PALERMO – L’ex capo dell’ufficio del Gip di Palermo Cesare Vincenti si è suicidato lanciandosi dal balcone della sua abitazione, nella zona residenziale di via Sciuti. Vincenti e il figlio Andrea, avvocato, erano indagati dal giugno scorso dalla Procura di Caltanissetta per corruzione e rivelazione di notizie riservate nell’ambito dell’indagine sulla presunta fuga di notizie relativa all’ex patron del Palermo Maurizio Zamparini che avrebbe appreso preventivamente della pendenza di una richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti.
«L’avviso di garanzia e le indagini della procura di Caltanissetta non hanno nulla a che vedere con quanto successo oggi poiché Vincenti era affetto da un anno dalla depressione. Era refrattario alle cure». Lo dice Paolo Grillo l’avvocato della famiglia di Cesare Vincenti commentando il suicidio dell’ex capo dei gip di Palermo. Vincenti e il figlio Andrea erano indagati dal giugno scorso per corruzione e rivelazione di notizie riservate nell’ambito dell’indagine sulla presunta fuga di notizie relativa all’ex patron del Palermo Maurizio Zamparini. In via Mario Rapisardi, sul luogo dove è stato trovato il corpo senza vita del magistrato che si è lanciato nel vuoto dalla finestra della sua abitazione, stamane sono arrivati il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e i vertici di polizia e dei carabinieri. Le indagini sono coordinati dal pm Federica La Chioma.
«Il presidente Vincenti aveva grandi competenze – prosegue Grillo -. Certamente neanche il fatto che fosse andato in pensione è la causa di quanto accaduto. La famiglia è molto addolorata. Palermo ha perso un ottimo magistrato un ottimo giurista e una persona per bene». Vincenti questa mattina era in casa con la figlia. Gli investigatori hanno anche sequestrato le immagini di videosorveglianza della zona per ricostruire la dinamica dell’accaduto.
L’inchiesta – Il giudice Cesare Vincenti era indagato dai magistrati di Caltanissetta per rivelazione di notizie riservate e per corruzione. Il figlio Andrea è accusato solo di corruzione. Questo filone dell’inchiesta sulla Palermo calcio di Maurizio Zamparini ruota attorno al sospetto che una «talpa» al palazzo di giustizia avesse avvertito il presidente della società, che a quel tempo era Giovanni Giammarva, del fatto che la Procura aveva chiesto l’arresto di Zamparini. Giammarva si sarebbe quindi messo subito in contatto con il patron del Palermo per informarlo degli sviluppi dell’indagine. Zamparini avrebbe a questo punto deciso di lasciare ogni incarico nel cda della società. L’ufficio del gip presieduto da Vincenti non ha poi ordinato l’arresto dell’imprenditore friuliano proprio perché, con le sue dimissioni, erano venute meno le ragioni cautelari. I magistrati di Caltanissetta hanno orientato i loro sospetti sulla fuga di notizie proprio su Cesare Vincenti e hanno ipotizzato uno scambio di cortesie. Il figlio del giudice, Andrea, che è avvocato, aveva avuto infatti dalla società rosanero l’incarico di componente del comitato etico. Andrea Vincenti ha però negato che quello fosse il prezzo della presunta corruzione. Quando il suo nome venne iscritto nel registro degli indagati si preoccupò di fare sapere di avere avuto l’offerta di assumere il ruolo di componente dell’organismo di garanzia dallo stesso Zamparini, casualmente incontrato in un caffè del centro di Palermo. Il giovane professionista ha anche precisato di averne parlato con il padre ma solo «a cose fatte».