Prima uno dei delitti di mafia più efferati nei confronti di un bambino, adesso anche lo "sfregio" da parte di una burocrazia ottusa. La ritorsione contro il padre, diventato collaboratore di giustizia, portò Cosa nostra a compiere una terribile vendetta trasversale. Fu il boss di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca, arrestato nel '96 e recentemente tornato libero, a ordinare l’uccisione del piccolo Giuseppe di Matteo, figlio di Santino. Strangolato, il corpo fu poi sciolto nell’acido. Il ragazzo fu sequestrato all’età di 12 anni, nel '93, e tenuto prigioniero per 779 giorni, il raccapricciante epilogo avvenne l’11 gennaio 1996 in una casa-bunker nelle campagne di San Giuseppe Jato.
Lo scorso 30 luglio nel municipio del paese del Palermitano era stata collocata una statua che ricorda il bambino con la passione dell’ippica, ritratto in abiti da cavallerizzo. Un’opera in bronzo realizzata dall’artista di Corleone Nicolò Governali. Ma nei giorni scorsi è arrivato l’ordine di portare via la scultura, che intanto è stata coperta con un lenzuolo per renderla meno «abusiva». Il perché l’ha spiegato l’ex commissario del Comune, Salvatore Graziano, mandato dalla Regione e recentemente sostituito da tre commissari nominati dal governo nazionale: «Il Comune non è un luogo qualunque, per esporre una statua serve una delibera, che non c'è». I passaggi non sembrano così semplici: l’amministrazione pubblica deve prima accettare la donazione con un atto formale e soltanto dopo si può dare corso all'autorizzazione per l’installazione.
Lo zio del piccolo, Nunzio Di Matteo, che lavora al Provveditorato delle opere pubbliche, sottolinea di aver preso "una strada diversa da mio fratello e posso andare a testa alta. Il mio impegno è ormai quello di custodire la memoria di Giuseppe". E sulla vicenda ricorda che «Graziano aveva dato il via libera all’installazione, poi nei giorni scorsi ha chiamato per dire che dovevamo toglierla. Ma io non ho alcuna intenzione di farlo, quella statua resta lì».
Come mai il funzionario ci ha ripensato? «In questa vicenda – afferma Graziano – non sono stato supportato bene dagli uffici comunali. Ho già parlato con i nuovi commissari. Il tempo di fare tutti gli adempimenti e poi la statua tornerà al suo posto». Ma intanto il Centro Impastato si è subito fatto avanti, offrendo ai familiari del piccolo Di Matteo la possibilità di esporre la scultura nel No mafia memorial di Palermo, in attesa che si sblocchi la vicenda burocratica.