La lunga odissea di Bruno Contrada, primo sì da Cedu contro perquisizioni

Di Lara Sirignano / 27 Febbraio 2019

PALERMO – Ancora una volta Bruno Contrada, ex numero due del Sisde processato per concorso esterno in associazione mafiosa, trova ascolto alla Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo che quattro anni fa bollò come illegittima la condanna a 10 anni inflitta all’ex poliziotto dalla magistratura italiana. Questa volta non siamo ancora davanti a un giudizio di merito, ma i giudici della Cedu hanno aperto la strada, dichiarandolo ricevibile, al ricorso presentato da Contrada contro tre perquisizioni e l’intercettazione delle sue conversazioni disposte, l’estate scorsa e nel 2017, da due diverse Procure.
«Attendiamo le decisioni della Corte dei diritti dell’Uomo e che il procedimento venga comunicato al Governo italiano che poi dovrà fare le sue controdeduzioni. Siamo sereni nell’avere sollevato un problema che non è solo di Contrada, ingiustamente perseguitato, ma attiene al sistema della legge italiana sulle intercettazioni e coinvolge potenzialmente ogni cittadino», commenta l’avvocato Stefano Giordano, legale dell’ex poliziotto. Alla persecuzione giudiziaria, in verità, Contrada e il suo difensore gridano da tempo: da quando i poliziotti della Dia piombarono a casa dell’ex 007 su ordine della Dda di Reggio Calabria che indaga su un presunto patto tra mafia e ‘ndrangheta, negli anni delle stragi del Continente, per destabilizzare lo Stato. Un anno dopo è stata la volta della Procura Generale di Palermo che, dopo la richiesta di archiviazione dei colleghi pm del capoluogo, ha avocato l’inchiesta sull’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino, trucidato con la moglie nel 1989 in un attentato rimasto senza colpevoli.


In entrambi i procedimenti, però, Contrada non è indagato e riveste la condizione di testimone, circostanza che non gli ha risparmiato perquisizioni e, nel caso dell’indagine Agostino, l’intercettazione delle sue telefonate col figlio. Mettendo insieme una serie di tasselli, dichiarazioni di pentiti, testimonianze di colleghi dell’agente ucciso a Villagrazia di Carini, la procura generale ipotizza però che l’ex funzionario del Sisde abbia avuto stretti rapporti con la vittima. E che possa conservare documenti, foto, carte utili all’inchiesta.


In particolare a insospettire gli inquirenti fu una frase intercettata detta da Contrada al figlio: «non mettere in disordine. I fascicoli, le carte e i libri me li sistemo io poco alla volta». Per i magistrati sarebbe stato l’indizio della presenza di materiale interessante. Solo che al termine della ricerca gli agenti della Dia delegati alla perquisizione se ne sono andati con un album di vecchie foto, un verbale processuale con la deposizione di un ex collega nel processo che lo vide imputato e l’inizio di una lettera, mai spedita, indirizzata al pm Nino Di Matteo in cui l’ex 007 tentava di chiarire alcuni aspetti della sua deposizione sul delitto Agostino. Per il legale di Contrada, che si è rivolto alla Cedu, le perquisizioni sarebbero fuori legge e le intercettazioni una indebita interferenza nella vita del poliziotto, consentita da una legislazione dalle maglie troppo larghe. La parola ora passa ai giudici di Strasburgo. 

Condividi
Pubblicato da:
Redazione
Tag: contrada corte europea dei diritti dell'uomo sisde