Sentenza Open Arms, per giuristi democratici è stato “un atto politico”

Di Redazione / 21 Dicembre 2024

Quello del ministro Matteo Salvini è stato valutato dai giudici di Palermo come un «atto politico». E come tale non può essere sottoposto alla giustizia penale. Sul percorso decisionale seguito dal tribunale di Palermo, che ha assolto Salvini dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, giuristi e parti civili si ritrovano d’accordo. Diversi sono invece i giudizi sul merito della decisione sul caso della Open Arms.

«Il tribunale – dice Armando Sorrentino, parte civile per l’associazione dei giuristi democratici – ha seguito una strada impervia. La sentenza non mi trova d’accordo su un punto cruciale: quello di Salvini fu solo all’inizio un atto politico ma poi assunse il profilo di un atto amministrativo. Fu lui, in solitudine e malgrado gli ammonimenti dell’allora presidente Giuseppe Conte, a fermare gli sbarchi fino al sequestro della nave da parte della Procura di Agrigento. Per lo sbarco dei minori non accompagnati c’era già stata invece una decisione del Tar. A nostro giudizio – aggiunge Sorrentino – il sequestro di persona si configura anche per un breve periodo. Per questo la sentenza di assoluzione non ci appare convincente. Il caso poi va inquadrato in un contesto allarmante. Uno dei magistrati della Procura è stato oggetto di pesanti minacce».

Più articolate le valutazioni del prof. Costantino Visconti, ordinario di diritto penale e direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell’università di Palermo. Tra i vari livelli del caso Salvini è cruciale, a suo giudizio, quello del rapporto tra Parlamento e giustizia penale. «Proprio il Parlamento, concedendo l’autorizzazione a procedere, ha fatto sollevare – dice Visconti – una domanda cruciale: era un processo da fare? È una domanda da rivolgere al Parlamento, fermo restando che i pm di Palermo hanno esercitato legittimamente le loro prerogative. Ma anche il collegio giudicante ha correttamente esercitato la propria autonomia e la propria indipendenza».
Ancora sull’aspetto tecnico processuale del caso, Visconti sottolinea che «potrebbero esserci indizi di una forma inusitata di sequestro di persona ai danni dei migranti» e tuttavia «il diritto penale non è estraneo, e non può esserlo, rispetto a un orizzonte di senso comune: è questo che pone difficoltà ad accettare che un ministro e una catena di comando possano realizzare con dolo la fattispecie di sequestro di persona».

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Pubblicato da:
Carmela Marino
Tag: giuristi