Palermo
Truffa assicurazioni, «Tra birre e spinelli non ero lucida»: l’agghiacciante racconto di una vittima
Palermo – “A causa delle birre e degli spinelli non ero molto lucida e non capivo perfettamente le loro intenzioni altrimenti non avrei mai accettato di farmi fare del male”. E’ così che una delle vittime compiacenti della banda “spaccaossa”, sgominata all’alba di oggi a Palermo, giustifica ai magistrati la scelta di farsi fratturare gli arti con la promessa di riscuotere i soldi dell’assicurazione per un falso incidente stradale. “In realtà non ho subito nessun sinistro stradale. Un giorno del mese aprile 2018, mentre mi trovavo in paese al bar Alessi, sono stata avvicinata da una coppia, Giosuè e Rita, che non avevo mai visto prima. Gli stesi dopo una breve conversazione di carattere futile mi hanno proposto di farmi lesionare al fine di inscenare un finto incidente stradale allo scopo di incassare il relativo premio assicurativo – racconta -. Ho rifiutato detta proposta, ma nei giorni successivi venivano a trovarmi sempre al bar Alessi, sino a quando un pomeriggio, mi hanno offerto 3 o 4 birre, poi mi hanno fatto fumare almeno 4 spinelli e dopo l’uomo mi ha proposto anche altri tipi di droghe che io ho però rifiutato. Dopo circa tre ore è giunto sul posto anche un altro uomo, di nome Mario, arrivato con un autovettura Alfa. Mi hanno detto che mi dovevano portare a Palermo per procurami delle lesioni finalizzate ad organizzare un finto incidente stradale. In realtà, a causa delle birre e degli spinelli non ero molto lucida e non capivo perfettamente le loro intenzioni altrimenti non avrei mai accettato di farmi fare del male”.
Il racconto della donna continua con i dettagli del luogo in cui viene portata per essere sottoposta alle fratture. “Sono stata condotta all’interno di un appartamento, ubicato a piano terra, ove ad aspettarci vi era una coppia, verosimilmente i padroni di casa, di cui sconosco i nomi. Gli stessi hanno solo assistito a quanto succedeva in casa senza mai proferire parola”. E ancora: “Giosuè mi ha fatto distendere per terra, mi ha fatto due punture, una nel braccio destro e l’altra nella gamba sinistra, Rita nel frattempo mi copriva la visuale con le sue mani mentre Giosuè mi colpiva violentemente più volte. Mi ha colpito almeno tre volte, sugli arti anestetizzati”. Da lì la donna viene fatta salire su un auto, un Alfa, e portata sul luogo dove inscenare l’incidente stradale. “Mi hanno fatto distendere per terra e subito dopo è giunta un autoambulanza che mi ha condotto al pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo. Preciso che sul posto del finto incidente siamo stati raggiunti anche da Giosuè e da Rita e ritengo che quest’ultima abbia chiamato il 118, poiché quando eravamo a casa le ho sentito dire di sbrigarci perché l’autoambulanza stava già arrivando sul posto”. Al pronto soccorso “ho dichiarato, come istruita da Rita, che ero stata investita da un autovettura mentre mi trovavo alla guida di un ciclomotore”.
I soldi però non sono quanti promesso. “Ricordo che un giorno, trovandomi in difficoltà economiche e non ricevendo denaro né da Emanuele né dalla Lentini, l’ho aggredita verbalmente per telefono e le ho detto che se non mi avrebbe fatto avere un pò di soldi, sarei andata a denunciare il tutto alla polizia. Il giorno seguente – racconta – sono stata fermata per strada da un ragazzo che si chiama Santino Lo Biundo il quale mi ha detto che se avessi continuato a chiamare la Lentini, avrei avuto problemi. Ho chiesto spiegazioni e Lo Biundo mi ha risposto che quelli di Palermo, tra cui l’avvocato Lentini ed Emanuele, avevano mandato lui ad avvisarmi di stare tranquilla”. “Mentre ero ricoverata in ospedale è venuto a trovarmi mio cognato, Benedetto Mattina, chiedendomi se avessi ricevuto dei soldi ed io gli ho detto di non aver mai ricevuto nulla. In quell’occasione mio cognato, ha chiamato Rita davanti a me e dopo pochi minuti Rita è venuta in ospedale portando 300 euro. Di questi soldi mio cognato si è preso 100 euro, lasciando a me i restanti 200 euro”.
La gestione della “pratica” continua. “Dopo circa tre giorni dal mio ricovero, Rita, unitamente ad un’altra donna, presentatasi come avvocato a nome Giovanna Lentini, è venuta in ospedale. In quell’occasione l’avvocato mi ha fatto firmare dei fogli in bianco dicendomi che lei avrebbe curato la mia pratica assicurativa. Ho detto loro che io volevo il mio avvocato di fiducia ma mi hanno risposto che non era possibile”. “Ricordo che la Lentini, in un’occasione, mi ha detto che mi avrebbe fato diventare ricca e con quello che avrei percepito dall’assicurazione mi sarei potuta comprare la casa”. La promessa dei soldi però svanisce rapidamente. “Ad un certo punto però la Lentini ha cominciato a non rispondere più alle mie telefonate – racconta la donna ai magistrati -. Io ho continuato a chiamarla chiedendole dei soldi ma ad un certo punto lei mi ha presentato un uomo che si chiama Emanuele, presentandomelo come perito, e mi ha detto che solo lui mi avrebbe potuto anticipare dei soldi e per qualsiasi mia esigenza mi sarei dovuta rivolgere a lui. Ho ricevuto da Emanuele circa 400 euro per le spese mediche. Tutte le ricevute che mi facevano, io le consegnavo ad Emanuele e lui mi rimborsava quanto avevo speso”. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA