% Sicilia 2, 0,59. Al Senato solo lo 0,58%, i numeri di Lorenzin.
Un elettorato quello centrista, tutt’altro che volatile. Ampiamente consolidato, con radici profonde e consenso strutturato. In grado di resistere negli anni ai passaggi ciclici delle coalizioni e delle varie stagioni della politica. Riduttiva come spiegazione anche quella legata all’affievolimento di assistenzialismo e strutture clientelari dettato dalle minori risorse della politica.
Solo qualche mese fa, in occasione delle ultime Regionali, lo stesso mondo di riferimento aveva fornito un contributo importante all’elezione di Nello Musumeci a Palazzo d’Orleans. I post-democristiani erano presenti con due liste, Idea Sicilia-Popolari e Autonomisti e Unione di Centro- Sicilia vera-Libertas Rete Democratica. Nella prima sono stati eletti a Palermo due degli attuali assessori regionali Roberto Lagalla e Toto Cordaro. Solo nel territorio di Palermo e provincia, la percentuale fu dell’8.5 %, ma risultati positivi e voti non mancarono neanche nelle altre province. Fino a giungere al rispettabile risultato finale del 7% (136.520 voti). Un traguardo che fu centrato pienamente in Sicilia anche dall’Udc di Cesa (134.124 voti pari al 6,9%
Alle Politiche erano candidati nelle liste di Noi con l’Italia -Udc anche i due assessori regionali Mariella Ippolito e Roberto Lagalla. Ma non è bastato. Rimane fuori nell’uninominale, nel collegio di Monreale l’ex ministro all’Agricoltura Saverio Romano, battuto dal grillino Giuseppe Chiazzese, che ha salutato così su fb il suo elettorato: «Grazie a tutti quelli che insieme a me ci hanno provato. Abbiamo fatto un grosso risultato ma il crollo del Pd ha favorito il voto al M5S. La politica si fa anche fuori dalle aule parlamentari, coraggio , rispettiamo il voto democratico e rimbocchiamoci le maniche».
A spiegare il gap tra il voto centrista delle regionali e quello di domenica scorsa incide anche la mancanza del voto di apparato nei territori messo in campo dal ricorso alla singola preferenza, presente alle regionali e assente domenica scorsa. La distanza cioè tra l’elettorato e il territorio che per i centristi ha finito col pesare di più.
Il Rosatellum, tra collegi e quote plurinominali ha reso l’impatto della campagna elettorale ridotta ai minimi termini. Comizi e manifesti per le strade erano diminuiti anche in occasione delle Regionali, ma per l’appuntamento delle Politiche, il deficit di comunicazione, ha finito con l’incidere maggiormente.
A confermarlo il vicepresidente dell’Ars Roberto Di Mauro: «Questo risultato risente degli effetti della legge con cui si è votato, ma anche di un progetto che è cominciato in ritardo. Il percorso delle regionali, che ha dato un risultato dignitoso era stato costruito per tempo. Stavolta le liste sono state completate a meno di 24 ore dalla scadenza. All’esterno il simbolo e l’idea non sono stati sufficientemente individuabili» Il leader autonomista poi aggiunge: «La preferenza va utilizzata anche per le Politiche, è un veicolo di coinvolgimento. Risultato a parte, in ogni caso – conclude Di Mauro – la combinazione tra l’area centrista e il mondo autonomistico ha pienamente ragione di esistere ancora in Sicilia».
La collettivizzazione del voto attraverso i simboli avrebbe dunque spersonalizzato la politica 2.0, privando oggi di quel lievito essenziale di piazze e associazioni, il serbatoio elettorale democristiano di una volta.
Deluso in parte anche Roberto Lagalla, assessore regionale alla Formazione: «Si è votato il brand, non si è scelto di unire il territorio alla persona. È emersa una protesta generalizzata e diffusa. Le Regionali hanno dimostrato l’affidabilità di un proposta moderata e centrista. Questo mondo comunque non finisce con il voto di ieri».