PALERMO – Il tribunale del Riesame di Palermo ha rigettato la richiesta di dissequestro della somma di 151 mila euro sequestrata all’ex pm di Palermo Antonio Ingroia nell’ambito dell’inchiesta in cui l’ex magistrato è indagato per peculato. Il provvedimento era stato disposto dal gip su richiesta della Procura del capoluogo. Il ricorrente è stato condannato a pagare le spese del giudizio. Da amministratore unico di Sicilia e Servizi, società a capitale pubblico che gestisce i servizi informatici della Regione siciliana, Ingroia avrebbe percepito indebitamente rimborsi di viaggio per 34 mila euro e si sarebbe liquidato un’indennità di risultato di 117 mila euro bypassando l’assemblea dei soci, quindi in conflitto di interessi. Oltre all’aspetto dell’autoliquidazione, i pm puntano il dito contro l’ammontare dell’indennità. La legge, infatti, stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. Stipendio fissato per Ingroia in 50mila euro, ma che per il 2013, avendo lavorato solo tre mesi, era di molto inferiore. Peraltro la somma intascata dall’ex manager – il neogovernatore Nello Musumeci non l’ha confermato – riduce l’utile della società informatica della Regione a poco più di 33mila euro. Nel conto di Ingroia, insomma, finisce poco meno dell’80% degli utili della società.
Resta sotto sequestro anche la casa di campagna dell’ex pm di Calatafimi sequestrata perché il denaro presente sui conti correnti dell’indagato non sarebbe stato sufficiente a «coprire» i 151mila euro. Il provvedimento determina l’impossibilità di vendere l’immobile. Nell’indagine, coordinata dal pm Piero Padova, è coinvolto anche Antonio Chisari, all’epoca dei fatti revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia eServizi spa. Anche lui come Ingroia è accusato di peculato per avere avallato la liquidazione dell’indennità.
Ingroia, che ora esercita la professione di avvocato e vive a Roma, si sarebbe, inoltre, indebitamente appropriato di ulteriori 34 mila euro, a titolo di rimborso spese sostenute per vitto e alloggio nel 2014 e nel 2015, in occasione delle trasferte a Palermo per svolgere le funzioni di amministratore, nonostante la normativa nazionale e regionale, chiarita da una circolare dell’Assessorato regionale dell’Economia, consentisse agli amministratori di società partecipate residenti fuori sede l’esclusivo rimborso delle spese di viaggio. L’ex pm aveva adottato un regolamento interno alla società che consentiva tale ulteriore indebito rimborso. Anche in questo caso la violazione della normativa è stata avallata dal revisore contabile che risponde di peculato in concorso con l’ex magistrato.