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L'inchiesta

Ast, ecco il piano di smantellamento. «Per i privati un affare da 1,5 miliardi»

Trasporto pubblico in Sicilia. Autobus sempre più vecchi non sostituiti né riparati, corse urbane dismesse a favore della concorrenza. E all’orizzonte il bando per nove anni col finale già scritto

Di Mario Barresi |

La cronaca di questi giorni è scandita da scene da Quarto Mondo, con i genitori degli studenti pendolari siciliani costretti a trasformarsi in autisti per sopperire all’ammutinamento della sgangherata flotta di autobus dell’Ast e le aziende private che diventano salvatrici della patria (e della faccia) subentrando in corsa per assicurare, grazie al tempestivo intervento della Regione, le stesse tratte di fatto soppresse senza preavviso.

Ma questa non è la solita falla dei servizi pubblici in Sicilia. La lenta strada verso l’eutanasia dell’Azienda siciliana trasporti, al di là degli annunci di una ricapitalizzazione con molte ombre, parte da molto lontano. E anche lo scenario del dopo Ast, con la spartizione delle spoglie fra i gruppi privati, è già all’orizzonte. A partire dal bando per il trasporto pubblico locale extraurbano. In tutto quattro lotti (corrispondenti ai bacini Palermo-Trapani, Agrigento-Caltanissetta-Enna, Messina e Catania-Ragusa-Siracusa) per un totale di 52 milioni di chilometri annui per nove anni. Il «valore complessivo stimato» è pari a circa 819 milioni. Che sono il risultato della moltiplicazione della percorrenza complessiva per il costo di 1,75 euro al chilometro, «comprensivo – si legge nel bando – di corrispettivo e ricavi da traffico, al netto di Iva». Una dizione che, letta dagli addetti ai lavori a livello nazionale (come ad esempio alcuni esponenti di Agens, una delle associazioni di categoria più rappresentative), viene definita come «ambigua». Perché, se la voce «ricavi del traffico», ovvero lo sbigliettamento, fosse compresa negli 1,75 euro , il prezzo offerto dalla Regione sarebbe fuori mercato: non converrebbe a nessuno.

Costo a chilometri più base d’asta: 1,5 miliardi

«La vera posta in gioco, invece, è un di almeno un miliardo e mezzo, roba da fare impallidire gli affari dell’allegra gestione immobiliare della Regione nell’era Cuffaro», scandisce Pippo Lombardo (Sud chiama Nord), uno dei pochi deputati regionali che ha più volte denunciato «un piano preordinato per smantellare l’azienda pubblica e favorire i privati». Secondo Lombardo, ma anche altri tecnici che sanno leggere fra le righe del bando, agli 819 milioni in palio, infatti, bisogna aggiungere i ricavi dei biglietti. Pari, secondo alcuni dati interni di Ast, a 0,90 euro al chilometro per le tratte meno remunerative; dato che sale fino a 3 euro per le linee Catania-Palermo o Catania-Messina. Stimando una media ponderata di 1,30 euro per 52 milioni di chilometri per nove anni si arriva a oltre 600 milioni. Che, sommati agli 819 a base d’asta, arrivano quasi al miliardo e mezzo di cui parla il deluchiano Lombardo.Sarà per questo misunderstanding che alla gara europea per il servizio di autobus in Sicilia, potenzialmente attraente per decine di imprese non solo nazionali, si registrerebbe un numero di partecipanti che si conta nelle dita di due mani o poco più? Certo, la procedura comunitaria della Regione non ha brillato per trasparenza. Soprattutto in una fase cruciale dell’iter: il “documento per la consultazione dei soggetti portatori di interesse”. pubblicato lo scorso 11 luglio. Con scadenza-flash: il 17. Appena sei giorni, col weekend nel mezzo. Per chiedere o depositare montagne di carte.

Carta (Mpa) chiede le carte

«In qualità di presidente della commissione Trasporti all’Ars – rivela Peppe Carta (Mpa) – ho chiesto all’assessorato tutta la documentazione relativa al bando, ma mi è stato risposto che non possiamo averla. Ho reiterato l’istanza, perché il parlamento siciliano ha il diritto di vederci chiaro su una vicenda così importante». Magari le carte arriveranno prima di mercoledì prossimo, quando alle 11 è prevista la seduta della commissione con all’ordine del giorno “servizi Ast”. Staremo a vedere.Il punto, però, è un altro. Il governo regionale può legittimamente decidere di “privatizzare” il trasporto pubblico locale (del resto il presidente Renato Schifani ha più volte annunciato la medesima linea sugli aeroporti siciliani), ma mente sapendo di mentire quando per Ast parla di «risanamento aziendale» o di «costruzione di un percorso che punti all’efficienza, alla qualità dei servizi e alla salvaguardia dei lavoratori». Negli ultimi anni, infatti, l’azienda partecipata al 100% dalla Regione, già sopravvissuta all’Opa diabolica di Antonello Montante, è stata oggetto di un progressivo smantellamento che l’ha di fatto messa fuori dal mercato. Al banchetto del bando regionale, infatti, l’Ast parteciperà con il ruolo di mendicante che deve accontentarsi degli avanzi: le tratte “sociali”, quelle meno remunerative per i privati, da gestire con la futura trasformazione in società “in house” della Regione. Da quasi monopolista del trasporto siciliano (15,8 milioni di chilometri nel servizio extraurbano e 2,8 in quello urbano con 550 mezzi nel 2022) a cenerentola dei bus siciliani. E ciò per un circolo vizioso: più l’azienda perde competitività, più deve lasciare spazio alla concorrenza. Fino ad autodistruggersi.

