I Carabinieri del Ros insieme ai militari della compagnia di Corleone, hanno dato esecuzione a un decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale – sezione misure di prevenzione – di Palermo su proposta della Procura della Repubblica nei confronti di Calogero Giuseppe Lo Bue e del suo nucleo familiare per un valore complessivo di circa 1,5 milioni di euro.
Calogero è il fratello del capo mandamento Rosario Lo Bue, condannato nel 2007 ad 8 anni di reclusione per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Corleone per conto della quale aveva curato la latitanza del boss Bernardo Provenzano, sino al suo arresto nel covo di Montagna dei Cavalli l’11 aprile 2006. I beni sequestrati sono localizzati nella provincia di Palermo e sono costituiti da 1 impresa, 2 fabbricati, 21 terreni e 2 rapporti bancari.
I beni sono riconducibili a Calogero Giuseppe Lo Bue, alla moglie Lucia Maria Di Giorgio e ai figli Giuseppe, Salvatore e Vincenza.
Punto cruciale dell’indagine patrimoniale è rappresentato dalla evidente sperequazione tra i redditi dichiarati negli anni da Lo Bue e dai propri congiunti, da cui è stato possibile ipotizzare l’utilizzo di mezzi e di risorse finanziarie illecite.
In tale quadro, è emersa la significativa e continuativa disponibilità ed impiego di denaro contante della famiglia a fronte di esigui redditi ufficiali: nel solo mese di ottobre 2009, Lucia Maria Di Giorgio risulta aver prelevato in contanti la somma di oltre 100 mila euro.
Il sequestro comprende,anche l’abitazione familiare di Corleone, indicata negli atti giudiziari dell’arresto di Provenzano come “fermo posta” per l’inoltro della corrispondenza destinata a quest’ultimo. L’abitazione, per metà già confiscata a carico del fratello Rosario Lo Bue, in passato era stata sottoposta a vincolo di confisca, poi revocata nel 2003 per assenza della pericolosità sociale attuale.
Il provvedimento colpisce anche alcuni fondi tra Corleone e Monreale, formalmente intestati a Nunzio Labruzzo, genero di Calogero Giuseppe Lo Bue, acquistati, stando agli esiti delle indagini patrimoniali, con proventi di presunta derivazione illecita, documentata dalla forte sperequazione tra investimenti e redditi dichiarati al Fisco, ammontante ad oltre 390 mila euro.
L’analisi bancaria ha infatti portato alla luce significative immissioni sui conti di denaro contante e pagamenti eseguiti a loro favore per oltre mezzo milione di euro da parte dei fratelli Antonio e Massimo Sfraga, imprenditori di riferimento di Gaetano Riina: tali rapporti commerciali, come accertato, sono stati interrotti a seguito del sequestro beni a carico dei fratelli Sfraga.