PALERMO – La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha disposto la confisca del patrimonio dell’imprenditore Giuseppe Bordonaro, «re delle cave». Il provvedimento, chiesto dal pm Gery Ferrara, riguarda quote societarie, conti correnti, investimenti finanziari, beni mobili e immobili per milioni di euro.
Bordonaro, in società con i fratelli Pietro e Benito, – la confisca colpisce anche loro – operava nel settore cave di pietra con produzione e commercializzazione del calcestruzzo, dei conglomerati bituminosi, del cemento, del materiale per costruzioni e del marmo. Nella “cava Bordonaro” si realizzava la “pietra di Billiemi”, marmo molto pregiato.
Condannato a 4 anni e 6 mesi per associazione mafiosa, è ritenuto uomo di fiducia di Angelo Siino, l’uomo della mafia nella gestione illecita degli appalti.
Secondo gli inquirenti, grazie alla sua appartenenza a Cosa nostra, Bordonaro avrebbe consolidato la sua posizione nel settore degli appalti riuscendo ad aggiudicarsi commesse pubbliche. A carico dell’imprenditore, che ha subito due sequestri, uno nel 2011 per 11 milioni di euro, l’altro nel 2014 per altri 5 milioni, ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Baldassare Di Maggio, Calogero Ganci e Salvatore Cangemi.
I pentiti hanno raccontato che l’imprenditore siciliano era tra i beneficiari del cosiddetto «metodo Siino», sistema di spartizione mafiosa dei lavori pubblici. I Bordonaro ad esempio fecero la fornitura del calcestruzzo per la costruzione dell’ex Pretura di Palermo.
Condannato nel 2007, l’imprenditore aveva posto in liquidazione tutte le sue società, poi ricostituite e intestate ai fratelli Pietro e Benito.
Il vincolo che legava la famiglia a Cosa nostra fu confermato da un «pizzino», trovato ai mafiosi Salvatore e Sandro Lo Piccolo al momento del loro arresto avvenuto il 5 novembre 2007. Nel biglietto, riferibile a dei lavori in subappalto eseguiti a Punta Raisi, si leggeva: «Bordonaro – Palermo – tu sai chi è».