Locali storici: alberghi, pasticcerie e ristoranti con almeno 70 anni di storia

Di Carmen Greco / 27 Giugno 2019

Hanno resistito a (quasi) tutto. Le guerre, le calamità, le crisi economiche, i passaggi di proprietà. E nonostante, in alcuni casi, il blasone non sempre vada di pari passo con la gentilezza e l’accoglienza, i locali storici d’Italia rappresentano dei veri e propri “santuari” non solo per il palato ma anche per gli arredi antichi, gli ospiti illustri e le mode che hanno lanciato. Pochi giorni fa è stata presentata a Milano la Guida ai locali storici d’Italia (anche in versione app) che recensisce regione per regione, gli alberghi, i ristoranti, i caffè con almeno 70 anni di attività alle spalle. Dei 215 locali storici d’Italia – tutelati dall’Associazione Locali storici, un ente senza scopo di lucro patrocinato dal ministero per i Beni e le attività culturali – 10 sono in Sicilia (pochi, per la verità, se si pensa al Veneto con 35 locali o alla sola città di Napoli con 15), concentrati prevalentemente a Palermo, la città che più di tutte ha salvaguardato questi simboli del patrimonio storico. Catania, per esempio, non ne ha nemmeno uno, nonostante esistano realtà con 70 anni di vita e anche più, ma in cui i proprietari non hanno mai preservato gli ambienti originali sistematicamente oggetto di ristrutturazioni, perché “antico” vuol dire “vecchio”.

Non la pensano così a Giarre, dove resiste felicemente l’unico locale storico della provincia etnea inserito nella guida, la Fabbrica del cioccolato Finocchiaro che, dal 1924 è testimone della tradizione dolciaria siciliana. Qui è stata inventata la caramella a sigaretta. Tra i clienti illustri lo scrittore Di Maggio e lo storico Giarrizzo. In provincia di Messina la patente di “locale storico” spetta al ristorante Filippino, un’istituzione a Lipari. Durante il Fascismo, era il luogo di ritrovo dei padri della Repubblica italiana come Ferruccio Parri e Carlo Rosselli. Ma anche Ciano, d’estate, si faceva portare col mulo i pasti da Filippino alle Terme di San Calogero. Carnera ruppe un tavolo con un suo pugno e Monet lasciò un suo quadro per pagare.

In attesa di riaprire, il San Domenico Palace a Taormina è il più celebre hotel della perla dello Ionio. Convento del XV secolo sul mare, arricchito agli inizi del Novecento, con l’ala “grand hotel” in stile liberty, sta attraversando l’ennesima ristrutturazione. Nelle sue camere hanno dormito il kaiser Guglielmo II, Edoardo d’Inghilterra, Anatole France, Pirandello, Thomas Mann e Steinbeck. C’è ancora la suite Truman, con gli arredi in lacca rossa fatti venire apposta dall’Oriente per il soggiorno del presidente americano. Passando alla Sicilia occidentale, a Monreale il ristorante La Botte, vanta una tra le più antiche gestioni della Sicilia. Nato nel 1929, dal 1962 è della famiglia Cascino. Conserva una sala a travi della storica rivendita, di cui le antiche attrezzature sono oggi arredi, e il porticato. Cenacolo di artisti, come Fracci, del Monaco, Nazzari, Gigli, Tebaldi, ha ospitato anche il segretario Onu Kofi Annan.

Un super classico, sempre a Palermo, è l’Antica Focacceria San Francesco, con la cucina in ghisa a vista firmata Fonderie Florio nel 1834. Ruggero Settimo, nel 1848, festeggiò qui l’elezione a capo del governo siciliano e la leggenda narra che Garibaldi durante la conquista di Palermo con i Mille, si rifocillò qui nel 1860. Sempre a Palermo, la “Casa del brodo” racconta che durante un’epidemia all’inizio del 1900, gli avventori si accorsero del potere ricostituente del brodo di carne che si serviva nella trattoria. Così divenne famosa proprio per questo ed è passata alla storia come un “ambulatorio” gastronomico, tant’è che è soprannominata “dal dottore” per i camici bianchi indossati dai proprietari, che dispensavano consigli per la salute. Il lesso con patate ha conquistato gli attori Rod Steiger, Raf Vallone, la Claudio Cardinale, e il soprano Renata Tebaldi.

La meraviglia degli hotel storici di Palermo è tutta nelle architetture Liberty del Grand Hotel et Des Palmes firmato dall’architetto Ernesto Basile. Wagner, nel 1882, vi ultimò il Parsifal e Renoir venne a ritrarlo. Il presidente del Consiglio Crispi teneva qui lezioni di politica. Guy de Maupassant lo descrisse in “La vie errante”. Dopo lo sbarco americano, fu quartier generale del colonnello Poletti, capo del Comando militare alleato. Altro edificio liberty nella guida, l’Hotel Mercure Palermo Excelsior, “bene culturale” vincolato dal 2000, anch’esso opera di Basile. Polo della mondanità, divenne “Excelsior” nel 1903, sotto gli auspici di Casa Florio, e visse il suo momento d’oro durante la Belle Époque, ospitò Oscar di Prussia, Edoardo VII e il capitano Alfred Dreyfus dopo la riabilitazione dal celebre “caso”. Il Kaiser Guglielmo II, lo Zar di Russia, Edoardo VII d’Inghilterra, alloggiavano invece al Grand Hotel Villa Igiea, dal 1905 capolavoro liberty sempre dell’architetto Basile. La sala da pranzo, presenta arredi e decorazioni in legno della ditta Golia-Ducrot (che realizzò gli arredi anche a Montecitorio).

Risale, invece al 1896 il “rifugio” gastronomico di scrittori come Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Giuseppe Fava, avventori del ristorante Majore a Chiaramonte Gulfi. La sua celebre gelatina di maiale aromatizzata all’aceto è il marchio di fabbrica di questo ristorante da quattro generazioni.

Twitter: @carmengreco612

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Pubblicato da:
Redazione
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