ROMA – Prima di prendere un coltello e uccidere tre persone nella cattedrale di Nizza, Brahim Aoussaoui ha trascorso 15 giorni in Sicilia, ospite di un parente: e per tutta la durata del soggiorno nel nostro paese non ha mai frequentato ambienti radicali, non ha mai manifestato con i suoi interlocutori atteggiamenti estremisti né la volontà di compiere attentati. A 24 ore dall’attacco in Francia in cui sono morte tre persone emergono nuovi particolari sul viaggio del 21enne, partito dalla Tunisia e sbarcato a Lampedusa il 20 settembre assieme ad altre centinaia di connazionali.
Intelligence e antiterrorismo, grazie anche all’incrocio delle informazioni che cominciano ad arrivare dalla Francia e dalle autorità tunisine, hanno ricostruito un altro pezzo importante della storia di Brahim, un tassello che, sottolinea una qualificata fonte degli apparati di sicurezza, conferma come il ragazzo non fosse, al momento dello sbarco in Italia, un “terrorista strutturato» né un «lupo solitario radicalizzato sul web», come testimonia anche la sua fedina penale ‘pulità. Cosa lo abbia spinto ad uccidere in nome di Allah lo chiariranno gli investigatori francesi e anche la procura di Bari che ha aperto un fascicolo per associazione terroristica. Ma molto probabilmente, ragiona ancora la fonte, sulle scelte del giovane potrebbe aver influito il clima di tensione «respirato» in Francia dopo lo scontro aperto tra il presidente Macron e il leader turco Erdogan.
E dunque. Dopo Lampedusa e Bari, Brahim Aoussaoui fa una terza tappa in Italia, a Palermo. In Sicilia, hanno infatti ricostruito gli investigatori e gli 007, è andato a trovare un parente, che si è preso cura di lui e lo ha ospitato. Per 15 giorni, ha raccontato l’uomo, il 21enne non ha avuto alcun atteggiamento particolare né ha destato sospetti. «Se era partito con idee violente – sottolineano ancora le fonti – avrebbe potuto colpire tranquillamente in Italia». Brahim è invece rimasto tranquillo e due settimane dopo, il 25 ottobre, ha lasciato la Sicilia per andare in Francia. L’ipotesi investigativa è che abbia attraversato il confine a Ventimiglia e su questo si stanno cercando riscontri, così come si stanno sentendo tutte le persone con cui il giovane ha avuto contatti a bordo della Rhapsody, per capire se possa aver fatto trapelare in quel frangente qualche elemento utile per le indagini o per ricostruire gli eventuali contatti avuti in Italia. L’altro punto su cui si stanno concentrando antiterrorismo e intelligence sono i 23 compagni di viaggio con cui Aoussaoui ha fatto la traversata dalla Tunisia all’Italia e in particolare su un soggetto che è stato segnalato nelle ultime ore dalle autorità tunisine.
Intanto è scontro aperto tra la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e il suo predecessore al Viminale Matteo Salvini che continua a chiedere le sue dimissioni. «Non ci sono responsabilità da parte del governo» dice la titolare del Viminale, anche perché casi analoghi a quello del tunisino si sono già verificati in passato e dunque «mi chiedo come mai le forze di opposizione si sono scusate con la Francia» in questa occasione «ma non hanno ritenuto di farlo in altri casi gravi che si sono verificati» in passato. «Fermiamoci con le polemiche» chiede Lamorgese che poi lancia la stoccata a Salvini. I suoi «decreti sicurezza hanno prodotto insicurezza” perché hanno messo da un giorno all’altro in strada 20mila migranti che sono dovuti uscire dal sistema dell’accoglienza e che, dunque, non sono più sotto il «radar delle forze di polizia», dice la ministra. Immediata la replica del leader della Lega, appoggiato da tutto il centrodestra che chiede a Lamorgese di riferire in aula. «Si deve dimettere per evidente e palese incapacità. E’ surreale che lei e il governo non abbiamo alcuna responsabilità e che sia colpa di Salvini. Il tunisino è sbarcato un mese e mezzo fa e poi scomparso. La domanda è ‘quanti altri sono scomparsi?’ Noi lo abbiamo chiesto. Da quella nave ne scesero 640, quanti sono ancora in Italia e quanti sono scomparsi?».
Frattanto la Procura di Palermo sta indagando sui contatti avuti a Palermo da Brahim Aoussaoui. La Digos ha interrogato alcuni testimoni per ricostruite le frequentazioni di Aoussaoui rimasto in Sicilia due settimane. Ad ospitarlo non sarebbero stati parenti, ma alcuni conoscenti. La polizia avrebbe già sentito alcuni testimoni e acquisito tabulati telefonici. L’inchiesta è coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Marzia Sabella.