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Sentenza Saguto, “Incarichi ad avvocato per far guadagnare il marito”

Di Redazione |

Palermo – L’avvocato Gaetano Cappellano Seminara “non riceveva lucrosi incarichi” dalla ex Presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo Silvana Saguto “per le sue indiscusse capacità professionali”, “quanto invece perché lo stesso poteva ricambiare attraverso il conferimento di incarichi al marito della giudice e attraverso le dazioni di utilità indebite”. E’ quanto scrivono i giudici del Tribunale di Caltanissetta, presieduto da Andrea Catalano – a latere Salvatore Palmeri e Valentina Balbo- nelle motivazioni della sentenza depositata in cancelleria. Lo scorso ottobre il Tribunale aveva condannato Silvana Saguto a 8 anni sei mesi di carcere per corruzione e abuso d’ufficio. Sette anni e mezzo invece per l’amministratore Gaetano Cappellano Seminara. “L’aspettativa di ricevere da Cappellano Seminara denaro e altre utilità ha inevitabilmente condizionato i procedimenti valutativi della Saguto – scrivono i giudici – che ha quindi fatto uso del potere discrezionale prescindendo del tutto dall’osservanza del dovere istituzionale di effettuare una valutazione comparativa degli interessi pubblici da perseguire”. Nel mirino dei giudici la gestione dei beni sequestrati da parte di Silvana Saguto, nel frattempo radiata dall’ordine giudiziario, che finivano sempre nelle mani degli stessi amministratori, tra cui Cappellano Seminara. Nomine che riguardavano soprattutto “amici e parenti”, come hanno sempre sostenuto i pm. E nessuno controllava.

Quello messo in piedi dall’ex magistrato Silvana Saguto era un «sistema», ma non un’associazione a delinquere. E’ quanto si legge ancora nelle motivazioni della sentenza. Secondo il tribunale «i reati sono stati commessi ciascuno in adesione ad un patto corruttivo, di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti senza che mai si possa individuare l’appartenenza a un gruppo stabile e duraturo». Sull’associazione a delinquere, dunque il tribunale non ha accolto la ricostruzione della Procura, rappresentata in aula dai Pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso. «Ciò che manca nel caso di specie – si legge nelle motivazioni – è l’accertamento dell’esistenza di una struttura organizzativa idonea a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira. Nel caso di specie i pretesi reati fine o scopo dell’associazione hanno la caratteristica di essere commessi ciascuno di essi in adesione a un patto corruttivo di scambio di reciproche utilità tra i concorrenti, senza che mai si possa individuare l’appartenenza ad un gruppo stabile e strutturato». Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, ormai radiata dalla magistratura avrebbe messo in atto una «grave distorsione – per tempi, modalità e protrazione delle condotte – delle funzioni giudiziarie da avere arrecato, oltre che danni patrimoniali ingentissimi all’erario e alle amministrazioni giudiziarie, anche un discredito gravissimo all’amministrazione della giustizia”. La competenza dell’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara non viene messa in discussione ma, secondo la ricostruzione del tribunale, passava in secondo piano di fronte al patto corruttivo. Cappellano, scrivono i giudici, otteneva gli incarichi perché così avrebbe ricambiato il favore alla Saguto che – sottolineano i giudici – aveva problemi finanziari : «Le risultanze delle indagini preliminari hanno dimostrato – si legge nelle motivazioni della sentenza – come la principale fonte di reddito di Lorenzo Caramma (ingegnere e marito di Saguto) negli anni dal 2006 e sei al 2015 siano proprio i compensi corrisposti da Cappellano Seminara quale libero professionista e quale amministratore giudiziario». In un altro passaggio si legge: «Seminara non riceveva lucrosi incarichi dalla Saguto per le sue indiscusse capacità professionali quanto invece perché lo stesso poteva ricambiare attraverso il conferimento di incarichi al marito e attraverso le dazioni di utilità indebite».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA