Palermo – Ricorre oggi il ventottesimo anniversario della strage di via D’Amelio. Una assopita Palermo, arroventata dalla calura estiva in un pigro pomeriggio domenicale, il 19 luglio 1992, fu destata dal fragore di un’esplosione devastante. La Fiat 126 imbottita di 90 chili di esplosivo, e mimetizzata tra le auto in sosta in via D’Amelio, a ridosso del centro di Palermo, salta in aria. Paolo Borsellino e i cinque componenti della sua scorta vengono uccisi mentre il magistrato di recava a far visita alla madre. Cinquantasette giorni dopo Capaci la mafia aveva rialzato il tiro.
“Il 19 luglio del 1992 una terribile esplosione in via D’Amelio a Palermo spezzava la vita di Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Desidero ricordarli, rinnovando vicinanza e partecipazione al lutto inestinguibile delle loro famiglie. A distanza di tanti anni non si attenuano il dolore, lo sdegno e l’angoscia per quell’efferato attentato contro un magistrato simbolo dell’impegno contro la mafia, che condivise con l’amico inseparabile Giovanni Falcone ideali, obiettivi e metodi investigativi di grande successo”. Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel ventottesimo anniversario della strage di via d’Amelio. “Borsellino rappresentava, con la sua personalità e i suoi comportamenti, tutto ciò che la mafia e i suoi accoliti detestano e temono di più: coraggio, determinazione, incorruttibilità, senso dello Stato, conoscenza dei fenomeni criminali, competenza professionale – continua Mattarella -. Accrescevano la sua fama di magistrato esemplare la semplicità e la capacità di fare squadra, lontano da personalismi e desideri di protagonismo. Vi si aggiungeva la ferma volontà di andare avanti, di non arrendersi anche di fronte a rischi, ad attacchi, a incomprensioni e ostilità”.