Scarcerato dopo 26 anni
Mafia, il pentito Gaspare Spatuzza e quella redenzione che porta verso la libertà
Dopo 26 anni passati tra carcere e arresti domiciliari Gaspare Spatuzza non è più un detenuto, ma non è ancora un cittadino completamente libero
L’uomo che ha cambiato la storia della mafia alzando il velo sulle stragi e svelando clamorosi depistaggi ha chiuso i conti con la giustizia. Dopo 26 anni passati tra carcere e arresti domiciliari Gaspare Spatuzza non è più un detenuto, ma non è ancora un cittadino completamente libero. Per esserlo dovrà trascorrere altri cinque anni sotto vigilanza con un contorno di divieti, compresi quelli che gli impediranno di frequentare pregiudicati e di spostarsi senza essere autorizzato. Si chiama libertà condizionale.
I tanti no
Altre volte a Spatuzza era stata negata perché il suo percorso di redenzione non sembrava completato. L’ultimo no era venuto dalla Cassazione nell’aprile del 2022. Ora però le ultime perplessità sono state superate da un vaglio rigoroso e attento non solo del suo comportamento recente ma anche del contributo dato come collaboratore che più affidabile non si può. Spatuzza non ha esitato a chiamare in causa Marcello Dell’Utri come garante dei rapporti tra mafia e politica, e ha pure confessato di avere partecipato come fedelissimo di Giuseppe Graviano, boss di Brancaccio, a 41 omicidi tra cui quello di don Pino Puglisi e di avere avuto una parte nel sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo poi strangolato e sciolto nell’acido. Senza che ne fosse accusato Spatuzza ha pure confessato la sua partecipazione alle stragi di Capaci e via D’Amelio. Proprio sull’attentato a Paolo Borsellino ha portato una ingombrante verità. In via D’Amelio lui c’era ma Vincenzo Scarantino no. E questo gli ha consentito di riscrivere il caso e di sbugiardare Scarantino il falso pentito minacciato e istruito per quello che è stato definito dai giudici della corte d’assiste di Caltanissetta come il “più colossale depistaggio della storia della giustizia italiana” culminato con la condanna all’ergastolo di sette innocenti rimessi dopo 18 anni in libertà con tante scuse. Come in occasione della scarcerazione per fine pena di Giovanni Brusca, l’uomo che a Capaci mandò l’impulso radio per la spaventosa esplosione, anche stavolta è balenato il dubbio se Spatuzza meritasse di tornare in libertà.
Il fratello di don Pino Puglisi
Che fosse giunto quel momento lo riconosce Franco Puglisi, il fratello di don Pino che rispose con un sorriso mentre Spatuzza gli puntava la pistola in faccia. Franco Puglisi ha incontrato il sicario del fratello, che intanto è diventato beato della Chiesa, e ora dice: “Era commosso, mi sembrava davvero addolorato per quello che aveva fatto. Capivo che le sue parole erano espressione di una macerazione interna aiutata dal cappellano del carcere dov’era rinchiuso”. Quel percorso di pentimento era sostenuto da una sofferta redenzione spirituale e religiosa accompagnata da richiami ai valori del Vangelo. Un processo testimoniato, dicono i giudici di sorveglianza, da “atti di riparazione e solidarietà sociale”. Da tempo Spatuzza aveva intrapreso un “positivo percorso” umano riconosciuto dai permessi premio e dall’ammissione agli arresti domiciliari. A 59 anni, che compirà il 9 aprile, il feroce macellaio di Brancaccio appare come una persona cambiata che, chiusa ogni pendenza, dovrà solo fare i conti con la propria coscienza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA