I giudici della prima sezione del Tar Palermo presieduta da Calogero Ferlisi (Roberto Valenti estensore e Giovanni Tulumello, consigliere) hanno respinto il ricorso presentato dall’Ires con il quale si chiedeva l’annullamento dell’interdittiva antimafia per l’ippodromo emessa dal prefetto di Palermo Antonella De Miro due anni fa.
Resta dunque chiusa la struttura e sono quindi confermate le infiltrazioni mafiose come accertato nelle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo. Secondo i giudici amministrativi l’interdittiva antimafia «offre una ricostruzione storica volta a delineare il risalente e costante interesse dell’associazione mafiosa rispetto all’ippodromo di Palermo, su cui si sono concentrati gli interessi delle famiglie dei mandamenti di San Lorenzo e Tommaso Natale».
Diversamente da quanto prospettato dalla società che ha presentato ricorso, «il quadro istruttorio esaminato e valutato presenza molteplici elementi comprovanti non soltanto la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’Ippodromo – si legge nella sentenza – ma addirittura comprovanti la presenza di cosa nostra nella medesima gestione dell’attività, come dichiarato dal gip del Tribunale nell’ordinanza di custodia cautelare del dicembre del 2017».
Nel corso dell’operazione Talea dei carabinieri furono arrestate 25 persone: era emerso l’interesse di cosa nostra nella gestione delle corse all’ippodromo. Secondo le indagini dei carabinieri le corse sarebbero state pilotate così come le scommesse: tutto questo consentiva all’organizzazione mafiosa di reperire liquidità economica. Il controllo dell’ippodromo avveniva attraverso un referente che si impegnava a versare, mensilmente, una somma di denaro destinata alla cassa della famiglia mafiosa di Resuttana. Da qui l’interdittiva antimafia del prefetto che ha retto anche davanti ai giudici del Tar.