Saltate 3.800 corse a luglio

Soltanto a luglio sono saltate 3.800 corse Ast. Questo il dato ufficiale, ma in realtà l’ufficio movimenti ne ha riscontrate almeno mille in più e il trend è da tempo costante ogni mese. Ma le somme percepite a titolo di “contributo di capitalizzazione”, che serve per coprire le perdite (circa 22 milioni l’anno, ndr), rimane invariato a fronte di minori spese per carburante, gestione e altro. «Quindi, a parte i disservizi, quanto spreco di denaro pubblico non viene calcolato? Parlano di utili aziendali – rivela una fonte interna all’Ast – ma in realtà possiamo parlare di cresta sulla spesa a scapito degli utenti».Un esempio lampante riguarda proprio i servizi urbani. L’attuale vertice di Ast ha deciso di dismetterli perché ritenuti deficitari e dunque decisivi per il default dei conti della società, ma molte di queste linee erano (e rimangono) in perfetto equilibrio economico, al netto del contributo integrativo dell’assessorato all’Economia sui servizi «a carattere sociale».

I casi, numeri alla mano

Ecco alcuni casi, numeri alla mano, di servizi urbani abbandonati da Ast su cui si sono fiondatati i gestori privati, che evidentemente li considerano ben remunerativi. A Siracusa è subentrataa Sais Autolinee, dal 17 aprile 2023, con un affidamento di 24 mesi nelle more della maxi-gara regionale per nove anni: 2.437.000 euro annui, con un contributo di 300mila euro del Comune (sempre negato adAst) per 1.050.286 chilometri, con 19 bus di cui 7 sono di Ast, messi a disposizione del nuovo gestore. Se si sommano i fondi regionali e comunali si arriva a 2,33 euro al chilometro, più di quanto pagato in passato ad Ast. A Ragusa la staffetta è fra Ast ed Etna Trasporti. Affidamento di 18 mesi al costo di 1.242.518 euro, compreso un contributo integrativo del Comune (in passato non riconosciuto all’azienda pubblica) per un totale di 600mila chilometri a un prezzo aumentato di circa il 30’%: 2,07 euro al chilometro. Ad Acireale da aprile scorso è subentrata la Zappalà&Torrisi: 24 mesi di contratto per 504.950 euro, compreso il contributo comunale (in questo caso già riconosciuto ad Ast) di 110.325 euro e un costo pubblico di 2,38 euro al chilometro. Analoghe dinamiche pure per altri dei 14 servizi di Ast nei comuni, come, a Modica e a Milazzo, lasciati perché ritenuti non produttivi e oggi in mano alle aziende private che di certo non ci perdono. Anche perché tutti i contributi pubblici di cui sopra sono al netto dei ricavi dei biglietti. E dire che, spulciando i conti di Ast, nel 2022 il servizio urbano ha fruttato 2,16 euro al chilometro (in tutto 6,2 milioni), quasi il doppio dei 1,13 delle tratte extraurbane.

Progressivo smantellamento

Ma è il cane che si morde la coda: negli ultimi anni c’è stato un progressivo smantellamento dei mezzi. «Nel 2022 la società ha registrato una riduzione del parco autobus – si legge in uno degli ultimi piani industriali finalizzato alla ricapitalizzazione – con dismissione, al netto degli acquisti, di 64 unità rispetto al 2020». E negli ultimo biennio il trend è proseguito inesorabilmente. L’azienda s’è limitata a mandare in pensione autobus oggettivamente obsoleti (nel 2022 l’età media era già di 15 anni, il limite massimo di legge per garantire le condizioni di sicurezza), senza acquistarne di nuovi: l’ultimo movimento risale a un paio d’anni fa, con 9 mezzi nuovi, 12 usati e 12 acquisiti dall’incorporazione con Jonica Trasporti (la vecchia società di Montante), senza toccare palla nell’avviso regionale da 31 milioni per con tributi all’acquisto di 147 autobus ibridi, con il progressivo smantellamento delle officine aziendali e un bando per la manutenzione esterna andato deserto.In questo contesto le aziende private, legittimamente, fanno il loro mestiere. Si organizzano in consorzi, mentre alcune grandi fanno shopping di piccole magari in prospettiva di aggiudicarsi uno dei ricchi lotti in palio. E così, su 74 ditte presenti nel mercato siciliano, le fette di torta saranno molto di meno. Magari quattro per altrettanti gruppi diversi, in alcuni casi legati tra loro, uno per ogni lotto. Qualcuno nei palazzi della Regione evoca un precedente di scientifica spartizione: la mitica gara per i termovalorizzatori.

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