La proposta di legge sul regionalismo differenziato, presentata dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sen. Roberto Calderoli, alla Conferenza delle Regioni, mira a dare attuazione all’art. 116, terzo comma della Costituzione, ma, sebbene ancora in bozze, impone di valutare con molta attenzione il percorso da intraprendere nella riforma delle istituzioni regionali. Come sottolineato da giuristi e politici meridionali, senza una puntuale determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e dei relativi costi standard – la cui quantificazione nel progetto diviene sostanzialmente eventuale e vincolante solo se adottata entro 12 mesi – , ma anche della perequazione infrastrutturale, la riforma rischia di generare discriminazioni tra Regioni, soprattutto in pregiudizio di quelle del Sud.
Una differenziazione senza individuazione di tali parametri procede secondo la cosiddetta spesa storica, il che avvantaggia le aree più ricche della Repubblica trasferendo loro nuove funzioni con maggiori risorse finanziarie disponibili. In un Paese socialmente, economicamente e territorialmente divaricato come l'Italia, che dopo più di 160 anni non è riuscito a recuperare un divario aggravato dalla concatenazione delle crisi degli ultimi anni, registra così il più grande fallimento dello Stato unitario (al contrario di quanto avvenuto in Germania, ad esempio). È, quindi, di tutta evidenza che non possa prescindersi da interventi di riequilibrio propri dei modelli di governo multilivello, con il conseguente abbandono dei criteri di spesa stratificatasi sui territori nel tempo e per le più svariate ragioni.
Peraltro, nell’accordo stipulato tra Regione e ministero dell’Economia il 16 dicembre scorso è stata concordata, prima tra le Regioni speciali, la partecipazione della Sicilia ai lavori della Commissione tecnica per i Fabbisogni standard con propri rappresentanti “per la rilevazione dei fabbisogni e dei costi standard nonché, in un'ottica condivisa e nel rispetto delle prerogative costituzionalmente riconosciute, per definire le capacità fiscali, i livelli essenziali delle prestazioni, gli obiettivi di servizio della Regione e dei propri enti locali». Quindi, per quanto concerne la nostra Regione, la questione della predeterminazione dei Lep non è in alcun modo superabile dallo Stato senza violazione dell’accordo intercorso. Per quanto concerne, poi, le autonomie speciali, e tra queste la Regione siciliana, occorre valutare l’incidenza del principio della parallela estensione di competenze (con conseguente attribuzione di risorse) per scongiurare disallineamenti incompatibili con il concetto stesso di specialità (art. 10 legge costituzionale n.3 del 2001, cosiddetta “clausola di maggior favore”). Ma sul punto vi sono orientamenti divergenti che vanno certamente chiariti proprio in questa fase. Ma per quanto riguarda l’incidenza della proposta sulla nostra Regione vi è un ulteriore e dirimente elemento ancora non adeguatamente ponderato. Il progetto ministeriale non considera del tutto la condizione di insularità che, dopo la pubblicazione della modifica costituzionale dell’art. 119 (legge costituzionale n. 2/2022), è divenuta parametro ineludibile per l'intero impianto della proposta normativa, ed in special modo con l'art. 8 che detta disposizioni sulla perequazione infrastrutturale.
L'art. 116, terzo comma della Costituzione, che consente le forme del regionalismo differenziato, prevede, infatti, che esso sia attuato «nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119». E tale norma, a seguito dell’inserimento appena operato, oggi contempla il «diritto costituzionale dell’insularità» come definito efficacemente da Tommaso Edoardo Frosini. La norma costituzionale che riconosce le peculiarità delle Isole e individua come prioritario il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità rende imprescindibile la predeterminazione di specifici livelli essenziali delle prestazioni che debbono considerare compiutamente il fattore insulare ed i suoi costi (già determinati per la Sicilia, sulla base dell’analisi predisposta dalla Regione, in 6 miliardi di euro annui, quantificazione poi approvata dalla Commissione paritetica, e quindi ormai vincolanti per lo Stato).
Quindi, il progetto sul regionalismo andrà integrato con misure compensative necessarie per garantire la continuità territoriale, la fiscalità di sviluppo e la perequazione infrastrutturale, quali parti integranti del percorso del regionalismo differenziato. Ricordava Karl Popper, tra i protagonisti del pensiero liberale del ‘900, che «le istituzioni sono come fortezze: esse devono essere ben progettate e gestite» (La Società aperta ed i suoi nemici, I, Platone totalitario, Roma, 1996, 162), altrimenti ci si assume la responsabilità di aggravarne le purtroppo evidenti patologie e disfunzioni, che poi pagano cittadini ed imprese.