Anthony Barbagallo lei è stato il relatore della Legge regionale 19/15, la riforma idrica proposta dal centrosinistra nell’era Crocetta. Eppure si torna a parlare di una nuova riforma di settore…
«Ritengo che la nostra riforma fosse una delle migliori leggi fatte dall’Assemblea. Eppure inspiegabilmente in questi anni il centrodestra non ha mai dato corso alle cose, facendo melina. Ci ha girato attorno e dopo quattro anni il centrodestra si sveglia proponendo di mandare avanti lo stato dell’arte con la norma attuale. Il governo regionale si è sottratto invece agli adempimenti necessari».
Quali?
«Avrebbe dovuto nominare subito i commissari per l’aggiornamento dei Piani d’Ambito e individuare il gestore unico per provincia. Quando poi hanno nominato i commissari non hanno realmente voluto incalzare i Comuni ad assolvere agli obblighi di legge».
Riavvolgiamo per un attimo il nastro. Che cosa non funzionò all’epoca nella vostra legge esitata dall’Ars poi impugnata da Roma?
«La legge uscita dalla commissione subì alcune modifiche nel corso dell’esame dell’Aula, com’è anche normale che sia, una parte di queste furono oggetto dell’impugnativa. La parte che pesa di più è quella che riguarda il Fondo di solidarietà, dichiarata incostituzionale per un’interferenza con il principio che regola la tariffa».
Legge impugnata e scommesse azzerate dunque…
«Non è così, l’impugnativa non ha toccato i capisaldi della legge. Alcune tra le Ati, come quella di Catania, è sostanzialmente avanti nel percorso. Chi ha avuto buona volontà in questi anni è andato avanti».
È pur vero che “buona volontà” sembra una parola magica, qualcosa che non può essere lasciato alla discrezionalità. Forse a questo punto si rende necessaria qualcosa di diverso. O no?
«Mi spiego meglio allora. I commissari non vanno nominati per mettersi il ferro dietro la porta con la Corte dei conti o con le ipotesi d’abuso d’ufficio, ma per procedere realmente e andare avanti. I commissari facciano i commissari».
Cosa non le piace della riforma del centrodestra?
«Sembra sia una soluzione trovata per non litigare con i privati che gestiscono l’acqua in Sicilia. Inoltre si ha come al sensazione che così facendo il centrodestra trovi il modo per preservare qualcuno dei suoi grandi elettori e qualche sindaco di peso. C’è chi lavora per il Re di Prussia, lasciare le cose come sono e mandare avanti la privatizzazione».
Siamo nel campo delle ipotesi della politica o il suo ragionamento poggia anche su altro?
«La conferma di quello che dico è proprio il disegno di legge in arrivo che pretende di cancellare la legge che c’è, facendo scatenare le rivolte del Forum dell’acqua pubblica e le proteste dei cittadini».
La privatizzazione non è la soluzione o è il problema?
«Una legge già c’è. Alcuni Ato sono andati avanti col percorso dettato dalla legge, bisogna chiudere le ultime curve e non farsi trovare impreparati con gli appuntamenti di fine anno i criteri della nuova programmazione comunitaria e gli interventi del Pnnr».
Diamo per scontato che l’iter della nuova legge non trovi ostacoli e vada avanti, l’ingolfamento di fine legislatura non rischia di creare un tappo che vanifichi tutto?
«Quello che posso dire che su questa legge faremo una battaglia politica dentro e fuori dal Palazzo».
Zero margini dunque di agibilità per ogni forma di possibile mediazione?
«È un disegno di legge che ci riporta indietro di venti anni».
Ci può spiegare perché?
«Aumenta i costi di funzionamento del servizio idrico che poi si riversano sugli utenti, interferisce con le scadenze di fine anno che ho già citato.
Inoltre toglie potere ai sindaci per darli alla Regione, questa è la parte che ciclicamente ritorna come impronta dell’esecutivo Musumeci. È stato così anche con la riforma mancata del comparto dei rifiuti».