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Agricoltura in Sicilia, l’assessore Cracolici

Agricoltura in Sicilia, l’assessore Cracolici «A inizio 2016 i bandi per attivare la spesa»

L’intervista. Gli impegni della Regione sul Piano di sviluppo rurale

Di Giovanni Ciancimino |

PALERMO – Antonello Cracolici, politico di lungo corso, non lo dirà mai, ma è chiaro che sarebbe un’anomalia stare sulla breccia da protagonista e non aspirare ad un posto al sole nel governo della Regione. Non ha condiviso le giunte tecniche care a Rosario Crocetta. Ora è arrivato l’esecutivo politico e Cracolici ne fa parte, da assessore ad Agricoltura e pesca. «Avevamo il dovere di lanciare una proposta forte alla Sicilia: non si trattava solo di sostituire gli assessori, ma di cambiare la natura del governo. Serviva una squadra che avesse come asse politico portante la coalizione di forze che sostiene il governo Renzi (Pd, Udc e alfaniani) allargato a forze locali che si riconoscono nell’obiettivo di presentarsi assieme alle prossime elezioni regionali».     Per fermare l’avanzata dei grillini? «A chi vede come inevitabile la vittoria dei grillini, dobbiamo rispondere con un progetto politico largo e non con avventure demagogiche e personalistiche. Ho ancora il sogno di aggregare tutta la sinistra, anche quella fuori dal Pd, e condividere lo stesso progetto. Mi pare che la nuova giunta di governo vada in questa direzione».     Continua il travaglio dei giorni scorsi o si è al gaudio? «Ci sono ancora tatticismi insopportabili, ma il Pd ha retto la prova. Il punto è che più il partito è grande, più cresce la vocazione alla frammentazione, la tentazione cioè di esasperare il correntismo come sistema di tutela delle singole persone. Adesso però, dopo la nascita di questo governo, il Pd è ad un bivio: o saprà fare il Pd, avere cioè una funzione generale di rappresentanza e una moderna funzione di governo, o sarà condannato ad essere somma di correnti che diverrà talmente esasperata da portare alla irrilevanza politica e al caos».     Quali riforme e priorità sono da mettere in calendario? «La prima riforma da fare, che non si fa per legge, è quella sulla fiducia: ridare fiducia ai siciliani, investire sull’autostima. Detto questo, la priorità è stabilizzare la situazione finanziaria della Regione, per programmare e costruire il futuro».     Nello specifico? «C’è una formazione professionale nella quale la Regione metta anche risorse proprie e c’è la scuola a tempo pieno per i nostri ragazzi. Bisogna chiudere la vicenda del precariato con la stabilizzazione di persone che da 20 anni svolgono il loro lavoro, soprattutto nei nostri comuni. È indispensabile creare le condizioni per far ripartire gli investimenti, far crescere il tessuto imprenditoriale in ogni settore: agricolo, artigianale, industriale commerciale, servizi. C’è una priorità: sostenere i giovani ed il loro diritto a costruire un futuro più solido».     La spesa dei fondi comunitari in quale direzione sarà percorribile? «Dobbiamo anche saper raccontare e rendere ‘visibile’ ciò che di buono abbiamo saputo fare con i fondi comunitari. Agroindustria, turismo e beni culturali sono il ‘chupa-chups’ con cui attrarre nei prossimi anni milioni di persone: questa è la sfida per la Sicilia».     Il primo impegno da assessore? «Nei prossimi giorni sarà approvato il nuovo Psr (Piano di sviluppo rurale, ndr) che consentirà per sette anni di utilizzare oltre due miliardi e 300 milioni di euro, che assieme ai vari Ocm (Organizzazione comune dei mercati, ndr) possono sostenere la modernizzazione del nostro sistema produttivo. Mi impegno affinché nei primi giorni del 2016 possano essere pubblicati tutti i bandi per la attivazione della spesa: stiamo cercando di individuare modalità di semplificazione e valutando la possibilità di utilizzare la forma di ‘erogazione a sportello’ di una parte dei fondi comunitari. Vogliamo evitare non solo lungaggini burocratiche, ma anche forme di intermediazione che spesso sono strumenti dove allignano degenerazioni corruttive e interessi mafiosi».     Il via libera del Cipe al fondo per sviluppo e coesione cosa cambia a livello finanziario in vista della prossima manovra? «Risolve buona parte dei problemi del bilancio del 2015. Per il 2016 e per gli anni a venire va risolto il nodo della riscossione dei tributi, consentendo alla Sicilia di riscuotere interamente il ‘maturato’, e non semplicemente ciò che riscuotiamo nell’isola per Irpef e Iva. Questo servirebbe a risolvere gran parte dei nostri problemi finanziari».     Ha una ricetta per i forestali? «Lo dico chiaro, senza giri di parole: bisogna smetterla di rappresentare i forestali come il ‘mostro a quattro teste’ della Sicilia. E dico anche un’altra cosa: stiamo parlando di un bacino di circa 24 mila persone che svolgono lavoro stagionale, ossia solo per alcuni giorni l’anno. Ma se mettessimo insieme tutte le giornate lavorative, avremmo una cifra che corrisponde ad un bacino di circa 4 mila persone che lavorano tutto l’anno. Stiamo parlando di persone che rientrano in una ‘eredità’ che risale a circa 20 anni fa. Se c’è uno scandalo in tutta questa storia, è non avere reso la forestazione una attività capace di creare reddito attraverso la valorizzazione dei prodotti che il bosco può dare e potrebbero essere immessi nel mercato. Bisogna lavorare in questa direzione e individuare, in accordo con l’Inps, un percorso che aiuti processi di uscita, considerando che molti dei lavoratori in questione sono over 55».     Cosa dice agli imprenditori costretti svendere i loro prodotti? «Dobbiamo creare le industrie della trasformazione, per creare valore aggiunto. Non basta avere prodotti di eccellenza se poi non si è in grado di ‘trasformarli’, renderli commercializzabili, esportabili. Bisogna puntare sulle filiere. C’è poi la necessità di sostenere il rinnovamento generazionale nel mondo agricolo: oggi sono sempre di più i giovani conduttori di aziende colti e ‘formati’ professionalmente».     Come affrontare la concorrenza dei prodotti agricoli d’oltre confine? «Qualità, gusto, sapore e unicità sola arma contro la giungla di un mercato spesso selvaggio rispetto al quale, occorre esercitare il massimo dei controlli per garantire la sicurezza alimentare ai nostri consumatori».     E per la zootecnia… «È uno dei settori più colpiti dalla scomparsa di migliaia di posti di lavoro e imprese. Servono imprese medio-grandi in grado di avere economie di scala e una rigorosa profilassi che garantisca qualità per reggere la concorrenza».     E la pesca? «In Sicilia c’è un’alta concentrazione di marineria artigianale. Ma anche questo settore ha perso tanti imprenditori del mare. Mi risulta che tanto pesce siciliano viene inscatolato e trasformato altrove e il valore aggiunto viene realizzato in altre aree. Dobbiamo essere consapevoli che la pesca è solo una parte dell’attività che il mare ci può dare».

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