PALERMO – La Guardia di Finanza sta eseguendo 24 arresti nell’ambito di una inchiesta sulle cosche mafiose palermitane coordinata dalla Dda del capoluogo. Per 19 indagati è stato disposto il divieto di dimora. Per altre quattro persone, poi, arresti domiciliari: tra questi un noto penalista palermitano, Nino Riccobene. Il nucleo di Polizia valutaria delle Fiamme Gialle sta inoltre eseguendo decine di perquisizioni e sequestri di società e immobili per diversi milioni di euro.
L’indagine – coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Roberto Tartaglia, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Siro De Flammineis – ha portato alla luce il ruolo di Giuseppe Corona, boss emergente nei nuovi assetti di Cosa nostra orfana di Salvatore Riina, capace di riciclare fiumi di denaro. Fiumi di soldi sporchi guadagnati con il traffico di droga sono passati per le mani di Corona, il «re» del riciclaggio, capace di ripulire denaro illegale e reinvestirlo in una attività lecita.
L’indagine fotografa la mafia del dopo Riina, una mafia in cerca di equilibri, nuovi capi e nuovi business. Corona non è un insospettabile. Il suo nome spunta negli atti di un’inchiesta che, l’anno scorso, portò in carcere i vertici del clan mafioso di Resuttana da sempre guidato dai boss stragisti della famiglia Madonia.
Condannato a 17 anni per un omicidio commesso dopo una banale lite per la restituzione di un braccialetto, figlio di un mafioso assassinato, di lui il capomafia Gregorio Palazzotto diceva «è mio fratello». I Madonia gli avrebbero affidato il loro tesoro, tanti soldi da ripulire, e le scommesse dell’ippodromo, poi sequestrato per mafia. Bar, tabacchi, immobili, Corona negli anni ha fatto molti investimenti. Col denaro delle cosche, secondo i pm