PALERMO – Il livello esecutivo è stato individuato ma i processi agli uomini di Cosa nostra non hanno scritto tutta la verità sull’uccisione del segretario siciliano del Pci Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo, assassinati dalla mafia 39 anni fa. Tante, troppe ombre restano ancora su uno dei primi delitti «eccellenti» che insanguinarono la Sicilia, ricordato oggi con una breve cerimonia sul luogo dell’agguato e un lungo appuntamento in streaming organizzato dal Centro Pio La Torre.
L’inchiesta sul ruolo che ebbero poteri occulti e servizi segreti internazionali non ha portato a nulla. L’agguato fu dall’inizio classificato come un «delitto politico» e istruito dal giudice Giovanni Falcone contestualmente a quelli in cui erano morti nel 1979 il segretario provinciale della Dc, Michele Reina, e nel 1980 il presidente della Regione, Piersanti Mattarella. In quegli anni tutti e tre erano impegnati in un’opera di rigenerazione morale della vita pubblica in Sicilia che aveva dato vita alla stagione della «solidarietà autonomistica», versione siciliana della solidarietà nazionale.
Tra i primi messaggi commemorativi della giornata c’è proprio quello di Sergio Mattarella, capo dello Stato e fratello di Piersanti, che sottolinea l’importanza del «ricordo delle vittime della lotta contro la criminalità organizzata quali grandi esempi di impegno civico e di senso dello Stato per l’intera collettività». E rivolgendosi a Vito Lo Monaco, presidente del Centro intitolato proprio a Pio La Torre, ricorda il Progetto educativo rivolto alle scuole di tutta Italia e anche ai detenuti delle carceri: «Educare gli studenti al rispetto dei principi civici – scrive Mattarella – significa porre le basi per costruire una collettività futura libera da ogni forma di condizionamento criminale». La figura dell’ex segretario del Pci viene ricordata anche dai presidenti di Camera e Senato e da decine di esponenti politici tra le quali il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli. «Pio La Torre ci ha insegnato che sconfiggere le mafie è possibile, – dice – ma per raggiungere questo obiettivo è necessario coinvolgere i cittadini, promuovere a partire dai giovani una vera cultura della legalità capace di contrastare la criminalità organizzata».
La Torre, che aveva cominciato l’attività politica nel dopoguerra guidando le lotte contadine, è stato anche impegnato come parlamentare del Pci in una coraggiosa attività antimafia. Nel 1976 aveva firmato la relazione di minoranza della Commissione antimafia, nella quale muoveva un atto d’accusa contro la Dc di Salvo Lima e di Vito Ciancimino. Sua, poi, la norma che ha introdotto nel nostro ordinamento il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni. Il suo disegno di legge, condiviso con Virginio Rognoni, sarebbe stato approvato solo dopo la sua morte.
Tornato in Sicilia, La Torre aveva promosso una campagna contro l’installazione a Comiso dei missili Cruise. L’iniziativa aveva attirato su di lui l’attenzione dei servizi di sicurezza: dal processo sono emerse le tracce di una prolungata attività di ”osservazione». A lungo l’esponente comunista era stato considerato informatore del Kgb, amico dei cinesi, soggetto ”pericoloso». Poi le note informative ne avevano ”declassato» il ruolo. A quel tempo La Torre aveva colto segnali di una ripresa della guerra fredda dalla creazione in Sicilia di strutture segrete come Gladio. Falcone cercò di allargare l’inchiesta ma si scontrò, scrisse nel suo diario, con l’ostilità del procuratore del tempo Pietro Giammanco.