PALERMO – La gestione del servizio idrico integrato in Sicilia è a «prevalente interesse pubblico», ma potrà essere affidata anche a società miste o soggetti privati, che però andranno incontro a pesanti sanzioni in caso di disservizi. È una delle norme più discusse – e già approvate – del disegno di legge di ripubblicizzazione dell’acqua, in esame in questi giorni all’Assemblea Regionale Siciliana e la cui approvazione finale è prevista all’inizio della prossima settimana. Gli altri articoli del ddl già approvati prevedono, fra l’altro, la nascita di nove Ato nell’isola e alcune norme di “solidarietà” come la garanzia di un quantitativo “minimo vitale” di 50 litri al giorno per i cittadini morosi e un fondo di sostegno per il pagamento delle bollette delle famiglie meno abbienti. Oltre alla definizione, nell’articolo 1 del ddl, dell’acqua come “bene comune”. I lavori riprenderanno lunedì alle 16, l’approvazione definitiva è prevista entro il 12 agosto.
Rispetto al testo iniziale salta dunque la parte che prevedeva la esclusiva possibilità di gestione pubblica del servizio idrico. Prevale così la tesi dell’assessore regionale all’Energia Vania Contrafatto, che aveva sollevato dubbi di costituzionalità su alcune parti del ddl: quanto alla esclusione a priori dei privati, oltretutto, si sarebbe andati incontro al rischio di violazioni di disposizioni comunitarie.
Dopo un lungo braccio di ferro, la maggioranza guidata da Rosario Crocetta alla fine ha trovato una “mediazione” che dovrebbe far superare eventuali problemi normativi e di costituzionalità: si apre la possibilità di gestione a soggetti privati, ma con dei paletti. Alcune norme tendono infatti ad incentivare l’affidamento al gestore pubblico: innanzitutto è la stessa assemblea d’Ambito territoriale a scegliere il proprio modello gestionale, che comunque va individuato attraverso procedure di evidenza pubblica. In secondo luogo il ricorso a privati è possibile solo nel caso si dimostri più conveniente rispetto a quello pubblico.
Scompaiono poi, rispetto al passato, le convenzioni pluridecennali: ogni affidamento potrà durare un periodo non superiore a nove anni. Inoltre, come scritto nell’articolo 6 del ddl (articolo già approvato) in caso di interruzione del servizio per più di quattro giorni ad almeno il 2% del bacino, il gestore privato andrà incontro ad una maxi-sanzione compresa fra i 100 e i 300 mila euro per ogni giorni di interruzione, e alla possibilità di risoluzione del contratto».
«Ci siamo mossi nel rispetto delle norme generali sulle modalità di affidamento del servizio idrico con un obiettivo dichiarato – ha detto Antonello Cracolici, capogruppo del PD all’Ars – favorire la gestione pubblica rispetto a quella privata».
Soddisfatto anche il presidente della Regione Rosario Crocetta, che aveva indicato la riforma dell’acqua pubblica e l’applicazione dei principi del “popolo del referendum” come punti di programma del suo governo: «Abbiamo sostanzialmente risolto tutti i problemi di costituzionalità indicando con chiarezza che la gestione deve essere di interesse pubblico, e stabilendo una serie di paletti per quanto riguarda l’eventuale affidamento ai privati», ha detto il governatore al termine della seduta d’aula di oggi.
Chi invece non ci sta è il Movimento 5 stelle, che contesta soprattutto l’istituzione di nove Ato idrici. «L’articolo 5 ha stravolto il cuore della legge. Le prossime gestioni opereranno, molto probabilmente, all’interno dei confini delle ex province e non dei bacini idrografici, com’è attualmente quindi. L’aula ha mantenuto l’attuale numero degli Ato a 9 e bocciato il nostro che lo portava a 5. La vecchia politica ha mostrato di non voler cambiare assolutamente nulla», ha detto la deputata del M5S Valentina Palmeri. Per Palmeri, «una legge che regolamenta tutte le acque della regione dovrebbe tenere conto di una suddivisione degli ambiti territoriali secondo i confini dei bacini idrografici, che secondo diversi studi universitari sono 5 e non 9. Questo è fondamentale per un gestore affinché non vada in passivo».
La seduta di oggi all’Ars ha avuto anche un risvolto insolito, con la convocazione alle 9 del mattino, e i deputati del Movimento 5 Stelle in abbigliamento più curato del solito. Normalmente il parlamento siciliano riunisce l’aula il martedì, mercoledì e giovedì, nel pomeriggio. Oggi però non è stata un giorno “normale”, almeno per la deputata grillina Valentina Zafarana che aveva programmato le proprie nozze nel pomeriggio, convinta probabilmente dell’abituale chiusura estiva del parlamento per il mese di agosto. Zafarana però non aveva fatto i conti con le turbolenze del governo regionale che hanno spinto il presidente Rosario Crocetta e tutto il parlamento ad un supplemento di lavoro estivo per approvare la riforma delle Province e quella della ripubblicizzazione dell’acqua.
Le nozze della parlamentare grillina erano in programma nel pomeriggio a Messina: invitati anche i deputati 5 Stelle. L’aula convocata di buon mattino i lavori sospesi ad ora di pranzo hanno dato modo agli invitati di raggiungere la collega all’altare. La seduta si è chiusa alle 13,10 e il seguito l’esame della riforma è stato rinviato a lunedì prossimo.