PALERMO – «Sono stato contattato da personaggi altolocati per trattare con l’altra sponda e porre fine a questa mattanza…». Queste le parole che Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo, avrebbe riferito al figlio Giovanni. A raccontare la confidenza ricevuta è stato lo stesso Giovanni Ciancimino, che sta deponendo al processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise d’appello. Il riferimento sarebbe ai contatti tra Ciancimino e personaggi delle istituzioni volti a intavolare un dialogo con Cosa nostra per far cessare le stragi. «Quando mio padre alludeva all’”altra sponda” si riferiva a Cosa nostra – ha spiegato – e questo per rimarcare una sorta di distanza tra lui e i mafiosi». Ciancimino era stato citato per testimoniare su tre suoi incontri col padre avvenuti dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio.
«Comunque lui – ha proseguito – mi parlò genericamente di personaggi altolocati. A indicare in questi interlocutori i carabinieri fu poi mio fratello Massimo (Massimo Ciancimino, condannato nel processo trattativa per avere calunniato l’ex capo della polizia Gianni de Gennaro ndr)». Il teste si è a lungo soffermato sul suo conflittuale rapporto col padre che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato uno dei protagonisti della prima fase della cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia.
Dopo la strage di via D’Amelio Vito Ciancimino si sarebbe rivolto al figlio Giovanni per un consiglio, «tirò fuori un bigliettino arrotolato – ha raccontato il teste – e mi chiese qualcosa riguardo la possibilità di accedere al giudizio di revisione, riferendosi in particolare ai condannati al maxi processo, e sulla legge Rognoni-La Torre».