Armao sottosegretario? Alla Regione l’effetto-domino che libera posti

Di Mario Barresi / 18 Febbraio 2021

C’è chi la derubrica come «una speranza che c’è solo a Palermo, perché a Roma non se ne parla». E chi invece la definisce «un’ipotesi probabile almeno al 70 per cento». Ma davvero Gaetano Armao potrebbe lasciare la Regione per andare a fare il sottosegretario all’Economia con Mario Draghi? La prospettiva è accreditata da fonti del governo di Nello Musumeci. Da una settimana il vaticinio-tormentone è che «alla fine uno di noi entrerà nella squadra di Draghi», legittimando le voci su Roberto Lagalla sottosegretario all’Università cooptato dalla ministra Cristina Messa, col gradimento dei centristi “volenterosi” ai quali però SuperMario ha assegnato solo un posticino, conteso dai parlamentari.

E allora, quasi del tutto svanita la suggestione sull’assessore all’Istruzione, da qualche ora l’identikit del “cervello in fuga” dal governo regionale sembra sempre più corrispondere a quello di Armao. «Ci sta lavorando, in gran silenzio, da un po’ di tempo», ammettono in Forza Italia. Che è il partito in cui alla Camera è stata eletta la compagna dell’assessore all’Economia, la magistrata Giusi Bartolozzi, in lizza da sottosegretaria alla Giustizia prima dell’ormai quasi certa indicazione di Francesco Paolo Sisto. E così in casa Armao è prevalsa la “quota azzurra”: è il vicepresidente della Regione, in eccellenti rapporti con il neo-coordinatore Antonio Tajani, a giocarsi una partita che dovrebbe concludersi fra oggi e domani. Con qualsiasi risultato.

Il diretto interessato non è certo un illustre sconosciuto per il nuovo titolare di Via XX Settembre. Daniele Franco «sarà un ministro dell’economia attento al Sud e alle sue ragioni», profetizza Armao sui social assicurando che «ne conosco da tempo i profondi convincimenti», con la prova di rapporti «testimoniati» da un saggio di Franco in un libro «curato qualche anno fa» .

«Gaetano sarebbe un vero punto di riferimento per la Sicilia a Roma, in un posto davvero cruciale», si espone chi, nel centrodestra, tifa per lui. E non sono pochi. Perché l’eventuale addio di Armao avrebbe un (liberatorio, per molti) effetto-domino a Palermo. Gli appassionati di fantapolitica regionale pensano già ai posti di nuovo in palio: quello di vicepresidente della Regione, per il quale un aspirante coi titoli giusti potrebbe essere l’assessore Marco Falcone; quello di assessore all’Economia, un abito su misura per il mago forzista dei conti, Riccardo Savona, che, a sua volta, lascerebbe così l’ambita presidenza della commissione Bilancio all’Ars, con un gioco a incastro che vedrebbe come sua sostituta l’ex assessora forzista Bernardette Grasso o magari la musumeciana Giusi Savarino, che cederebbe il vertice dell’Ambiente alla stessa Grasso.

Ma fra il dire e il fare c’è di mezzo Gianfranco Miccichè. Che, forte del suo titolo di viceré berlusconiano di Sicilia, una sua indicazione sul governo Draghi l’ha già consegnata ad Arcore: la deputata palermitana Gabriella Giammanco sottosegretaria all’Agricoltura. Ma non è detto che il presidente dell’Ars, che con Armao negli ultimi tempi è tornato a parlare dopo quasi un biennio di gelido silenzio, disdegni la pazza idea di spedire il suo ex nemico al Mef. Anche perché Miccichè otterrebbe molteplici piccioni con una fava: Armao fuori dal governo regionale (con il risiko di nuovi posti) e senza più la tentazione di correre da sindaco di Palermo, con un via libera per la candidatura di Lagalla, il tutto con un posto di prestigio per il partito siciliano nel governo Draghi. E poi un gradito effetto collaterale sarebbe quello di sbarrare la strada a Saverio Romano, in questi ultimi giorni avvistato a Roma nei posti giusti ai momenti giusti, altro aspirante sottosegretario con un curriculum da ex ministro e amicizie pure in altri ambienti centristi.

L’eventuale ingresso di Armao nel governo nazionale, per gli equilibri della Regione, s’incrocia con lo psicodramma dell’Udc. Musumeci prova a minimizzare su Alberto Pierobon: «Non è stato sostituito alcun assessore. Quando sarà sostituito, magari saranno due o tre, sarà fisiologico, e quando accadrà ne illustreremo le ragioni. Per ora sono indiscrezioni di stampa». Ma l’ultimatum del governatore scade oggi: ci vuole un’assessora per disinnescare la bomba a orologeria della sentenza del Tar sulle quote rosa, prevista all’inizio della prossima settimana. La predestinata degli ultimi giorni è Maria Astone, docente universitaria e presidente del Corecom. Ma al di là del nome, sul quale Palazzo d’Orléans non è del tutto convinto, sono le dinamiche interne ai centristi a mettere tutto in discussione. I “superstiti” dell’Udc siciliana (fra cui l’assessore Mimmo Turano, ieri infervorato in un caminetto all’Ars con il segretario regionale Decio Terrana e il capogruppo di Italia Viva Nicola D’Agostino) osteggiano l’ingresso di Francantonio Genovese nel partito. L’ex ras della formazione ci prova, con il figlio-deputato Luigi, dopo che l’approdo nel Mna è sfumato per le nette perplessità dei lombardiani. I residui vertici nazionali dell’Udc (senza Lorenzo Cesa, ricoverato allo Spallanzani per il Covid) spingono per aprire le porte a Genovese, anche per acquisire Luisa Lantieri. Che era stata data per nuovo acquisto di Forza Italia all’Ars, con un successivo silenzio. Ma la deputata ennese (altra papabile assessora) ha fatto un paio di conti: in prospettiva 2022, l’unico partito con un minimo di chance nel suo collegio è proprio quello di Miccichè.

E allora l’Udc siciliana, magari con un nome alternativo (o convicendosi che Astone non sia espressione di Genovese, visto che, ad esempio, al Corecom fu indicata da Giovanni Ardizzone), potrebbe avere la forza di respingere l’Opa ostile che arriva da Messina. Ritenuta anche un’ingerenza di Ruggero Razza, il Metternich del governatore, nel mondo dei centristi. L’assessore alla Salute non nasconde un legame fortissimo con Genovese (soprattutto il figlio, ma anche il padre) e punta a piazzare un assessore musumeciano sotto mentite spoglie in quota centrista.

Un’operazione che, oltre a infastidire i collaborazionisti di area renziana, rischia di far saltare nervi già tesi fra gli alleati. Una tensione esplosa, qualche settimana fa, nella chat degli assessori, con un sms del meloniano Manlio Messina. Scompostamente furioso per l’ingerenza di un collega (poi identificato proprio in Razza) su una vicenda catanese, fino a definire «una sputazzata» l’invasione di campo su competenze sportive legate al Covid. «Scusate, qualcuno mi traduce: cosa significa “sputazzata”?», la richiesta in chat di Pierobon. Un marziano veneto, che resterà in Sicilia come super consulente ai rifiuti.

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