PALERMO – A 28 anni dalla morte di Libero Grassi, l’imprenditore che si ribellò al pizzo e per questo venne ucciso dalla mafia, Palermo lo ha ricordato con una cerimonia in via Vittorio Alfieri. In quella strada, nel centro della città, il 29 agosto del 1991, alle sette e mezza di mattina, Grassi venne ucciso con quattro colpi di pistola mentre andava a piedi al lavoro: la fabbrica Sigma. Questa mattina nel luogo dell’eccidio c’erano i figli dell’imprenditore Alice e Davide, il nipote Alfredo, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il vicario del prefetto di Palermo.
«Un imprenditore con la schiena dritta che si oppose, fino alle estreme conseguenze, all’infame ricatto del pizzo. Il sacrificio di Libero Grassi deve essere un riferimento fondamentale per tutti coloro i quali hanno a cuore la costruzione, in Sicilia, di un’economia sana e senza condizionamenti mafiosi. Ecco perché, oggi, è doveroso ricordarlo». Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, in occasione del 28esimo anniversario dell’uccisione dell’imprenditore palermitano.
Critica la figlia dell’imprenditore, Alice Grassi. «O sono io che non mi sono accorta di niente oppure il governo in questo anno non ha fatto nulla sul fronte della lotta alla mafia. Siamo così intenti a respingere gente sfortunata che non ci occupiamo di ciò che succede a casa nostra, come la mafia o la ‘ndrangheta. Il ministro Salvini si sarebbe dovuto occupare della ‘ndrangheta al Nord, che esiste, invece non mi sembra che abbia fatto niente». «Buona parte della gente continua a negare di essere vittima del pizzo oppure lo trova conveniente. Purtroppo lo sappiamo, non è cambiato. Ma è cambiata una cosa: ora puoi decidere da che parte stare. E’ successo un fatto molto grave – aggiunge Alice Grassi – cioè che i legali di Addiopizzo non vengono più risarciti direttamente quando vengono emesse le sentenze, questo farà diminuire ulteriormente le denunce». Alla commemorazione oltre ai figli Alice e Davide, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando c’era anche l’assessore regionale Toto Cordaro in rappresentanza del governatore Nello Musumeci. E poi i vertici di guardia di finanza e carabinieri, il questore Renato Cortese, il deputato Pd Antonello Cracolici, Luigi Cuomo e Pippo Scandurra, rispettivamente presidente e segretario di Sos impresa, Roberto Cottone, uno dei fratelli titolari della pizzeria La Braciera che hanno denunciato il pizzo, Tano Grasso, presidente onorario del Fai e Francesco Giacalone, direttore del teatro Savio che ha denunciato di avere subito richieste di pizzo. Questa mattina davanti al luogo dell’eccidio anche i commercianti bengalesi che hanno denunciato i loro esattori facendoli arrestare, accompagnati dal presidente di Addiopizzo Daniele Marannano. In tanti hanno lasciato una piantina di vinca. «La mattina del 29 agosto di 28 anni fa prima di scendere da casa la moglie di Libero Grassi, Pina Maisano disse al commerciante: «Hai visto la vinca è rinata» – dice Marannano – Per questo oggi abbiamo portato questa pianta simbolo della rinascita nella lotta al racket».