Politica
A Giuseppe Conte l’incarico per il bis Grillo stoppa Di Maio: «Spazio ai tecnici»
Il primo passo per il bis di Giuseppe Conte è compiuto. Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio comunicano a Sergio Mattarella che il Pd ha accettato la proposta del M5s di dare vita a un «Conte due». Il presidente della Repubblica lo convoca alle 9.30 al Quirinale per conferirgli l’incarico di formare il nuovo governo, poi Conte avvierà le consultazioni.
Ma il cammino si annuncia accidentato. Il premier uscente riceve il mandato di M5s e Pd senza che sia sciolto il nodo dei vicepremier, con un braccio di ferro durissimo tra il M5s che vorrebbe Di Maio e il Nazareno che vuole un unico «vice» Dem. Nel governo dovrebbe entrare anche Leu, mentre il centrodestra a una voce invoca le elezioni. E a complicare le cose, entra a gamba tesa in partita Beppe Grillo, che chiede un governo di tecnici, con i politici relegati a fare i sottosegretari.
La giornata dell’incarico parte in salita. I rapporti sono assai tesi: Zingaretti e Conte si sentono al telefono – ma le fonti ufficiali smentiscono – ma i nodi non si sciolgono. Il perché lo spiega in mattinata, sia pure senza far nomi, il segretario Pd ai membri della direzione. Racconta di aver “coltivato molti dubbi» sull’opportunità di fare un governo con il M5s (e, il sottinteso, di indicare Conte). Ora discontinuità vuol dire abbandonare lo schema del premier terzo che media tra due vicepremier sulla base di un contratto. Va bene Conte, sul quale il Movimento ha posto il suo «aut aut», ma deve essere chiaro che è esponente del M5s e va affiancato da un vicepremier Pd. L’azione del governo deve poggiare su un programma che abbia una «visione condivisa» e un messaggio di fondo contro «la paura».
Niente Di Maio vicepremier: è una questione di forma ma soprattutto di sostanza, dicono dal Pd (affermando che il veto non è sul nome). Solo così si può dare al governo la speranza di durare un’intera legislatura. E magari porre le basi politiche per strappare il M5s all’abbraccio del sovranismo, magari ponendo le basi per «alleanze» anche nelle urne a partire dalle Regioni in cui si voterà a breve, come l’Umbria e l’Emilia Romagna. Possibile? C’è chi nel Pd non ci crede: Carlo Calenda straccia la tessera del partito e Matteo Richetti vota «no» al Conte bis in direzione e non esclude di votare no in Parlamento (lui solo, mentre tutti gli altri Dem applaudono il segretario).
La partita giallorossa però è tutt’altro che chiusa («La strada è lunga», dice Graziano Delrio). Il ruolo di Di Maio nel nuovo governo è un nodo ostico da sciogliere per lo stesso Conte. Larga fetta del M5s fa quadrato ma c’è anche chi, a taccuini chiusi, preme perché non si faccia del vicepremier questione di vita o di morte. In serata a mettere il carico da novanta arriva Grillo, che mischia le carte: per rimediare alla «poltronofilia» (amore per la poltrona) strisciante, propone un governo fatto di «personalità del mondo della competenza, assolutamente fuori dalla politica», lasciando ai politici i ruoli di sottosegretari. Anche Di Maio. Poi fa precisare: «Decide il capo M5s, ai tecnici vadano i ministeri tecnici».
Di Maio, dopo il colloquio con Mattarella, ha un messaggio sferzante per il Pd. Non solo, in risposta all’idea di un’alleanza politica, ribadisce che il M5s resta «post ideologico» perché destra e sinistra sono superate. Ma respinge con durezza le ambizioni personali: «La Lega mi offriva di fare il premier ma io penso al Paese e anche un anno fa ho rinunciato al ruolo di candidato premier e grazie a quella scelta l’Italia ha conosciuto Conte», dice, accusando i Dem di dare un brutto spettacolo parlando di nomi. «Prima un programma omogeneo poi i nomi». Con quello che viene letto come l’avviso di una trattativa assai lunga.
Ma Grillo dal blog ricorda che «non c’è tempo», non abbastanza per il programma, meglio scegliere subito il disarmo bilaterale e nominare tecnici. Saranno giornate complicate. Tra i macigni che incombono su Rousseau c’è Il Pd, come dichiara Andrea Orlando, ritiene «inaccettabile» che il voto su Rousseau decida la sorte del nuovo governo. Ma il M5s conferma il referendum su web: è come una direzione.
Il centrodestra intanto, si ricompatta idealmente nel chiedere il voto. Lo dicono al Colle Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e naturalmente Matteo Salvini. Il leader di Fi si dice «preoccupato» dal nuovo governo. Il leader leghista, che trasmette in diretta Facebook le sue parole, denuncia «poltronificio» e «intrallazzi»: «Sessanta milioni di italiani sono ostaggio di cento parlamentari. Ma si tornerà a votare». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA