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Il notaio, il commercialista e gli imprenditori: in trappola i colletti bianchi del clan di Resuttana

Diciotto persone arrestate. La cosca controllava le estorsioni e i servizi "funerari" di Villa Sofia

Di Fabio Russello |

Estorsioni a tappeto ma soprattutto il controllo e la gestione dei servizi funerari presso l’ospedale di Villa Sofia di Palermo. La famiglia mafiosa di Resuttana si “manteneva” così. Ora la Squadra Mobile di Palermo su delega della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo, ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Palermo nei confronti di 18 persone (16 sono finite in carcere e 2 ai domiciliari), accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, concorso in associazione di stampo mafioso, detenzione di arma comune da sparo. L’operazione è stata denominata Resurrezione.

La zona grigia

Tra gli indagati un commercialista, Giuseppe Mesia accusato associazione mafiosa perché ritenuto consigliere economico del boss, un notaio Sergio Tripodo, sospettato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; un imprenditore edile, accusato di concorso in tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; un altro imprenditore attivo nel settore della vendita di calzature, anche lui sospettato di concorso in associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso ed infine un terzo imprenditore attivo nel settore della ristorazione, accusato di associazione mafiosa.

Gli indagati

Tra gli arrestati ci sono Salvatore Genova, accusato di essere il reggente del clan, e il suo luogotenente Sergio Giannusa. L’inchiesta – spiegano gli investigatori – è nata dopo la scarcerazione di Genova che dopo anni di detenzione al 41 bis, è tornato a Palermo e ha ripreso il controllo del mandamento. Con il ritorno in auge di Genova è tornato al comando anche Giannusa, uomo ombra del capomafia. Genova è uno storico alleato dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, da anni detenuti al carcere duro, ed è stato il referente per il sostentamento della famiglia del patriarca di San Lorenzo Francesco Madonia e dei suoi figli, fedeli alleati degli stragisti corleonesi. Incurante dei limiti imposti della sorveglianza speciale che gli è stata imposta dopo la scarcerazione, Genova a pochi giorni dal rientro a Palermo ha ripreso in mano gli affari della cosca cercando, però, di mantenere un basso profilo per sfuggire ale attenzioni degli investigatori. Attento a usare un linguaggio criptico durante le conversazioni coi sodali, intimava ai suoi di non portare mai il telefono durante gli incontri. «Senza niente, neanche spento», dice non sapendo di essere intercettato un uomo d’onore riferendosi all’ordine ricevuto. Secondo gli inquirenti, Genova avrebbe partecipato a importanti vertici di mafia con Giuseppe Greco, il senatore, boss di Ciaculli, Giovanni Giordano della Noce e Giancarlo Seidita e Pietro Tumminia del clan di Altarello. Genova, dunque, aveva rapporti con i capi dei principali clan della città e, secondo i pm, impartiva ai sottoposti le indicazioni necessarie alla gestione delle estorsioni e sovrintendeva alle messe a posto anche fuori dai confini del suo mandamento. Di lui un favoreggiatore dei Graviano diceva: «E’ il tutto».

I nomi degli arrestati

Sono finiti in carcere i palermitani Agostino Affatigato, 63 anni, Benedetto Alerio, 36 anni, Salvatore Castiglione, 54 anni, Giuseppe Settimo D’Arpa, 51 anni, Girolamo Federico, 51 anni, Giuseppe Di Maria, 69 anni, Salvatore Genova, 65 anni, Carlo Giannusa, 53 anni, Sergio Giannusa, 66 anni, Francesco Leone, 63 anni, Giuseppe Mesia, 57 anni, Michelangelo Messina, 61 anni, Mario Muratore, 67 anni, Mario Napoli, 57 anni, Giovanni Quartararo, 55 anni, Michele Siragusa, 78 anni. Ai domiciliari, Sergio Tripodo, 71 anni e Francesco Balsameli, 64 anni.

