PALERMO – Il gup di Palermo Claudia Rosini ha condannato, in abbreviato, a pene comprese tra i 2 anni e 4 mesi e i 20 anni otto degli undici imputati nel processo che ha fatto luce su un intreccio affaristico fra mafia, politica e massoneria deviata che ha coinvolto il clan mafioso di Licata. L’accusa in aula è stata rappresentata dal pm Claudio Camilleri. L’inchiesta, denominata «Assedio-Halycon», è stata coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e ha portato fra luglio e agosto del 2019 all’azzeramento della «famiglia» di Licata.
A 20 anni è stato condannato il boss del paese dell’agrigentino, Angelo Occhipinti, imputato di mafia, estorsione e voto di scambio, a 10 e 8 mesi il Gran Maestro Lucio Lutri, funzionario della Regione, imputato di concorso in associazione mafiosa, a 12 Giovanni Mugnos, bracciante agricolo, fedelissimo di Angelo Lauria, uomo d’onore riservato della famiglia mafiosa che ha avuto 10 anni e 8 mesi. Stessa pena per Giuseppe Puleri, capomafia di Campobello e cugino del boss agrogentino Falsone. A due anni e 4 mesi è stato invece condannato Marco Massaro, imputato di favoreggiamento. Assolti Vito Lauria, Giuseppe Galanti e Angelo Graci. Secondo l’accusa «grazie alle rete relazionale a sua disposizione quale Maestro venerabile della loggia massonica Pensiero ed Azione di Palermo, Lutri avrebbe «acquisito e veicolato agli appartenenti alla famiglia mafiosa informazioni riservate circa l’esistenza di attività di indagine a loro carico» e «sarebbe intervenuto per favori di altra natura».