Ma chi l’ha detto che l’Ars è ferma per pandemia? Durante la quarantena forzata s’è lavorato. Eccome. Soprattutto sul fronte del mercato. L’ultimo colpo, in ordine di tempo, Vincenzo Fuguccia. Macché nuova Balena bianca, lui a Totò Cuffaro ha preferito Matteo Salvini. Era nell’aria da qualche giorno, dopo un reciproco tira e molla che dura da tempo. Vincenzo Figuccia, pantagruelico deputato regionale dell’Udc, passa quindi alla Lega. Lui, da sempre variabile indipendente (per non dire impazzita) del centrodestra siciliano, dice addio con «affetto» ai centristi, caricato a molla per la nuova avventura. Ha pure fondato un movimento, «una specie di partito d’azione», dandogli il nome, originale quanto ambizioso, di “Cambiamo la Sicilia”.
Il deputato regionale ha rinviato il coming out, già pronto da tempo, perché contava di entrare nella Lega a braccetto col collega di gruppo Danilo Lo Giudice. Ma l’operazione è stata rinviata. Lo Giudice, già in freddo da mesi con l’Udc, ha comunque lasciato il partito di Cesa, ma è passato al Gruppo Misto. L’idea sarebbe quella di rimanere qui in standy per un po’. E poi si vedrà. Anche perché, visto che l’operazione riguarda il delfino di Cateno De Luca (apprezzato, e da tempo blandito, da Salvini, ma senza alcun interesse a schierarsi in questa fase), avrebbe un impatto politico ben più deflagrante.
Ma “Radio Ercole”, in bassa frequenza, gracchia anche i contorni di un altro riservatissimo colloquio: quello con Giorgio Assenza, pesante deputato ibleo di DiventeràBellissima. L’ex forzista, educatamente furioso con Nello Musumeci e Ruggero Razza per l’impallinamento finale del suo uomo per il vertice dell’Irsap (Giovanni Occhipinti, bocciato, dopo mesi di bagnomaria, in commissione Affari istituzionali all’Ars, con i voti decisivi di Attiva Sicilia, compreso quello di Elena Pagana), comincia a non rifiutare, pur non assecondandoli, i corteggiamenti leghisti. Per ora soltanto uno «sfogo sincero» con Candiani, niente di più. «Ma Giorgio è troppo coerente per cambiare casacca», assicura un assessore lealista.
L’ingresso di Figuccia nel Carroccio non riesce comunque a oscurare la campagna acquisti, sontuosa quanto spregiudicata, del Moggi dell’Ars, al secolo Gianfranco Miccichè. Dopo l’ingresso dell’ex Udc Margherita La Rocca Ruvolo e dell’ex quasi tutto Marianna Caronia, il viceré berlusconiano di Sicilia assolda – con l’appetitoso rito della grigliata nella sua villa di Sant’Ambrogio, presso Cefalù – un altro tandem in rosa: Daniela Ternullo, sostituta e fedelissima di Pippo Gennuso, e Luisa Lantieri, cuffiariana doc, eletta col Pd. Accolte ieri ufficialmente dal vice di Miccichè, Riccardo Gallo, entrambe lasciano Ora Sicilia, il gruppo “razzista” (nel senso dell’ispiratore, l’assessore-delfino di Musumeci) che, nato come germoglio salviniano e cresciuto come ramo cadetto di un trapianto rimasto in sospeso, adesso si dimezza.
Restano due deputati in cerca d’autore, Luigi Genovese e Totò Lentini, i quali, a meno di un ingresso (oggi improbabile) nel gruppo originale dei musumeciani, sono destinati al Misto. Tranne che il presidente dell’Ars, magari sentendosi in colpa per averlo svuotato, non conceda al gruppo la deroga salvavita.
Miccichè, iperattivo in stile 1994, è di fatto il negazionista del lockdown della politica siciliana intorpidita dal Covid: Forza Italia, con 14 deputati, diventa la seconda forza a Sala d’Ercole dopo i 15 grillini. Con un rating che schizza in alto su due piazze: con Musumeci, negli equilibri del governo (dal rimpasto ormai imprescindibile al rinnovo dei vertici delle commissioni) e con gli altri alleati moderati nel cantiere del grande centro siciliano.
Ma non finisce qui. Perché la campagna d’autunno forzista invade anche il territorio della Lega, costretta infatti ad andare all’attacco (Figuccia e non solo) per difendersi. Sì, perché neppure i salviniani dell’Ars sono insensibili alle lusinghe di Miccichè: segnali tracciabili rivolti all’inquieto capogruppo Antonio Catalfamo (ex di FdI, partito con cui c’è pure stato un pourparler su un ritorno, interrotto dai meloniani), ma anche verso Orazio Ragusa, con più messaggi di un emissario recapitati direttamente al deputato nazionale Nino Minardo.
Una strada in salita, molto meno di quella già percorsa con Giovanni Bulla, tornato fra i centristi dopo la breve parentesi da alieno con la Lega. Il deputato etneo ha smentito ogni ipotesi azzura. Ma, in uno scenario in cui l’Udc rischia di diventare una cantina in via di sgombero, è dovuto intervenire il segretario nazionale Lorenzo Cesa. Con una piccata telefonata ad Arcore. Alla quale è seguito un rimbrotto (ma intimamente ammirato e complice) di Silvio Berlusconi: «Gianfranco, per me sei sempre il migliore. Ma, per ora, calmati un po’…».
Twitter: @MarioBarresi