Politica
Amministrative in Sicilia, esultano tutti: il (finto) civismo che asfalta i (finti) vincitori
Vi diranno, se già non l’hanno fatto, che hanno vinto. Tutti. Come sempre. E invece queste strane Amministrative siciliane con l’incubo del Covid – quasi 700mila potenziali elettori, una specie di Midterm per le prossime Regionali – è forse la tornata elettorale con il maggior numero di (evidenti) sconfitti degli ultimi anni.
La suggestione sicula rilanciata dai leader nazionali (Luigi Di Maio la sfoggia come «importante successo» fra quelli per cui fa sapere di aver ricevuto una telefonata di «complimenti» dal premier Giuseppe Conte) è la riuscita dell’esperimento giallorosso a Termini: M5S e Pd, con sinistra e civici, conquistano al primo turno l’ex città della Fiat e di Beppe Lumia, intimamente lieto – dicono – del risultato. Gli alleati rivolgono lo sguardo al 2022: un «punto di partenza» (per il segretario dem Anthony Barbagallo), un «modello » (per il viceministro cinquestelle Giancarlo Cancelleri), una «strada da percorrere» (per Claudio Fava). Ma la neo-sindaca grillina Maria Terranova, oltre a essere l’unica luce in fondo al tunnel, oggi è soprattutto la (bellissima, fresca, speranzosa) foglia di fico per nascondere due diverse sconfitte parallele. Quella del M5S, che smobilita da Augusta (l’uscente Cettina Di Pietro è addirittura quarta col 16%) e da Pietraperzia (Antonio Bevilacqua ha lasciato il testimone a Francesco Lalomia fermo al 6%) e non piazza un solo candidato nei pochi ballottaggi. I pentastellati in Sicilia non hanno mai brillato nei comuni, ma stavolta, con risultati spesso anche a una cifra, è un disastro anche laddove (come a Castltermini) c’era speranza.
Ma anche il Pd ha ben poco da festeggiare. Non tocca palla nei due comuni capoluoghi dove correva senza simbolo: a Enna stravince l’ex dem Maurizio Dipietro, corteggiato all’epoca di Matteo Renzi e poi in fuga, e non è un caso che Davide Faraone ci metta subito il cappello parlando di «buon governo e innovazione» in «un interessantissimo modello politico»; ad Agrigento le fiches erano state timidamente puntate sull’uscente (e favorito) Lillo Firetto, costretto a inseguire al ballottaggio. Barbagallo perde la partita a cui teneva di più: quella di Bronte, dove per il suo fedelissimo (uscente) Graziano Calanna ha schierato una parata di ministri, inutile a frenare il ritorno del re del Pistacchio, Pino Firrarello, che a 81 anni si riprende il suo trono. Nella mappa comuni col proporzionale, inoltre, il Pd cede Marsala e Misilmeri al centrodestra. Il segretario evita l’onta di vedere la sua Pedara espugnata (eletto Alfio Cristaudo), e non è una consolazione aver messo un pezzetto di stoffa al candidato-patchwork, Nino Bellia, che ha sbancato a San Giovanni La Punta con la coperta civica cucita da Luca Sammartino, Forza Italia e musumeciani.
Dall’altra parte anche il centrodestra canta vittoria. Sarà pure vero che il tasso di successo è direttamente proporzionale all’unità della coalizione (esempi virtuosi: l’altro vecchio leone dc Massimo Grillo a Marsala; Pippo Midili a Milazzo; Pinuccio Calabrò a Barcellona, sconfiggendo il secondo “giallorosso” in campo nei 60 comuni, il civico Antonio Mamì), al netto della spaccatura punita a Termini, ma è altrettanto vero che nessuno dei partiti può stappare lo champagne. Forza Italia ostenta buoni risultati sotto l’Etna, DiventeràBellissima rivendica Misilmeri e Casteltermini, Fratelli d’Italia vola a quota molto più bassa dello standard meloniano. E per la Lega è un disastro. A partire dai due capoluoghi: la corsa solitaria di Enna, con Giuseppe Savoca, si ferma al 5%; ad Agrigento il tandem sovranista con Daniela Catalano è all’8%. Male a Milazzo (7% assieme a una civica), malississimo ad Augusta (meno del 4% assieme a Musumeci), solo a San Giovanni La Punta, dove Matteo Salvini aveva comiziato per Lorenzo Seminerio, si sfiora il 10%. Da oggi sarà resa dei conti: il viceré Stefano Candiani dovrà difendere la sua linea isolazionista.
E allora chi ha vinto? I civici, dicono. Soprattutto Dipietro a Enna e la sorpresa Miccichè ad Agrigento, col derby dei “senza partiti” (Pippo Gulino contro Peppe Di Mare) ad Augusta. Premiati dagli elettori, anche perché percepiti alla giusta distanza dai politici. Che non ci sono, ma ci sono. A partire da Raffaele Lombardo, che è (più che mai) vivo e lotta assieme a noi: il medico-galantuomo, in testa all’ombra dei Templi, è creatura del mitico Roberto Di Mauro; a Enna il buon vecchio Paolo Colianni è influente azionista della vittoria-bis; a Ispica trionfa l’ex assessore Innocenzo Leontini, storico lombardiano di recente tendenza sovranista. Eccoli, i veri vincitori. Gli unici. I moderati che non nascondono l’anima scudocrociata. E si (tra)vestono da civici. Inghiottendo il balbettare del Pd, polverizzando i resti del M5S, asfaltando una Lega che non c’è. E strizzando l’occhio a un centrodestra confuso. Ma felice.
Twitter: @MarioBarresi
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