ROMA – E’ escluso che il verdetto della Corte europea dei diritti dell’uomo sul caso Contrada del 2015, si applichi anche agli altri condannati per concorso esterno per fatti commessi prima dell’ottobre 1994, quando la tipologia del reato è stata “codificata”. Lo hanno deciso le Sezioni Unite della Cassazione negando che i condannati per concorso esterno, “fratelli minori” dell’ex 007 del Sisde, possano ottenere la revisione usando il verdetto Cedu: non è una «sentenza pilota» e non è «espressione di una consolidata giurisprudenza Ue».
In particolare, le Sezioni Unite penali della Suprema Corte – dato il contrasto di orientamenti tra sentenze della stessa Cassazione – hanno dato risposta “negativa” al quesito di diritto sulla estensibilità dei principi affermanti dalla Corte europea, il 14 aprile 2015 nel caso “Contrada contro Italia”, agli altri condannati per concorso esterno, come Dell’Utri, che «si trovino nella medesima posizione quanto alla prevedibilità della condanna per il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, e, in caso affermativo, quale sia il rimedio processuale applicabile». Al quesito, gli “ermellini” hanno risposto negativamente «in quanto la sentenza Cedu su Contrada non è una sentenza pilota e non può considerarsi espressione di una giurisprudenza consolidata europea». Così i supremi giudici hanno trovato la strada per ‘disattenderè Strasburgo. Nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite si sottolineava che la «dottrina» ritiene che il verdetto Cedu su Contrada abbia “irrigidito» i criteri di valutazione del concorso esterno.