La telefonata alla compagna fatale

È stata una conversazione intercettata ad incastrare Settimo D’Arpa, uno degli arrestati nel blitz antimafia di oggi contro il clan mafioso di Resuttana. L’uomo parla con la sua compagna al telefono e lei, nonostante il compagno la inviti a smettere, rivela chiaramente la sua appartenenza a Cosa nostra. «Te lo dico, fai lo scaltro, perché non chiami a tutti i mafiosi che hai…te lo dico davanti a tutti!», dice lei. «Io non ne ho mafiosi», tenta di difendersi lui. «Io non conosco nessuno di sti mafiosi…», continua. Ma la compagna non si ferma. «Te lo giuro su dio, che se io ti vedo io l’ho lasciato perché domandava il pizzo, ti giuro che lo faccio». «Ma te ne accorgi delle cose che dici al telefono?», sbotta preoccupato D’Arpa. «Sì perché la verità…è la verità», insiste la donna. La discussione prosegue in un’altra telefonata. «Non siamo in via Sciuti, non siamo in via Notarbartolo che facevi spaventare i commercianti. Qua stai parlando con una persona», dice lei senza mezzi termini. «Capito? Con una donna. Sì, stai parlando con una donna, non stai parlando con un commerciante che vuoi intimorire le persone, perché sapete fare solo questo…», lo apostrofa. «Io? – risponde D’Arpa – Ti sto pure bloccando nelle telefonate e messaggi. Ciao, buonanotte».

Il controllo delle pompe funebri

Il clan di Resuttana aveva il controllo, esercitato attraverso una stretta imposizione del pizzo, delle imprese di pompe funebri che gravitano attorno all’ospedale Villa Sofia di Palermo. In una conversazione registrata due degli indagati, Michelangelo Messina e Sergio Giannusa, si mostrano indispettiti perchè, andati a riscuotere la «tassa» del clan, non trovano il titolare. All’impiegato dicono di riferire alla vittima che non avrebbe più lavorato. «Gli dici che se ne vanno, se ne devono andare tutti, si stannu a casa», dicono. Sempre da un’intercettazione emergono i problemi nella riscossione del pizzo che il clan ha per le difficoltà economiche di una impresa. «Ti posso dare 500 euro ora. Siccome ho due morti, fammi incassare», chiede la vittima al boss.

Le imprese sequestrate

Il Gip di Palermo ha anche disposto il sequestro preventivo delle società Almost Food s.r.l.s. e della Gbl Food srls che gestiscono la catena di esercizi commerciali con insegna “Antica polleria Savoca”.

la “baciliedda”

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile e dalla Sezione Investigativa dello SCO, hanno permesso di individuare – spiega la Polizia – l’organigramma del mandamento mafioso di Resuttana. I soldi del pizzo confluivano nella “baciliedda” a disposizione del clan, nonché nel recupero dei crediti vantati da soggetti vicini alla “famiglia”. Tali forme di “pressione” sono risultate molto diffuse, se si considera che il territorio in cui ricade il mandamento investigato è tra quelli in cui vi è maggiore incidenza di attività produttive a Palermo.

Il summit

Nel corso delle indagini è anche emersa la fibrillazione tra i due clan confinanti, quello di Resuttana e quello di San Lorenzo per la gestione delle estorsioni poi “sistemate” in un summit tra i rappresentanti delle due famiglie.

Il questore

«L’operazione – ha detto il questore di Palermo Laricchia – di polizia che stamani ha portato all’esecuzione di 18 misure cautelari, ha disarticolato il mandamento mafioso di Resuttana, decapitandolo del suo reggente e di altri uomini d’onore che ne costituivano figure di spicco nella gestione di sistematiche attività di estorsione ai danni di imprenditori di ogni ambito. Ma l’aspetto più rilevante consiste nell’aver portato alla luce la collaborazione alle attività criminali di professionisti, la c.d. borghesia mafiosa, che non ha esitato a mettere a disposizione le proprie competenze a vantaggio di cosa nostra. Ulteriore infiltrazione nell’economia si è realizzata mediante imprenditori della ristorazione che hanno a tutti gli effetti costituito una vera e propria impresa mafiosa insieme con il reggente del mandamento, con grave alterazione della concorrenza e della libertà di iniziativa economica. Questa operazione purtroppo fa emergere come, contrariamente al discorso pubblico ufficiale, una parte del mondo delle professioni e dell’impresa sia permeabile ai facili guadagni conseguiti attraverso l’utilizzo della forza intimidatrice della mafia».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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